La pioggia di sabato 4 ottobre è stata complice nel favorire la giusta atmosfera nel salotto di casa Owen sulla Nigger Island. L’associazione teatrale “Malalingua” – fondata da Marianna de Pinto e Marco Grossi e attiva da qualche anno a Molfetta (Ba) – ha messo in scena Dieci piccoli indiani (tratto dall’omonimo giallo dell’arcinota Agatha Christie), presso il Teatro Don Bosco. Protagonisti: gli allievi della compagnia.
Il chiacchiericcio in sala cessa quando si spengono le luci. Una donna in rosso compare sulla scena e descrive con minuziosa attenzione l’arredamento e i primi personaggi che s’apprestano a salire sul palco.
I primi ad animare il palco sono i domestici, i signori Rogers. A seguire la segretaria Vera Claythorne e il comandante Philip Lombard. A poco a poco giungono anche gli altri sei ospiti, ciascuno convocato per un motivo imprecisato. Nessuno in realtà ha ben presente chi sia il sig. Owen.
D’improvviso una voce misteriosa accusa ciascuno dei presenti di essere colpevole della morte di altri uomini. Tutti tendono ovviamente ad affermare la propria innocenza, ma è già chiaro che il soggiorno in quella casa, dove i proprietari sono assenti e sconosciuti, non sarà una vera visita di piacere o cortesia.
Sul caminetto posano dieci piccoli indiani di ceramica, gli stessi protagonisti di una filastrocca che i convenuti conoscevano già. Uno alla volta, gli ospiti scompariranno secondo l’ordine della stessa filastrocca.
Tra accurati effetti luce, scenografia minuziosa, buona performance degli attori – non professionisti – e accompagnamento musicale che incrementa suspense e curiosità, i tre atti dello spettacolo tengono desto e partecipe il pubblico. Man mano che il cerchio si restringe, i sospetti aumentano, i nervi saltano (così come i contatti con la terraferma), il tempo diventa nemico e l’attenzione ai dettagli si fa sempre più indispensabile. Gli sguardi e i gesti sono carichi di espressività e pathos che le parole non riuscirebbero a esprimere.
Se la bellezza di un libro sta nel poter immaginare personaggi e situazioni, la forza del teatro sta nel metterli davanti agli occhi. Dieci piccoli indiani mette in scena l’irrazionalità umana, che trova il suo culmine nella follia del giudice Lawrence Wargrave (ben interpretato da una donna), deciso a punire tutti gli invitati che in vita erano stati assolti da condanne.
Può capitare a tutti di dover estrarre dal profondo di sé episodi un po’ torbidi della propria vita, colpe o errori commessi, messi da parte a fatica. Più che focalizzare l’attenzione sul senso della giustizia (o sulla sua relatività), il riadattamento teatrale (a suo tempo, la stessa Agatha Christie si discostò dalla conclusione letteraria, salvando gli ultimi due ospiti rimasti in vita) esalta lo slittamento dei ruoli e dei sentimenti. Rimasti in due, ci si poteva fidare o farsi fuori per sopravvivere. Chi decide cos’è giusto? E poi, sicuri che da soli ci si salva?
A voi, a noi, l’ardua sentenza. Non viviamo forse a volte anche noi su un’isola popolata solo da noi stessi e le nostre inquietudini e i nostri problemi irrisolti?
Insomma, scelta audace mettere in scena un lavoro complesso, che ha impegnato gli allievi durante lo scorso anno e ha dato al pubblico la possibilità di vedere un palco pieno.
Susanna Maria de Candia