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Dilemmi “esistenziali?” (in pillole) di Cristina, ragazza strana, scrittrice alle prese con la realtà.

Creato il 28 febbraio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

imagesdi Giuseppina D’Amato.

La luminosità del sole che sorgeva a est, dietro la ferrovia, accecò le luci dei lampioni e delle insegne dei negozi. Entrò nella camera, attraverso ogni feritoia, e sfiorò il viso di Cristina.

Lei schiuse gli occhi e, quando ebbe coscienza, non ricordò nulla.

Avvertì un cerchio alla testa e una lieve nausea. Provò a muoversi e sentì il peso del suo corpo, indolenzito al punto di non potersi alzare. Un nodo di paura le strozzò la gola, mentre il cuore rimbombava nelle tempie.

Massaggiò le gambe, per ridar loro vita, e si trascinò fuori dal letto. Infilò i piedi nelle pantofole rosa e si diresse in cucina.

“Non ho fame. L’insonnia, o forse il troppo sonno, mi devasta.” pensò, mentre preparava la caffettiera come di consueto.

Si avvicinò al tavolino su cui aveva sistemato il computer. Osservò la pagina A4, ferma al solito punto, e dedusse: “Non ho scritto niente di nuovo!”

“Cosa ho fatto, se non ho dormito?” si chiese, ma nessun ricordo affiorò alla memoria cosciente nonostante lo sforzo. Anzi la concentrazione le procurò un’angoscia sottile e pervasiva.

“Perchè non riesco a scrivere?” si chiese.

Lo specchio alla parete le rimandò l’immagine del suo viso bello, dalla pelle chiara e levigata e lei fece scivolare lungo contorni i palmi delle mani, aperti in una carezza, come a consolarsi del momento in cui la bellezza si sarebbe sciupata e la salute del  corpo l’avrebbe abbandonata.

“Chissà dove andrà la mia anima dopo la dissoluzione del corpo?” si domandò, come faceva da sempre.

“La scrittura mi aiuta a gestire la vita e ad accettare la morte. La grafia del mio mondo interiore uniforma il mio orologio psichico al tempo reale. È su un foglio di carta che riescono a vivere in sincronia i miei due mondi. Troppe cose nel mondo oggettivo sono oscure, indecifrabili, o indicibili. La sola via di salvezza è narrare la realtà attraverso metafore e allegorie. Se mi avvicino all’essenza del mondo oggettivo, rischio il delirio. Se analizzo me stessa troppo in profondità, impazzisco. Devo scrivere mantenendo la giusta distanza dal mondo e dal mio io.” pensò.

Si avvicinò alla libreria e prese “La metamorfosi” di Kafka.

Sedette davanti al computer. Poggiò il libro aperto accanto al PC e bevve un lungo sorso di caffè dalla tazzina che reggeva con una mano, mentre con l’altra sfogliava le pagine del libro. Lesse l’incipit del romanzo e ne fu turbata.

“Come se la faccenda mi riguardasse.” pensò.

Chiuse il romanzo a pagina dieci, vi infilò in mezzo un segnalibro, e riprese a scrivere dal punto in cui aveva interrotto, prima di trasferirsi a Milano dalla  noiosa provincia, in cui non accadeva mai nulla.

Featured image, cover.

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