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“Dillo a te sola” di Giusy Tolomeo, prefazione di Emanuele Marcuccio

Creato il 26 gennaio 2016 da Lorenzo127

Dillo a te sola  di Giusy Tolomeo, TraccePerLaMeta Edizioni, 2015

Prefazione di Emanuele Marcuccio 

Dillo-a-te-sola_cover_original_900La siciliana Giusy Tolomeo, scrittrice e poetessa: è autrice di due romanzi (Dune, del 1994 e tuttora inedito; Il giovane Siddharta, pubblicato nel 1998 con il gruppo Edicom) e di una raccolta di poesie, Davide e Betsabea (Albatros, 2012); ritorna qui con una seconda silloge, Dillo a te sola, una raccolta di poesie d’amore, dove questo tema viene affrontato per ben centouno titoli e in tutte le più varie sfaccettature, senza mai giungere a una connotazione specificatamente di poesia erotica. In queste liriche l’amato, come ci avverte in dedica la stessa poetessa, viene idealizzato (da cui il titolo dell’intera raccolta) assumendo caratteristiche superumane, quasi divine: “All’Uomo che venne/ In sembianze diverse/ Perché io lo amassi/ Al di fuori del Tempo/ Al di là dello spazio.

Da notare il maiuscolo all’inizio di ogni verso, non solo in questa dedica ma in tutte le poesie della raccolta, come se la poetessa volesse sottolineare l’importanza di ogni singolo verso, come di un mondo a parte, dove ama rifugiarsi. La scrittura in versi, quasi quotidiana e per poco più di un anno, come possiamo notare dalla data in calce ad ogni singola lirica.

Procedendo nella lettura, notiamo che gli amanti vogliono “fondersi” con la natura, significativo il panismo che aleggia in “Il mio amato” (“Di gelsomini sa/ Il suo petto odoroso/ Quando la sera/ Le dita innamorate/ Carpiscono corolle”) o ancor più ne “I semi di girasole”, dove l’amato è identificato con il sole e i semi di girasole, di cui la poetessa accusa la disperante mancanza, divengono l’unico mezzo per poter giungere al sospirato e caldo abbraccio di luce (“Ho affondato le mani nella terra/ Di vetro erano le zolle…/ Non ho trovato i semi che cercavo/ Non li ho trovati.”) o nella simbologia notturna in “Di dolcezza e di tua forza”: “Per te/ Mio amato/ Indosserò per te/ Un campo rosso/ Di papaveri…

Ancor più significativo è il panismo che assume connotazioni cosmiche in “Come fiocchi d’azzurro” (“Ho raccolto tra i capelli/ Un po’ di cielo/ In ogni lieta nuvola/ Ho imprigionato te”) o in “Non so…”: “Non so mio antico amore/ Come hai potuto fare/ Nuovo il sole/ E indossarlo tu stesso”.

Abbiamo anche richiami tratti direttamente dalla simbologia biblica, come “i sette sigilli”, “la casa costruita sulla roccia”, “il sigillo regale”.

Continuando, il lettore attento non potrà non riconoscere l’omaggio shakespeariano contenuto in “Sentirti dire…” con la riproposizione della metafora delle labbra come due pellegrini e lo stesso pudico rossore di Romeo e Giulietta al loro primo incontro alla festa in casa Capuleti[1]: «Sentir dalle tue labbra dolci parole/ Compagne pellegrine di una notte sola// Quando anche la luna/ Senza arrossire/ Implora le stelle pellegrine:/ “O mie pupille!”»

Un secondo e ben più profondo omaggio al Bardo possiamo leggere in “Hai acceso la mia anima”; una dolce potenza porta in sé questa poesia, un meraviglioso ossimoro che non si realizza in una figura retorica bensì nell’intera architettura del verso. Un grido d’amore che vuole risvegliare l’amato ad ogni costo e oltre ogni limite; sembra di riascoltare il grido di Romeo di sfida alle stelle, trasmutato qui nel grido interiore di una novella Giulietta.

D’altro canto non manca una simbologia più ingenua e fanciullesca, come in “Tu”: “Lascia che quel lembo/ Di nuvola smarrita/ Ti apra le sue stanze/ Costruite su torri/ Di zucchero filato/ Che tanto piace ai bambini”.

Una raccolta, dunque, completa, molto variegata e che certamente rapirà il lettore, per le abili e consumate capacità poetiche della Nostra.

Emanuele Marcuccio

Palermo, 29 giugno 2015

[1] Cfr. William Shakespeare, Romeo e Giulietta, Atto I, sc. V. [N.d.C.]

Questo testo viene pubblicato su Blog Letteratura e Cultura per gentile concessione dell’autore e dietro sua autorizzazione. 



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