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Diga di Mosul: l’impegno italiano per la ristrutturazione

Creato il 16 dicembre 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

L’Italia parteciperà alla ristrutturazione (con la ditta Trevi di Cesena) e alla difesa (con 450 uomini dell’Esercito) della diga di Mosul, strategica per il futuro dell’Iraq.

La notizia era stata anticipata nei giorni scorsi dal Presidente degli Barack Obama, che aveva citato espressamente il lavoro dell’Italia come esempio positivo di impegno al fianco degli Stati Uniti nel supporto alla lotta allo Stato Islamico in Iraq e in Siria. I motivi che hanno spinto il Presidente a stelle e strisce ad un’esternazione di così aperta lode all’operato dell’Italia nel teatro mediorientale, a fronte di un impegno che al momento del discorso era limitato alla “sola” presenza in Iraq di 4 Tornado per ricognizione e 750 uomini nel ruolo di addestratori delle forze locali, sono rimasti ignoti fino all’annuncio di ieri sera. Il Premier Matteo Renzi ha scelto il salotto televisivo di “Porta a Porta” per l’importante annuncio che ha dissipato ogni dubbio: l’Italia assumerà un ruolo di prima fila nella messa in sicurezza e nella difesa della diga di Mosul.

Un Peshmerga curdo in divisa sulla diga di Mosul, Iraq. Photo credit: clauswein via Foter.com / CC BY

Un Peshmerga curdo in divisa sulla diga di Mosul, Iraq. Photo credit: clauswein via Foter.com / CC BY

Situata sul fiume Tigri a una distanza di 70km a nord di Mosul (capitale irachena dello Stato Islamico), la diga di Mosul in passato nota come “diga di Saddam” è un’infrastruttura strategica, il cui saldo controllo e la ristrutturazione avrebbero ricadute positive sull’intero Paese nel breve e lungo termine. Innanzitutto, nel breve termine, si eviterebbe che un cedimento accidentale o doloso provochi un disastro di proporzioni incalcolabili nella valle del Tigri, su cui pende la spada di Damocle di un lago artificale di 11 miliardi di metri cubi d’acqua. Un crollo del muro alto 113 metri e lungo 3,5km, pericolante dopo anni di mancate manutenzioni a causa della guerra, creerebbe un’onda distruttiva capace di spazzare via insediamenti per chilometri e chilometri in poco tempo, mietendo centinaia di vittime.

Inoltre l’ISIS, entrato in possesso della diga nell’agosto del 2014, aveva minacciato di assetare Baghdad chiudendo i rubinetti o, in alternativa, di farla saltare per inondare la valle. Fortunatamente l’intervento dei Peshmerga curdi, sostenuti dai bombardamenti della coalizione internazionale, ha respinto i tagliagole dopo pochi giorni evitando il verificarsi degli scenari più catastrofici.

In secondo luogo, sul lungo periodo, il ritorno in funzione a pieno regime della diga di Mosul avrebbe effetti positivi sullo sviluppo del Paese, fornendo elettricità nell’ottica della ricostruzione dell’Iraq post-bellico. La commesa da 2 miliardi per la ristrutturazione del complesso della diga di Mosul è andata alla Trevi di Cesena, gruppo che dal 1957 opera nel settore dell’ingegneria del sottosuolo per fondazioni speciali. Le difficili condizioni in cui dovrebbero lavorare gli operai e i pericoli a cui sarebbero esposti intervenendo a soli 30-40km dalla linea del fronte con il “Califfato”, costringerà il Governo italiano a rivedere al rialzo i numeri della presenza del proprio contingente in Iraq: il Premier sottoporrà al Parlamento la richiesta per l’invio di ulteriori 450 uomini a difesa della zona interessata.

La notizia è stata accolta come motivo di duplice orgoglio per il Bel Paese. In primis riconosce la validità della competenza ingegneristica italiana, già motivo di vanto in tutto il mondo e fiore all’occhiello del made in Italy. D’altro canto permette al Paese di spolverare i panni, per la verità (quasi) mai smessi, del peace-builder internazionale e di esercitare il ruolo di forza umanitaria di ricostruzione infrastrutturale e civile riconosciuto da tempo dagli alleati all’estero.

di Andrea SEVERINA

Tags:Cesena,diga,iraq,Italia,Matteo Renzi,mosul,stato islamico,trevi

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