Dipendenza da videogiochi. E pure io mi sono trasformata in una contadina (virtuale).

Creato il 14 novembre 2013 da Chiamatemi Lucrezia @fabfer31

Ho vissuto un dramma. E ve ne parlo soltanto ora che l’emergenza è finita. Ora che le pecore hanno smesso di produrre lana, le zucche di crescere e il forno di pasticceria di cuocere  torte ai mirtilli. E ve ne parlo per dirvi che, se siete nella mia stessa condizione, se ne esce. Si può fare, basta impegnarsi un pochino.

Perchè…ebbene sì, per quanto abbia sempre e fermamente respinto qualsiasi invito a giocare a Farmaville e altri giochetti del genere…ce so’ rimasta ’ncastrata pure io, e per qualche giorno mi sono trasformata in una contadina! No, è chiaro, non ho fatto alzatacce, nè indossato tuta e scarpacce… (percaritàdeddio), ma vi assicuro che l’impegno era lo stesso. Lo giuro! Davvero!!!
E per questo ringrazio i miei dolcissimi mini-nipotini(“£”$%&/()=£@#!!!), che a forza di scaricare app dal mio Ipad mi hanno trascinata nel bucolico mondo di “Hai Day”.

Per chi non lo sapesse ”Hai Day” è una fattoria virtuale dove, di livello in livello, si ha la possibilità di comprare terreni, ararli e iniziarli alla coltura di cereali o piante, comprare pollai e galline, ovili e pecore, stalle e mucche. E passare poi la giornata a raccogliere uova, lana e latte. O, ancora, a tagliare grano da riutilizzare per la produzione di mangimi per galline, canne da zucchero per produrre zucchero, o indaco da impiegare nel telaio e produrre camicie blu…! Tutta merce da vendere, volendo, sulla “bancarella sulla strada” o comprare dal “giornale di annunci” e guadagnare così denari, da spendere a loro volta per acquistare bestiame e ricominciare così il ciclo di produzione. Un circolo vizioso, insomma. Un tunnel senza uscita. Una droga.

Una droga che – saranno stati i suoni, i colori, o la sfida co’ non so chi – per giorni ha disturbato le mie giornate (e non sto scherzando). D’un tratto le mie proccupazioni non erano più lavorative, sociali o relazionali. Ero in ufficio e mi chiedevo ”Chissà se il latte è pronto”, andavo in palestra mi preoccupavo di sapere se la pancetta si era fatta, se i campi di soia - che impiegava tre ore per crescere - si eran o infoltiti o se il telaio avesse finito di tessere le camicie bianche. Manco me chiamassi Penelope!!!
Per giorni sono andata a caccia di quel chiodino in più che mi consentisse di allargare il granaio - e mettere così da parte più merce - anzichè dell’ultimo paio di scarpe firmate Christian Louboutin. E lo ammetto: ho tentato di scaricarmi l’app pure sul telefonino (ma non avendo l’I-phone non è stato possibile) per seguire il raccolto stando ”comodamente” sul tapis roulant, o imbottigliata nel traffico. E se questa non è pazzia…poco ce manca!

Poi ad un certo punto la situazione si è aggravata. Di molto. E quando, oltre a trascorrere il mio tempo libero con l’Ipad in mano, ho cominciato a leggere le ore con la meridiana, seguire le fasi lunari, e muovermi guardando le stelle, ho capito che dovevo disintossicarmi, o avrei cominciato ad andare in giro vestita come Martufello!

E voi capite…sì?!

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