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Dicò Erotique: Anteprima di REVE - Silvia Rosa

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Dicò Erotique: Anteprima di REVE - Silvia Rosa

La question qui se pose toda vez que el dormiente tene la capa encore dans dormivegli est celle que tout être humain se pose en la vida normale, de pleno jorno ou de plena nuit, et ciuè: mi son qui sueña encore ou mi sun dest comme l'Italie et le tut qui est devant li oci est vrai? Risvigliati, 'nzomm . Or si lo sueño se pose diciri anca rêve et scitarsi, arzarse ar matin, svegliari quoi, réveiller, nun vor dì, peut-être, que quanno te sciti, te arzi ar matin, te svigli tu rêve n'ata vorta? Or, le fait que se confondent semper, lo sueño et la realitati, fa que lo type en question, la type, se pode confusionarse la capa et nun capiri si sta viviendo effectivement les choses qu'elle croit de vidiri. Na cosa ce sta par exemple qui se ciama inquinancia da prova, la pollution, lo fatte spuorche et qui se pasa quanne durant la nuit l'homo, la fimina, se sueña tellement bien sta chose de gaudiencia que pode sintiri la vasi par vrai, la boca de l'ortro sur soi, par vrai, la tucancia, lo sang, la salive, par vrai, et encor prime de comprindiri si cette chose est vraiment 'o vere, lo corps se lassa annà, anza venire, licenziusaminti et assaje copiosaminti. Cum telle force et puissance que l'est quasi mejo que dans la realitati.

Ottantotto. Anzi, ottantasei e a volte anche di meno. Incredibile come la conta dei gradini consumati della vecchia scalinata cambiasse di continuo, di settimana in settimana. Nell'androne incontrava sempre qualcuno: il signore che camminava lento zoppicando e non scambiava mai un saluto, il ragazzo della mansarda coi capelli rasta, la signora che portava al guinzaglio un grosso cane nero, la vecchina del terzo piano che le diceva "ciao cara, come va" mentre frugava nella buca delle lettere.

Quel silenzio che rimbombava l'eco dei passi la colpiva sempre all'improvviso perché, prima di arrivare al numero venticinque e suonare due volte (la seconda un tocco brevissimo, quasi impercettibile) al citofono con su scritto A. Flor, doveva attraversare il Corso davanti alla stazione centrale, e poi passare sotto ai portici con le bancarelle degli ambulanti e i turisti in attesa di fronte agli alberghi e i negozi dei cinesi e le puttane all'angolo e i peruviani che bevevano birra, auto e autobus in processione sulla strada ingolfata, la città che si concentrava in odori di spezie e voci e suoni tutta in pochi metri fino a lì, fino a quel portone di legno, fino a quell'androne, fino alla scalinata, otto rampe, ottantotto, anzi ottantasei gradini e a volte anche di meno. Fino a quella porta, socchiusa. [...]


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