Di seguito, un estratto del giudizio di Eugenio Montale sul romanzo più famoso di Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari. Coltivando l’inestinguibile predilezione che lega i Pupi allo scrittore bellunese, la seguente riflessione del poeta sull’opera di Buzzati fa da controcanto immaginario all’articolo che egli scrisse su Montale, suo collega quando lavorò come critico musicale al Corriere della Sera, che abbiamo già pubblicato qui.
La rivolta di Kafka è veramente senza speranza, il dottor Bucefalo può anche parlare e tenere cattedra, ma noi sentiamo che la sua carne squartata finirà sui banchi di una macelleria di Praga; mentre la cornacchia di Buzzati finirà impagliata nel favoloso presepe di un uomo che parte avendo già trovato qualcosa. Battete e vi sarà aperto; e a Buzzati difficilmente qualche porta resterà chiusa. Certo, in lui pure il senso della solitudine umana è fondamentale… Anche il sottotenente Drogo, il protagonista del Deserto, è un uomo che come il personaggio centrale del Processo e del Castello attende qualcosa che non viene; attende di essere introdotto, non già dinanzi al Giudice o al Padrone, ma di fronte al fatto, al segno, al fiat che dia un senso alla sua vita. Militare, attende il nemico sugli spalti di un forte Bastiani abbagliato dal miraggio di una Tartaria favolosa. Ma quando il nemico si profila all’orizzonte, Drogo è già un vecchio colonnello pieno di acciacchi e deve lasciare il posto ad altro ufficiale. Morirà sulla via del ritorno. [...]
Una più lunga esemplificazione mostrerebbe che i temi vivi di Buzzati sono sempre gli stessi e che il processo che questo scrittore intenta all’uomo (all’uomo corrotto dalla vita che egli accetta di fare) non coinvolge mai il regolatore supremo dell’esistenza, la Divinità. Non crepuscolare, perché alieno da ogni dilettazione estetizzante, non esistenzialista perché mancante affatto del gusto e del piacere dello scacco, del fallimento, Buzzati è un favolista essenzialmente cristiano, un narratore che ha la semplicità dei temperamenti classici. [...]
Irrealismo costituzionale, senso del magico quotidiano, novecentismo surreale, disimpegno assoluto (engagement alla rovescia) dai problemi del nostro tempo, art pour l’art non risolta in senso stilistico, ma concentrata nei giochi di una quasi astratta immaginazione, questi ed altri furono i connotati a lui attribuiti dalla critica: la quale, se non lo trascurò lo mise a parte come un caso isolato, in ciò aiutata dallo scrittore stesso, candidamente ignaro di quel sottobosco cenacolare in cui si svolge la così detta politica letteraria.
Eugenio Montale, Il secondo mestiere – Prose 1920-1979
COMMENTI (1)
Inviato il 25 gennaio a 14:43
Per il quarantennale della morte di Dino Buzzati (16 ottobre 1906 - 28 gennaio 1972) segnalo la mia proposta di lettura - in chiave esistenzialista/antimilitarista - della sua opera principale, «Il deserto dei Tartari», con gli approfondimenti in essa suggeriti:
Vittorio Caratozzolo
La finestra sul deserto. A Oriente di Buzzati, Bonanno Editore, Acireale-Roma, 2006, pp. 180.
Indice INTRODUZIONE di Rosanna Frediani Le finestre di Buzzati 1939 Il Fascismo, i giornali, Buzzati Le suggestioni filosofiche
«LE DOLCI ANSIE DELLA NUOVA STAGIONE». NECESSITÀ DELLA BARBARIE E COINCIDENTIA OPPOSITORUM NEL DESERTO DEI TARTARI DI DINO BUZZATI Frontiere semiotiche Le frontiere del testo «...del libro che il preterito rassegna» (Paradiso XXIII, 54) Fenomenologia del “nemico” L’apocalisse di Giovanni (Drogo) Il crollo dell’Universo e la fuga individuale
MITI, LETTERATURE E FILOSOFIE NEL DESERTO DEI TARTARI Introduzione Imbalsamare e interpretare Morte e resurrezione Camere con vista I “guardiani del limitare”, le donne di Drogo Drogo e Angustina L’Io e la luna Schuré e «il punto di vista dell’esoterismo comparato» Modi di morire Cavalli semplici e cavalli illogici L’illusione dionisiaca Lo sguardo retrospettivo La ricerca della luce Il cerchio magico: il romanzo come un mandala
Inoltre, potrebbe essere interessante arricchire la commemorazione con miei approfondimenti su altri romanzi di Buzzati: "«E forse io mento anche adesso»: Il grande ritratto di Dino Buzzati, o dell'inattingibilità del senso", in «Studi buzzatiani» V, Feltre, 2000, pp. 7-31 “Figure mitologiche e immagini archetipiche in Il segreto del Bosco Vecchio di Dino Buzzati”, in «Strumenti critici», XVII, 3, settembre 2002, pp. 339-352. “L’«inverecondia categorica» di Un amore tra prostituzione testuale e necessità”, in AA.VV., La saggezza del mistero, Empoli, Ibiskos Editrice Risolo, pp. 97-140.