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DIECI DOMANDE A CUI I VIVISETTORI NON RISPONDONO da LIBERAZIONE.IT

Creato il 18 maggio 2011 da Samilla

Pseudoscienze, un modello che non funziona alla base di esperimenti inutili

DIECI DOMANDE A CUI I VIVISETTORI NON RISPONDONO da LIBERAZIONE.IT

Tutti ricordano le 10 domande che la Repubblica ha posto a Berlusconi senza, per altro, ricevere alcuna risposta. Analogamente presento 10 domande che invio ai vivisettori, ritenendole comunque uno stimolo di riflessione per tutti su un tema che è sempre più sentito dall’opinione pubblica.

Se la vivisezione poggiasse su basi scientifiche: perché esistono farmaci ad uso umano e farmaci ad uso veterinario?
Tutti sanno che i farmaci ad uso umano e quelli ad uso veterinario non sono gli stessi ed anche quelli per i cani non sempre si usano per i gatti e viceversa. Quale prova più evidente per dimostrare che ogni specie ha un proprio funzionamento e i dati ottenuti su una specie non sono automaticamente estrapolabili a nessun’altra?

Perché i ricercatori non vogliono che si avvii un processo di validazione dei modelli animali?
I metodi sostitutivi la vivisezione sono sottoposti a processi di validazione, ossia di dimostrazione della loro validità scientifica, mentre i modelli animali non sono mai stati validati. Nonostante ciò, la prima proposta che i vivisettori rifiutano è proprio quella di validare i propri modelli. Strano per chi afferma di essere dalla parte della ragione. Se infatti i modelli animali venissero validati, gli antivivisezionisti scientifici non avrebbero più argomenti e quindi proprio i vivisettori dovrebbero essere i primi a chiederne la validazione.

Perché sono stati creati animali modificati geneticamente e quindi umanizzati?
Nonostante possiamo contare su centinaia di specie differenti, i vivisettori negli ultimi 20 anni hanno creato migliaia di animali modificati geneticamente, aggiungendo un gene umano, oppure togliendo un gene che gli animali possiedono al contrario dell’uomo. Quindi in entrambi i casi, di fatto, gli animali sono stati “umanizzati”, ossia resi geneticamente più simili a noi. Non è questa una prova per dimostrare che la distanza tra gli esseri umani e tutte le altre specie è così elevata che dobbiamo umanizzare gli animali per pensare che possano essere utili per la ricerca?

Perché dopo la sperimentazione sugli animali bisogna obbligatoriamente sperimentare sugli esseri umani?
I vivisettori spesso ripetono che, se non si sperimentasse sugli animali, bisognerebbe farlo sugli esseri umani. In realtà in tutto il mondo le leggi impongono la sperimentazione umano dopo quella animale, prova indiscutibile che non possiamo fidarci dei dati ottenuti negli animali.

Perché è praticamente impossibile entrare nei laboratori?
Entrare in un laboratorio di vivisezione è impresa quasi impossibile, anche quando si vuole concordare la visita. Ne sanno qualcosa i giornalisti di “Report” che quando hanno registrato una trasmissione sulla vivisezione non sono riusciti ad entrare nei laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità. Tutto ciò è molto strano per un’attività che è considerata da chi la pratica lodevole e ben condotta.

Perché oltre il 50 per cento dei farmaci presentano gravi reazioni avverse dopo la commercializzazione?
Gli antivivisezionisti sono a volte accusati di utilizzare i pochi casi in cui il comportamento degli animali si è dimostrato differente rispetto al nostro. Tuttavia i dati statunitensi hanno dimostrato che il 51 per cento dei farmaci hanno presentato dopo la commercializzazione gravi reazioni avverse che non si erano evidenziate negli animali da laboratorio e per questo motivo ogni anno muoiono circa centomila cittadini statunitensi. Come negare che questa strage dipenda da un modello sperimentale sbagliato?

Perché si utilizzano prevalentemente roditori anche se sono animali lontani da noi da un punto di vista evolutivo?
Oltre l’80 per cento degli animali utilizzati sono roditori, nonostante siano piuttosto lontani da noi da un punto di vista evolutivo. È vero che con loro condividiamo il 95 per cento del dna, ma con gli scimpanzé condividiamo il 99 per cento del dna. Certamente i roditori sono piccoli, mansueti, poco costosi e stimolano poca empatia nella gente. Sospetto che questi siano i criteri, “poco” scientifici, che li fanno preferire a tutte le altre specie più evolute.

Perché si studiano le malattie croniche e degenerative nei roditori che vivono solo 2-3 anni?
Sono studiate negli animali malattie come i tumori, le epilessie, la demenza, la schizofrenia e molte altre che necessitano di molti anni, a volte di decenni, per potersi sviluppare. Nella maggior parte di questi casi si utilizzano roditori, come topi e ratti, che vivono al massimo 2-3 anni. Non è questa una differenza sufficiente per invalidare qualsiasi risultato?

Perché si studiano le malattie della mente negli animali che non sanno parlare?
Il professor Pietro Croce affermava che la vivisezione poggia su un errore metodologico, ossia l’illusione di potere estrapolare i dati ottenuti negli animali nella nostra specie. In campo psichiatrico l’errore è doppio, poiché con gli animali non possiamo comunicare attraverso il linguaggio. Come si fa a capire se un animale è delirante, o allucinato, o ha idee suicidarie se non parla? Inoltre nelle ricerche in psichiatria e psicologia si somministrano sostanze psicoattive agli animali o si distruggono parti del loro cervello, condizioni che i clinici utilizzano proprio per escludere negli esseri umani una malattia psichica.

Perché farmaci tossici negli animali sono stati lo stesso commercializzati?
Di solito la gente crede che la vivisezione serva a selezionare le sostanze sicure da quelle tossiche per la nostra specie, tuttavia il prontuario farmaceutico è pieno di farmaci tossici negli animali che sono stati lo stesso sperimentati negli esseri umani e poi commercializzati. Forse gli stessi vivisettori non credono nelle loro ricerche e quindi dopo avere investito molti soldi nei test sugli animali, continuano in ogni caso le ricerche anche sugli esseri umani. È questa vera scienza?
Una sola di queste domande sarebbe sufficiente per mettere in seria discussione la validità scientifica della vivisezione, tutte insieme sono una dimostrazione che la ricerca medico-scientifica deve prendere strade diverse se vuole essere affidabile nei fatti e non solo a parole.

Stefano Cagnoin data:26/04/2011

PER LEGGERE L’ARTICOLO IN ORIGINALE:

Dieci-domande-a-cui-i-vivisettori-non-rispondono—LIBERAZIONE-IT.htm



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