Diktat dell'Unesco all'Italia: 6 mesi per salvare Pompei, altrimenti spostiamo il sito in Baviera
Creato il 30 giugno 2013 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Qualche giorno fa, legittimamente soddisfatti per l'introduzione di 13 nuovi siti italiani nei luoghi che l'Unesco tutela a nome dell'intera umanità, dicemmo che per l'Italia e per gli italiani tutto questo ben di dio era una iattura. Che i palazzinari toscani erano incazzati come iene e che gli immobiliaristi erano entrati in uno stato di pericolosa fibrillazione cardiaca con seri rischi di ictus devastanti. Ma si sa, l'Unesco dà e l'Unesco toglie. Vi credevate che dopo i crolli, i furti, le devastazioni, le dimissioni di Sandro Bondi, la situazione del sito archeologico di Pompei fosse migliorata... ma manco p'o' cazzo. Peggio di prima. Tanto che l'Unesco, una pericolosa agenzia delle Nazioni Unite famosa per non farsi mai le minchie sue, stanca di essere presa per i fondelli dagli statisti italiani, ha lanciato l'ultimatum: “O entro sei mesi provvedete a turare le infiltrazioni d'acqua, costruire le canaline di drenaggio, coprire i mosaici che la luce del sole danneggia, demolite le costruzioni improprie non previste dal piano concordato con l'Unesco, non assumete personale adeguato o son cazzi vostri”. C'è da dire che, mesi addietro, l'Unesco aveva stanziato 20 milioni di euro per un primo intervento di recupero e consolidamento. Che fine abbiano fatto, ovviamente, nessuno lo sa. Giovanni Puglisi, che della commissione italiana dell'Unesco è il presidente, per il momento si mantiene sulle generali, dice e non dice che Pompei rischia di essere estromessa dai siti dell'agenzia delle Nazioni Unite per il patrimonio culturale mondiale, insomma, fa le battutine. L'ultima in ordine di tempo è stata: “Il primo ministro Letta(Letta, nda) ha detto che si sarebbe dimesso se ci fossero stati ulteriori tagli alla cultura. Nel caso di Pompei – ha ridacchiato Puglisi – qualche taglio c'è stato... anche se camuffato”. Ecco, LettaLetta camuffa. Mica solo Pompei. Lui camuffa tutto e poi, da quel gentiluomo virtuoso che è, non mente... omette, capita la differenza, campioni d'ipocrisia? LettaLetta camuffa l'Iva, l'Imu, l'energia elettrica che invece di farci risparmiare 5 euro l'anno ci costerà (notizia di ieri mattina) l'1,4 per cento in più. Camuffa i tagli alla scuola, alla ricerca, l'aumento delle sigarette elettroniche e, ma scommettiamo che nessuno se n'è ancora accorto, delle marche da bollo. E poi, camuffa un autunno che più caldo di così non si potrà. Lo ha detto Saccomanni: “E i tagli dolorosi dovranno ancora venire”. Privo di coraggio, di fantasia, di uno slancio di sana follia (se li avesse che balenottero bianco sarebbe?), LettaLetta è peggio di Mario Monti, visto che con lui qualche leggina ad personam passerà, lo ha detto ieri Anna Finocchiaro e c'è da crederle. Ma torniamo al nostro patrimonio che, siccome appartiene all'umanità, è nostro solo perché si trova sul territorio della nazione più indifferente, apatica e menefreghista che esista al mondo. Vendiamolo, dio bono. Cominciamo da subito. Dunque, Pompei la smontiamo e la rimontiamo in Baviera. L'Etna è facilmente trasportabile in Scozia, almeno il Lago di Lochness avrà uno scenario più accattivante. Le ville medicee ne diamo una a testa a: Denver, Baltimora, Oklahoma City, Reno, Las Vegas, Philadelphia (ma solo perché ci ricorda i formaggini), Chicago, Boston, New York, Honolulu, Los Angeles e San Diego. I giardini di Boboli li piantiamo a Shangai e la Torre di Pisa a Mumbay (fa pendant con il Taj Mahal). Il Colosseo potremmo cederlo ai berlinesi, mentre la Fontana di Trevipotrebbe fare la sua porca figura a Innsbruck Centro. Ci scommettiamo la reputazione che in queste nazioni e in queste città, i nostri monumenti farebbero alzare il Pil almeno di un punto, mentre da noi ci costano un punto e mezzo. Questione di prospettiva, ma anche di un optional solo italiano che si chiama rispetto.
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