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Dietro Juventus-Milan:   lo show che non c’è stato

Creato il 22 aprile 2013 da Mbrignolo
conte

Antonio Conte sul sito ufficiale della Juve.

ANALISI. Ragazzi, che partitaccia. Se Juventus-Milan, “el clasico” all’italiana, è tutto qui, c’è da preoccuparsi non poco sulla spettacolarità del nostro calcio. Roberto Beccantini ha definito la sfida di ieri sera allo Stadium una “pena indicibile”; come dargli torto? Pochissime conclusioni, tante interruzioni, molti falli tattici, emozioni derivanti unicamente dai calci piazzati: va da sé che l’unico momento palpitante della gara, ossia il gol di Vidal che ha deciso il match, sia arrivato su calcio di rigore. Poi, giù il sipario su quello che doveva essere uno spot per il calcio italiano e che invece è stata la classica gara “all’italiana”. Difficile non generalizzare, non fare di un’erba un fascio e porsi interrogativi – fra i tanti altri che questo sito sta proponendo – sull’appeal che questo nostro calcio può esercitare verso chi lo guarda, verso chi vorrebbe investirci. Juventus e Milan, infatti, sono per antonomasia i due club che si propongono di sfoderare una qualità del gioco superiore alle avversarie della Serie A: i bianconeri grazie ai collaudati automatismi progettati da Conte, il Diavolo per una sua filosofia di default che dall’inizio dell’era berlusconiana lo pone come club alla ricerca della qualità. Di questo, ieri sera non si è visto assolutamente nulla. Anziché piangerci addosso e cadere nel disfattismo, tuttavia, proviamo ad analizzare la gara e capire i motivi per i quali il big match di ieri sera ha annoiato più che divertito.
Innanzitutto, Andrea Pirlo. Lo avevamo anticipato proprio alla vigilia, augurandoci peraltro di sbagliare, ma il “genio” del centrocampo della Juventus è arrivato un po’ alla frutta al rush finale di questa stagione. Anche ieri sera il numero 21 bianconero, il grande ex della gara, non è riuscito a illuminare le geometrie della Vecchia Signora e il gioco, tutto, ne ha risentito particolarmente. Che poi da Pirlo sia nato il lancio giusto per Asamoah, atterrato da Amelia nell’episodio che ha deciso l’incontro, questo deve essere messo a referto, come pure i pericoli derivanti dai suoi calci di punizione, ma il palato dei tifosi juventini e di tutti gli appassionati è ormai abituato a sapori ben più delicati di così.
Restando sulla sponda bianconera, al netto della mancanza di lucidità del suo punto di riferimento, la Juve ha avuto da parecchi uomini chiave un apporto qualitativo insufficiente, contrariamente a quanto denotato nella stagione che va concludendosi. Un nome su tutti: Mirko Vucinic. Per farla breve: siamo alle solite. La prestazione del montenegrino ieri sera ha viaggiato sulla falsa riga di quella esibita nel ritorno con il Bayern Monaco: impegno forse ancor meno evidente, giocate decisive pressochè assenti. E’ un discorso trito e ritrito, al quale probabilmente nemmeno il giocatore sa dare delle risposte, ma viene da chiedersi quanto la presenza di Vucinic in queste “giornate no” sia per la Juve un malus anziché un bonus da giocarsi nei 90’.
Due giocatori, non troppo pubblicizzati, rientrano nel novero delle nostre critiche: Bonucci e Asamoah. Il primo è per la Juve il “vice-regista”: quando le verticalizzazioni non partono da Pirlo, infatti, è proprio Bonucci colui il quale è chiamato a generare l’azione offensiva dei bianconeri, avvalendosi di una buona tecnica che grazie a Conte ha imparato ad affinare. Ieri, tuttavia, troppi sono stati i disimpegni errati del centrale ex Bari, a scapito ovviamente della bellezza ed efficacia del gioco dei padroni di casa. Il ghanese, dal canto suo, è rimasto alla Coppa d’Africa: da quella competizione, infatti, la Juve non ha più avuto fra le sue frecce il puntuale moto perpetuo sulla fascia mancina e il rigore guadagnato ieri sera non deve trarre in inganno. Insufficiente anche la sua prestazione.
Ultimo bianconero al quale dedichiamo un discorso a parte è Claudio Marchisio. Per tornare agli antichi splendori sarebbe certamente meglio ricoprire il proprio ruolo ma, come dice Conte, è impossibile in questo momento rinunciare a Pogba, e quindi il Principino è impiegato una decina di metri più avanti. Tocco e dinamicità sono sempre i soliti, ma è anche in questo caso la qualità e la giocata decisiva che stanno venendo  a mancare: se contro la Lazio – una Lazio incerottata e in crisi d’identità – Marchisio ha dato cenni di ripresa, contro un Milan più organizzato e un Vucinic più impalpabile la sua performance ne ha senz’altro risentito.

Cambiando sponda, parliamo del Milan, colpevole anch’esso di una partita orribile. In questo caso i protagonisti in negativo sono forse in minoranza rispetto all’avversario, in una formazione che è da inizio anno che non riesce a sfoderare un gioco di alta qualità. A questa missione sarebbe chiamato Riccardo Montolivo, il cosiddetto “vice-Pirlo”. Osannato dalla gran parte dei tifosi rossoneri, non ci sembra invece che il futuro capitano del Milan abbia i crismi necessari per ricoprire questo ruolo, soprattutto per una questione di personalità. Pirlo è unico, e “là in mezzo” se la gioca forse solo con Xavi Hernandez, però pare proprio che a Montolivo manchi sempre quel quid caratteriale in più per risultare, con le sue doti, una componente puntuale nel gioco della propria squadra. Non è un caso che ieri, nonostante una Juventus in serata “soft”, anche lui si sia adeguato alla pochezza espressa dei due centrocampi, nei quali, guarda caso, il guerriero Vidal e l’incosciente Pogba hanno raggiunto la sufficienza, due che non sono chiamati a tessere la tela.
Anche El Shaarawy ha le sue responsabilità, ma qui il discorso è totalmente diverso: nella sua prima vera stagione tra i “grandi”, il Faraone ha fatto faville; psicologicamente e fisicamente il suo calo era anzi da mettere in preventivo. Questo periodo gli servirà per il prosieguo della sua carriera.
Robinho è invece un caso che il Milan si è creato da solo e che solo in estate troverà la via risolutiva: se resterà, avrà la possibilità di fare tabula rasa su una stagione incolore e tormentata, se andrà via non sarà più un problema per Allegri (se resterà). Tuttavia, perché schierarlo in queste condizioni?

Ultimo punto, i maggiori colpevoli: i due allenatori. E’ vero, per Conte contava vincere e adesso lo Scudetto è a un passo, per Allegri contava il risultato a scapito di un gioco che non ha mai brillato; ma ragazzi, almeno una pubblica ammenda nel post-partita con un bel “Mi sarebbe piaciuto giocare meglio di quanto mostrato” vi faceva così schifo? Perchè la partita è stata proprio questo: uno schifo.


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