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“Dieci regole per amare” di Paola Zannoner

Creato il 19 luglio 2011 da Sulromanzo

“Dieci regole per amare” di Paola ZannonerLei è una mia sicurezza, o almeno di solito lo è. Quando alcuni mesi fa sono andato in libreria e ho visto questo romanzo nell’espositore delle novità (per la verità non l’ultimo in ordine di apparizione, visto che ora è in uscita un romanzo dedicato alle celebrazioni per l’Unità d’Italia) ho deciso subito di acquistarlo. Per alcuni motivi, poi, ho rimandato di un po’ la lettura e la recensione.

Dieci regole per amare è un testo strutturato in dieci capitoli: le dieci regole del titolo, appunto, danno il nome ad altrettante fasi della storia: fidati del tuo istinto, non avere fretta, sii sicura di te stessa, etc. Queste non sono altro che le faticose e sofferte tappe che Caterina, la giovane protagonista del libro, attraversa per giungere a una comprensione (più) matura del rapporto d’amore. Matura, per lo meno, per quanto lo può essere la visione di una quindicenne; più propriamente si potrebbe dire che Cat, come da migliore tradizione, compie il suo viaggio di iniziazione nel territorio dei sentimenti e della sessualità, certo non ultima in una serie che attraversa gran parte della storia letteraria del tardo Ottocento e prosegue nel  Novecento (Enrico di Cuore, il giovane Torless, Agostino di Moravia, la famiglia Finzi-Contini). Ne risulta, è evidente, una struttura narrativa non del tutto continua, ma che procede anche per blocchi temporali autonomi, e che alterna in maniera significativa il racconto vero e proprio alle riflessioni di Cat, senza per altro risultare pesante. Alcuni personaggi ruotano attorno a lei: l’oggetto del grande amore, Marco; le amicizie; la famiglia; alcuni incontri che si riveleranno essere essenziali per il percorso di crescita intrapreso.

La Zannoner si avventura così su di un terreno parzialmente nuovo, più adulto. Rimane la descrizione di un universo adolescenziale molto serio, cioè trattato in termini non leggeri, ma anzi approfondito nella sua dimensione di contrasto con il mondo adulto, di cambiamento, di riflessione; ma mi pare si concentri di più, questa volta, su un pubblico di ragazze. Mi chiedo infatti quale ragazzo potrebbe interessarsi al testo, completamente intessuto di un universo femminile. Colpisce il lettore adulto la penetrazione all’interno di un mondo che risponde a regole diverse da quelle proprie: e così la galassia degli amici e delle amiche non è la solita stereotipata sequela di personaggi, ma vede la presenza di figure che vanno e vengono, che tradiscono e dimenticano il rapporto in maniera veloce. Compare anche un’istantanea delle nuove abitudini e delle nuove modalità di concepire la vita e la socialità; e il tutto senza cadere in stereotipi facilissimi quanto inutili.

L’impressione tuttavia, fuori dai denti, è che stavolta l’autrice non abbia centrato il bersaglio: questo romanzo non mi ha convinto come gli altri. Non ho mai nascosto di adorare il suo modo di scrivere e di considerarla una delle migliori autrici per una fascia, quella della prima adolescenza, spesso dimenticata. Stavolta però non è riuscita a trattare temi forti con la pregnanza di sempre. L’amore di Cat, sorprendente all’inizio, perché legato all’apparizione di un ipotetico principe azzurro, degenera presto in una mortificazione fino a sfiorare la tragedia; ma l’impressione è che i passaggi portino un gusto già conosciuto, e per questo poco aderente alla vita. Anche il tema della droga, pure affrontato in modo intelligente, non mi ha aiutato ad apprezzare il testo: sembra quasi che molti o troppi ingredienti siano stati mescolati assieme e siano stati gestiti in modo corretto ma forse, ecco, scolastico: l’impressione un po’ estrema su questo libro è di un compito perfettamente riuscito, ma dal sapore di tema in classe, di dovere. Chi ha tempo e voglia, legga Dance! e La linea del traguardo e tiri le sue riflessioni.

Forse un occhio femminile sarebbe in grado di cogliere meglio le note positive presenti nel testo; io, per questa volta, alzo bandiera bianca e sospendo il giudizio: c’è chi saprà fare meglio di me.


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