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La struttura di questa catena è semplice: bisogna elencare senza pensarci troppo, dieci libri indispensabili. Indispensabili a cosa, non è chiaro ed è bene che rimanga sul vago, ma insomma dieci libri che rimangano con te. Sono stato nominato, negli ultimi giorni, tre o quattro volte e ho deciso di stilare anch'io il mio elenco:
1) Moby Dick di Hermann Melville
2) Autodafé di Elias Canetti
3) Don Chisciotte di Miguel de Cervantes
4) Indietro nel tempo di Jack Finney (Recensione)
5) Ombre sulla nostra pelle di Jennifer Johnston (Recensione)
6) Norwegian Wood / Tokyo Blues di Murakami Haruki (Recensione)
7) Macbeth di William Shakespeare
8) La voce delle onde di Mishima Yukio (Recensione)
9) Le poesie di Ghiannis Seferis
10) Caligola di Albert Camus
Ora, come nasce una lista del genere? È ovvio che la velocità che si richiede al nuovo anello di questa catena impone rapidità di scelta, stress dei criteri, ma non il loro abbandono. Così, in breve, direi che i primi tre sono in assoluto i libri che cito più spesso quando parlo di letteratura, sono un asse della mia formazione intellettuale (e poco importa che io sia arrivato a Melville da La stiva e l'abisso di Michele Mari, piuttosto che per canali più convenzionali). Ma sono letture adulte, letture di una persona che si era già formata e che nell'adolescenza li aveva rifiutati.
Indietro nel tempo e Ombre sulla nostra pelle sono stati due libri di "quasi evasione" che mi accompagnano nell'immaginario e toccano corde per me molto sensibili. Norwegian Wood è stato il primo impatto - decisivo - con Murakami, mentre La voce delle onde è stato per me il tramite per la riscoperta e la rivalutazione di Mishima (di cui avevo letto vent'anni fa Confessioni di una maschera senza capirci assolutamente nulla). Quando poi cito Shakespeare è perché tutta la sua opera è per me fondamentale, ho dovuto però selezionare un libro e il Macbeth, per ragioni biografiche è quello che più mi porto dietro. Seferis è un po' il mio poeta, che mi ha condotto a Elitis e ha gettato una nuova luce sul pur amatissimo Kavafis, mi ha ridonato T.S. Eliot, ma soprattutto è Seferis.
Infine Caligola, che è venuto fuori dopo un po': sì, qui ho tradito il proposito. Lo cercavo e ci giravo intorno, stavo per scrivere Memorie di Adriano, con la consapevolezza di essere sulla strada giusta, però di aver anche un po' perso la bussola. La Yourcenar l'ho diluita nel tempo, mi ha invaso e commosso con la sua poesia al femminile, mentre Camus mi ha dato un pugno tutto virile: ho letto Caligola la vigilia dell'esame di Latino II (non ho mai studiato il giorno prima di un esame universitario) e da allora non ho fatto che riprenderlo mentalmente. Non l'ho più toccato da allora, anche se l'ho visto in un meraviglioso allestimento di Elio De Capitani a teatro, eppure vive con me, nascosto, ma non faccio fatica a riconoscerlo sempre.
Il punto è che, per fare questa lista, ho comunque dovuto scavare a fondo, limitarmi, cesellare, parlare di me nel modo più opportuno. Se c'è uno scritto autobiografico tra i miei, qualunque cosa ciò significhi, è proprio un simile canone. A proposito: mi accorgo solo ora che non c'è un'opera, che sia una, della letteratura antica. Cosa vuol dire questo? Da un lato, conferma il mio status di modernista, a dispetto dei titoli di studio: è la modernità che mi affascina, che mi prende e mi racconta. D'altro canto, proprio nella mia convinzione che il classico è alla base della cultura moderna, trovo senza difficoltà molto altro sotto, a lato, nei dintorni, ci sono spie che tradiscono il mio percorso formativo nell'insieme: libri che non riesco a citare sul momento e che sono miei.
Vediamo, dunque, se dovessi citarne altri dieci, pensandoci, dove andrei a parare:
1) Antigone di Sofocle (Recensione di una rappresentazione a Siracusa)
2) L'oceano di Hanley (Recensione)
3) Gli angeli malvagi di Eric Jourdan
4) Menzogna e sortilegio di Elsa Morante
5) Le poesie di Pablo Neruda
6) Mimesis di Auerbach
E mi fermo qui, mi guardo intorno per completare la lista, ma mi fermo qui. Noto che ho citato per prima l'Antigone, com'è ovvio, dal momento mi ero soffermato proprio sulla mia precedente esclusione dei classici, quindi questo Sofocle, pur completamente mio, ha il sapore di un ripescaggio maldestro persino per me. Hanley ritorna per la stessa via attraverso la quale avevo già incluso Jennifer Johnston, in modo più obliquo, ombroso e drammatico... e così via fino a Mimesis, l'unico saggio che mi sono sentito di citare (nessuno parlava solo di letteratura). Ecco cosa succede, devo andare un po' più a fondo per scovarli, e ora che ho parlato di saggi mi stupisco dell'assenza di certo Goffman e delle Pagine stravaganti Giorgio Pasquali. Ma non li ho citati, questi libri, li sto tirando su come con un filo, prendo atto che me li portavo dietro, ne trascinavo il "peso" senza accorgemene. Nello stesso tempo, in fase di correzione, mi inquieta il bando di Memorie di Adriano anche da questo secondo livello e noto l'assenza di Dürrenmatt, né posso farci nulla, mi viene in mente solo ora.
Se queste catene fossero una traccia per riscoprirsi, per trovare il proprio spazio in sé, sarebbero una cosa stupenda. Con me ha funzionato, ringrazio perciò chi mi ha nominato e nomino a mia volta...
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