Alla vigilia del suo passaggio di consegne con il Cardinale Scola, Tettamanzi ha rilasciato un’intervista a Famiglia Cristiana, piena di contenuti e lungimirante per la portata della sua visione sociale.
In primis, è da rilevare una considerazione amara che lascia spazio alla sensazione che Tangentopoli non abbia insegnato nulla alla politica. Oggi come allora, infatti, la politica milanese è complice delle stesse commistioni e delle stesse azioni illegali dei tempi che furono. La lezione non solo non è servita, ma si evidenzia la non volontà di affrontare e risolvere una questione morale che lacera il paese. Forse si farebbe meglio ad affermare che Tangentopoli sia un’emergenza rientrata, ma non curata, come il peggiore dei tumori che non provoca un decesso istantaneo, ma una lunga e progressiva agonia, rimanendo incurabile.
Milano è una città molto cambiata, sottolinea il Cardinale, ma con un progressivo impoverimento economico delle famiglie, una crescente disaffezione alla politica, il peggioramento della condizione giovanile. Contemporaneamente, in meglio, è cresciuta la solidarietà sociale, sono aumentate le opportunità formative e la voglia dei cittadini di dire la propria.
Tuttavia, tra risvolti negativi e positivi, c’è una costante che sembra essere l’unico vero elemento di continuità storica: ”Gli anni della cosiddetta Tangentopoli pare che qui non abbiano insegnato nulla”.
Ad allarmare il porporato è sicuramente la condizione giovanile. Le nuove generazioni sono senza prospettive concrete e sono entrati a tutti gli effetti tra le fasce deboli della popolazione, al pari di anziani e di immigrati.
Dionigi Tettamanzi, prima ancora di essere un uomo della Chiesa, è un uomo lungimirante ed aperto, per non dire illuminante e illuminato. Non potrà non mancare ad una Milano che è matrigna di quella politica incapace di unire un paese e di guidarlo nel rispetto delle leggi e di comportamenti etici.
La capitale economica d’Italia, da tempo, è regredita, caduta in mano a nuovi barbari razzisti che, con il dito alzato, incitano alla violenza sociale le popolazioni del nord, salvo poi omologarsi al malcostume in quella Roma definita ladrona. Contestualmente è da quella ricca borghesia milanese che nasce il partito dell’imprenditore televisivo che usa la democrazia come strumento di affermazione personale e la strumentalizza per ottenere una legittimazione sociale inconcepibile anche nei peggiori regimi oligarchici.
E’ per questo che acquistano ancor più valore, frasi facilmente condivisibili, senza stupore e meraviglia in un contesto normale, come quelle di Tettamanzi, che avverte: “Chi governa dovrebbe avere il coraggio e la determinazione di impostare le manovre economiche assicurando una vera speranza ai giovani, all’infanzia, alla scuola. Se vogliamo che il futuro del Paese sia migliore, è qui che occorre indirizzare le energie”.
E’ inutile affermare che quando un uomo di Chiesa parla ad un popolo senza l’arroganza della verità rilevata, ma con il buon senso di un attento padre di famiglia, questo non possa che far bene all’intera comunità a prescindere dal credo o dalla confessione.