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Diego Velázquez, principe dei pittori spagnoli

Creato il 03 aprile 2013 da Artesplorando @artesplorando

Pittura austera, pittura di Castiglia, pittura della concentrazione, pittura pregna di luce interiore, dove lo spazio esiste per lo spazio, come l'arte esiste per l'arte. [...] Velazquez è l'indice della bilancia della Spagna nel momento in cui la bilancia saliva più in alto e nei suoi piatti stava l'oro del Secolo d'oro. E' l'equazione plastica reale e aurifera perfetta.

R. Gomez de la Serna, Don Diego Velazquez, 1943

Il 6 giugno 1599 Diego de Silva y Velázquez viene battezzato nella chiesa sivigliana di San Pietro: è figlio del gentiluomo di origine portoghese don Juan Rodríguez de Silva e della sivigliana Jerónima Velázquez. Nel dicembre 1610 Velázquez entra nella bottega di Francisco Pacheco, e al termine dell'apprendistato (1617) viene accolto nella corporazione di San Luca. Il 23 aprile 1618 sposa Juana Pacheco de Miranda, figlia del suo maestro. La sua attività iniziale è rivolta alla rappresentazione di scene di vita popolare, come la Vecchia cuciniera e l' Acquaiolo di Siviglia (1618). Nella primavera del 1622 compie il suo primo viaggio a Madrid, dove esegue il ritratto del poeta Don Luis de Góngora e visita le collezioni d'arte dei palazzi reali. L'anno seguente, su invito del conte Olivares, torna nella capitale. Nell'agosto 1623 dipinge il primo ritratto del re Filippo IV, che gli vale la nomina di "pittore del re" e la possibilità di stabilirsi a Madrid con la famiglia: inizia così la sua rapida ascesa e in pochi anni raggiunge una posizione di indiscussa supremazia.

Nel 1627 vince il concorso indetto dal re sul tema della cacciata dei "moriscos", e la vittoria gli frutta la carica di "usciere di camera". Nel 1629 compie un viaggio di studio in Italia, soggiornando a Genova, Milano, Venezia, Parma e Bologna. Giunto a Roma nel 1630, dipinge alcuni quadri, fra i quali la Fucina di Vulcano e due Vedute di Villa Medici. Sul finire dell'anno si reca a Napoli, dove incontra il compatriota Jusepe de Ribera e dipinge il Ritratto dell'Infanta Maria. Dopo il ritorno in patria nel 1631, si intensificano gli impegni per la corte: esegue alcuni ritratti del Principe Baldassarre Carlo e del Conteduca Olivares e la Resa di Breda (1634-1635) per il "Salone dei regni" nel palazzo del Buen Retiro. Nel 1643 viene nominato soprintendente delle opere reali; alcuni anni dopo ottiene la carica di ispettore e tesoriere della Sala ottagona di Palazzo reale. Nel febbraio del 1649 l'artista s'imbarca per un secondo viaggio in Italia, che durerà due anni, con l'incarico ufficiale di acquistare opere d'arte per le collezioni reali. Soggiorna a Venezia e a Roma, dove dipinge alcune delle sue opere più affascinanti: Venere allo specchio, i ritratti di Juan de Perejra e del pontefice Innocenzo X. Rientrato a Madrid nel 1651, realizza il Ritratto dell'Infanta Maria Teresa, e l'anno seguente il Ritratto della regina Marianna. Nel 1652 presta giuramento come "maresciallo maggiore dei palazzi", la carica più importante che abbia rivestito. Nel 1656 dipinge la Famiglia di Filippo IV, Las Meninas.

Dopo il rifiuto da parte del re per un terzo viaggio in Italia (1657), l'artista è nominato cavaliere dell'Ordine di Santiago (1659). Nella primavera del 1660 si reca nei Pirenei per allestire il padiglione delle nozze fra l'infanta Maria Teresa e Luigi XIV di Francia; rientrato a Madrid nel giugno, poco dopo si ammala e muore il 6 agosto 1660. Il giorno seguente viene seppellito con tutti gli onori nella chiesa di San Giovanni Battista, seguito, una settimana dopo, dalla moglie Juana.

Pittore di grandissimo successo, con una tendenza alla lezione caravaggesca, forgia il proprio realismo con una incessante verifica della natura estetica della creazione e del riscontro armonico delle parti cromatiche.
Proprio l'elegante, equilibrato e solido cromatismo, l'intensità misurata ed eloquente della pennellata, lo caratterizzano come un maestro al di fuori dei gusti correnti, straordinariamente morigerato pittore del grande teatro barocco. Le sue opere rimangono come monumenti, con i quali si stanno ancor oggi misurando gli artisti.

È il principe dei pittori spagnoli e uno dei maggiori del mondo. In tutte le sue opere dominano la prospettiva aerea, l'atmosfera, la luce, il giusto valore di tutti i toni, e per mezzo del colore riesce a fissare i termini e le distanze con la stessa precisione con cui potrebbero farlo le inflessibili regole della prospettiva.

Le sue grandi opere non debbono nulla a nessuno, per quanto egli abbia tributato non poca ammirazione ai pittori veneziani; sono figlie della sua originalità, della sua spontaneità, del suo senso artistico. Lo studio costante del vero gli diede il dominio del disegno, così come lo sguardo finissimo gli aveva dato la capacità d'apprezzare il colore. Il buon gusto e l'eleganza nel presentare atteggiamenti, espressioni e gruppi con snellezza e grazia, dominano in tutte le sue tele. Non è artista di grandi e complesse concezioni, né di ricerche erudite, né di spirito ardito.

Naturalista per eccellenza, dipinge ciò che vede e sa quel che dipinge e come deve dipingerlo.
Ne l'antichità classica, ne il Rinascimento condizionano le sue opere; per lui non esistono altri libri, ne altri modelli, ne altri studi che il vero; non conosce altra
erudizione, altra storia, altri orizzonti oltre a quelli percepibili con l'occhio.
Da ciò dipende il fatto che Velázquez è in pittura, come Cervantes nelle lettere, così mirabilmente Spagnolo.


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