Giorno dopo giorno bruciano esistenze randagie, l’anima e il corpo malconci. Ciascuno, però, è a modo suo «un uomo d’onore, anche se privo di un indirizzo», come amava definirsi Andreas Kartak, l’indimenticabile clochard descritto da Joseph Roth ne La leggenda del santo bevitore. Quasi nessuno, invece, è barbone per scelta, come vuole un vecchio luogo comune. Sulla strada si trascinano, litigano, chiedono l’elemosina, muoiono. I “barboni” popolano un mondo straziato, fatto di gente spesso consapevole dei propri fallimenti. Un mondo che desidera tenerezza, che è avido di rispetto. Quanti “barboni” conti oggi il nostro Paese, non è dato sapere.
La loro presenza caratterizza i centri da 50 mila abitanti in su e dunque città come Verona, Brescia, Catania, Milano, Roma, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Napoli e Palermo ed adesso Gorizia.
Ormai stiamo assistendo ad una progressiva delegittimazione della Costituzione e della vigente normativa in materia di sicurezza sociale. Con la pratica degli atti amministrativi e dei decreti si stanno infatti mortificando i principi costituzionali secondo i quali tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge (art. 3 Cost.) e devono vedersi garantito dallo Stato il diritto alla salute (art. 32) al diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, (art. 36) al mantenimento, nei casi di invalidità (art. 38) e non dimentichiamoci che l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro (art.1). Tutto ciò avviene nonostante il fatto che questi principi siano attuati da ben precise norme legislative quali: la riforma sanitaria, le leggi istitutive della pensione di invalidità civile, dell’indennità di accompagnamento e della pensione sociale, nonché la legge che regola le integrazioni degli importi pensionistici minimi.
Ormai le discriminazioni cui sono fatti oggetto la classe più povera dei Cittadini Italiani e non autosufficienti, ai quali vengono negate non solo prestazioni sanitarie direttamente e gratuitamente erogate dal Servizio sanitario nazionale, ma addirittura un tetto sopra la testa o un lavoro, tanto sbandierato in Costituzione tanto da esserne il primo articolo, sono sotto gli occhi di tutti. Questi “ammalati di Stato” vengono scaricati come fossero un pacco postale e trattati come materiale scaduto e perciò da gettare. Invece lo stesso Stato che dovrebbe tutelarci apre le porte agli immigrati facendo si che essi vedano l’Italia come “la Terra promessa” mentre invece è una terra dove il Cittadino Italiano se non ha un lavoro è lasciato ai margini e viene buttato in discarica.
La povertà di massa, depurata sempre più dei suoi aspetti eclatanti di miseria assoluta, riguarderebbe oggi l’12,6% dell’intera popolazione, cui andrebbe un altro 7,9% di cittadini che, pur non essendo miseri, sono soggetti a notevoli disagi economici.
Io penso che se si vuole davvero aiutare qualcuno non bisogna regalargli una vita migliore, o mettergli tra le mani due spiccioli, ma bisogna offrirgli un lavoro che gli dia la possibilità di migliorare la sua vita, di sentirsi fiero del suo lavoro e del suo contribuire alla crescita della nazione.
Lasciatemi fare una considerazione: perché ci si ostina a tutti i costi a volere fare la riforma del Senato senza prima avere affrontato le riforme che potrebbero portare un sistema Italia migliore?