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Diplomazia ecclesiastica: Grecia, Russia e oltre

Creato il 27 marzo 2015 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Diplomazia ecclesiastica: Grecia, Russia e oltre

Il governo guidato dal partito Syriza è un caso isolato all’interno dell’Unione Europea. Tuttavia, non troppo distante da esso, si trova la Russia: una Nazione che si è detta pronta a offrire un supporto incondizionato a questa nuova forza politica presente ad Atene. Questa posizione rende la faccenda interessante: il nuovo Governo greco è di sinistra e decisamente laico, mentre la Federazione Russa rappresenta il successore legale, ma non ideologico, dell’ex Unione Sovietica. Qual è dunque in questo caso l’anello mancante? Le righe che seguono possono mettere in luce alcune delle peculiarità che caratterizzano questi collegamenti sottostanti, forse poco visibili ma certamente molto antichi.

Utilizzando le parole del drammaturgo africano Wole Soyinka: “Quel che la politica demonizza, la cultura umanizza”. In regioni quali il Medio Oriente e l’Europa Sud-orientale che presentano, senza dubbio, peculiarità socio-politiche alquanto intricate, la politica è spesso sovraccaricata dalla presenza di fattori culturali; e la religione rientra sempre nell’ambito della cultura. La religione e la politica sono tra loro intrecciate in modo inestricabile sin dall’alba della civilizzazione umana. E, in molte decisioni, l’ultima parola è spesso spettata ai leader religiosi, in ragione del fatto che detengono un potere socioculturale che travalica i limiti temporali. O, come conclude in modo notevole il prof. Anis H. Bajrektarevic trattando dei nessi casuali nel suo ‘manifesto del buddhismo quantico’: «La realtà deve essere il risultato di un’interazione complessa tra la coscienza e l’ambiente circostante».

Questo accade spesso, e in modo particolare nel Medio Oriente, nella regione euro-mediterranea, nell’Europa Sud-orientale e, ovviamente, in Grecia, dove le politiche religiose hanno sempre rivestito un ruolo centrale nei rapporti tra gli Stati e all’interno di questi. Un caso che merita un’attenzione speciale riguarda la Chiesa greco-ortodossa, e il ruolo che questa ha giocato, nel corso della storia quanto in tempi recenti, in qualità di mediatore interconfessionale nella regione.

Prima di entrare nello specifico vorrei chiarire che quando mi riferisco alla cristianità propria della Chiesa greco-ortodossa, intendo definire l’ortodossia greca come una manifestazione tanto spirituale quanto culturale, capace di raggiungere attraverso le sue varie istituzioni l’Europa, gli Stati Uniti, il Nord Africa e il Medio Oriente.
Tra queste istituzioni, le più importanti e influenti sono il Patriarcato di Gerusalemme, il Patriarcato di Alessandria e il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, oltre alle comunità monastiche del Monte Athos, di Santa Caterina nel Sinai e di Gerusalemme.

Lungo il corso dei secoli queste istituzioni sono state molto influenti, e hanno contribuito a plasmare l’attuale aspetto dell’ortodossia greca: ne hanno mantenuto vive le tradizioni e i valori per secoli, operando in posti apparentemente estranei, se non addirittura ostili, al pluralismo religioso. Nonostante tutte le avversità e le circostanze geopolitiche in perenne mutamento, i greco-ortodossi sono riusciti a guadagnarsi il rispetto e l’accettazione da parte di molteplici tradizioni religiose, sviluppando in questo modo la capacità di mediare numerosi accordi politici, servendosi, in particolare, del dialogo interconfessionale quale strumento della propria diplomazia.

Da un certo punto di vista, la Chiesa greco-ortodossa è stata quasi costretta a sviluppare e perfezionare questa sua capacità di utilizzare il dialogo interconfessionale quale strumento di comunicazione, tanto con i suoi amici che con i nemici: questo si rendeva infatti necessario per la sua stessa sopravvivenza.

Le competenze acquisite con il trascorrere dei secoli, così come i canali di comunicazione creati, si sono rivelati utili fino ai giorni nostri, e possono ora essere utilizzati per trasformare il panorama politico in Medio Oriente e in Europa. Nel corso delle mie ricerche, sono giunta alla conclusione che l’ortodossia greca presenti alcune delle caratteristiche tipiche di un mediatore internazionale di successo. Ne ho identificate in particolare cinque, che vorrei ora condividere con voi.

La prima caratteristica è la legittimità. La legittimità è un fattore cruciale per un mediatore, dal momento che lo aiuta a essere riconosciuto e accettato come tale dalle parti in conflitto. La Chiesa greco-ortodossa deriva la sua legittimità dalla familiarità con le diverse culture e dalla sua conoscenza delle dinamiche politiche e sociali in atto nei paesi nei quali opera. Lasciate che mi spieghi.

Ogni negoziato politico è anche, necessariamente, un evento culturale: come tale riflette le idee e la percezione che le persone hanno del mondo e di loro stesse. Sono dunque le identità socioculturali, costruite da ognuna delle parti coinvolte in un conflitto o in un negoziato, a guidare e definire i termini di questi. Capire le modalità con cui le identità si formano è un passo essenziale per gestire con successo un processo di trasformazione di un conflitto.

Da questo punto di vista, la Chiesa greco-ortodossa vanta una profonda conoscenza e comprensione della storia nazionale e regionale, e della cultura delle varie società in cui è presente. Più importante: conosce la lingua rispettivamente usata nei negoziati. Questo è reso possibile in ragione del fatto che l’ortodossia greca vanta una relazione positiva con ognuna delle tradizioni religiose e le identità socioculturali coinvolte, grazie alla sua lunga presenza, sempre rispettosa e discreta, nelle società all’interno delle quali opera. Quando agisce nel campo della mediazione interconfessionale, è dunque riconosciuta come un’intermediaria legittima.
L’elemento della legittimità diventa, conseguentemente, la fonte su cui costruire un rapporto di fiducia, altra delle caratteristiche essenziali che fanno della Chiesa greco-ortodossa un mediatore interreligioso di successo. Senza la presenza di questa fiducia, la Chiesa greco-ortodossa non potrebbe mai essere accettata come mediatore dalle parti in conflitto, e la fiducia non è certo un sentimento che si stabilisce nell’arco di qualche mese: servono secoli perché possa manifestarsi e svilupparsi. È proprio la fiducia dunque l’elemento chiave della potenza diplomatica della Chiesa greco-ortodossa.

A questo bisogna aggiungere che la Chiesa greco-ortodossa presenta se stessa come un attore neutrale e imparziale, e così al contempo è anche percepita dagli altri. La ragione di questo sta nel fatto che la sopravvivenza stessa dell’ortodossia, tanto nel passato come nel presente, è dipesa dalla capacità di mantenere un certo status quo tra le varie parti, cosa che richiede per sua stessa natura di essere un osservatore neutrale e imparziale. Un ulteriore aspetto della potenza diplomatica della Chiesa greco-ortodossa è la sua capacità di promuovere istanze politiche avanzate da altri attori (possiamo vederne un buon esempio nei monaci del Monte Athos, utilizzati nell’ultima campagna elettorale di Putin per appellarsi al sentimento religioso, etnico e nazionalista degli elettori).

L’ortodossia greca possiede inoltre una vasta rete di contatti, sviluppata grazie alla diaspora e ai Metropoliti. Grazie a questa rete può facilmente fungere da “canale di ritorno” per i funzionari statali, in particolare nel momento in cui numerosi problemi gravano sulle relazioni politiche. Ritengo che guardare al coinvolgimento nel corso della storia nella diplomazia interreligiosa sia fondamentale per capire il ruolo giocato dalla Chiesa greco-ortodossa in qualità di mediatore; e sono molte le nazioni nelle quali questo ruolo è stato influente. Vorrei dunque illustrare alcuni degli esempi più preminenti.

Guardando alla storia moderna, un ruolo essenziale è stato giocato dalla Chiesa greco-ortodossa durante la Guerra fredda. Tanto per cominciare, gli Stati occidentali l’hanno promossa come contrappeso spirituale e culturale all’Unione Sovietica e all’ortodossia russa. A questo proposito, è indicativo il fatto che dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica gli Stati ortodossi post-sovietici abbiano scelto di sottomettersi alla guida spirituale del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, invece che al Patriarcato di Mosca. Era di grande importanza, tanto per questi Stati quanto per i loro interlocutori in Occidente, che questi rompessero i legami con le politiche sovietiche e con la Chiesa russo-ortodossa.

Era proprio la Chiesa greco-ortodossa l’attore diplomatico ideale in grado di ottenere che queste Nazioni venissero attratte nell’orbita europea, garantendo, al contempo, che la Chiesa ortodossa russa si trattenesse dal compiere scelte che avrebbero provocato ulteriori tensioni nell’area. Questo è stato possibile, in particolare, perché la Chiesa greco-ortodossa vantava stretti legami e una storia di cooperazione di successo con le chiese appartenenti alla cristianità occidentale (non dobbiamo dimenticare, a questo proposito, che la Chiesa greco-ortodossa è stata anche tra i membri fondatori del Consiglio ecumenico delle Chiese, oltre che essere una grande sostenitrice del Movimento ecumenico). Al contempo, la comunità del Monte Athos presentava buoni canali di comunicazione con i leader politici e religiosi russi.
Queste medesime caratteristiche, hanno oggi la potenzialità di far giocare un ruolo positivo all’ortodossia greca, in qualità di mediatore interconfessionale, per stabilizzare le attuali agitate relazioni internazionali tra Russia, Ucraina, Unione Europea e Stati Uniti.

L’Egitto rappresenta un altro esempio della diplomazia interconfessionale propria della Chiesa greco-ortodossa. In questo caso, sono la Comunità di Santa Caterina nel Sinai e il Patriarcato di Alessandria ad aver giocato per secoli un ruolo centrale nella mediazione dei conflitti intra-statali tra i musulmani e le comunità copte. Ancora una volta la ragione sta nella capacità della Chiesa greco-ortodossa di essere percepita come un mediatore legittimo e affidabile, visto in particolare che l’intero popolo egiziano riconosce l’ortodossia greca come parte della propria storia e cultura. Durante i periodi di pace, ad esempio, era consuetudine che la comunità greca in Egitto osservasse il digiuno insieme ai musulmani durante il periodo di Ramadan. Allo stesso modo, sono i nomadi locali a proteggere il Monte Sinai nei periodi caratterizzati da agitazioni. Anche dopo la recente rivoluzione e i continui cambi di regime, la legittimità della Chiesa greco-ortodossa in qualità di mediatore rimane forte in Egitto.
Il Patriarcato di Gerusalemme rappresenta forse il punto chiave in termini di potenzialità su cui la diplomazia interconfessionale greco-ortodossa può contare nel Medio Oriente. Il Patriarcato è servito a dare continuità alle caratteristiche dell’ortodossia greca per oltre 1.700 anni. Rappresenta uno dei mediatori più apprezzati nei conflitti arabo-israeliani: non soltanto perché possiede legittimità morale e neutralità, ma anche perché è uno dei più grandi proprietari di terre attorno all’area di Gerusalemme. Sia gli Israeliani che i Palestinesi preferiscono che sia il Patriarcato a possedere la terra, evitando così il bisogno di contendersela l’un l’altro, e fornendogli al contempo la capacità di fungere da potenza di compensazione nella regione.

Andando oltre la semplice influenza materiale, sono anche altre le ragioni di cruciale importanza che contribuiscono a rendere i greco-ortodossi dei mediatori legittimi, credibili e imparziali all’interno del Medio Oriente. Prima tra queste il fatto che l’ortodossia greca è percepita in modo molto positivo nell’inconscio collettivo delle popolazioni mediorientali, indipendentemente dalla loro fede, grazie al fatto che la Chiesa greco-ortodossa non ha mai partecipato alle crociate, e che la Grecia non è mai stata una potenza coloniale. Inoltre, il mondo arabo-islamico vede l’ortodossia greca come parte integrante della propria età dell’oro: è stata testimone del progredire della cultura araba partecipando al contempo al suo sviluppo, in particolare attraverso la conservazione e la promozione dell’antica scienza e filosofia greche. È utile notare come la maggior parte dei lavori di ristrutturazione di chiese lungo il Medio Oriente e il Nord Africa vengano finanziati in buona parte dalle famiglie reali arabe. E, cosa altrettanto interessante, all’inizio della crisi finanziaria in Grecia, la prima mossa della Chiesa greco-ortodossa è stata quella di viaggiare in Qatar per negoziare dei potenziali investimenti arabi per la disastrata economia greca. Questo dimostra chiaramente quanto profondi siano la comprensione e il rispetto reciproco tra le due culture e le rispettive tradizioni religiose, e di quanto sia estesa la rete di contatti politici della Chiesa greco-ortodossa all’interno del mondo musulmano.

Anche il popolo ebraico, dall’altro lato, è sempre stato coinvolto nel corso dei secoli in un dialogo culturale positivo e proficuo con la civiltà greca. Inoltre, anche nel momento in cui l’opinione pubblica nei confronti di Israele non era generalmente favorevole, la politica diplomatica adottata dalla Grecia nei confronti dello Stato ebraico non è mai cambiata, contribuendo dunque alla creazione di un senso di fiducia tra Israele e i greco-ortodossi.
Ultimo, ma non certo per importanza, è il caso del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e del suo ruolo nelle relazioni tra Turchia, Europa e Grecia, del quale vorrei fare una menzione speciale. Sebbene ci si potrebbe aspettare che il Patriarcato agisca in qualità di mediatore nelle comunicazioni tra i Turchi e i Greci, al fine di contribuire alla gestione dei conflitti e alla riconciliazione tra i due popoli, questo in realtà ha dimostrato sempre neutralità e piuttosto una posizione di osservatore passivo!

Ciononostante, grazie al Patriarcato Ecumenico e alla grande cooperazione diplomatica che si è andata sviluppando con il Governo turco nel corso dei secoli, la Turchia ha acconsentito alla riapertura di diversi monasteri greco-ortodossi nel suo territorio. Quel che ne è risultato è stato un aumento dei pellegrini greco-ortodossi che, oltre a dare nuovo impulso all’economia in alcune località della Turchia, ha anche promosso una maggiore interazione con le popolazioni locali e reso possibile lo sviluppo di ponti culturali che, si spera, porteranno anche a una maggiore comprensione tra le due Nazioni. Il Patriarcato Ecumenico, inoltre, agisce quale organo diplomatico della politica estera turca. Per fare un esempio, questo è uno dei principali mediatori religiosi a Bruxelles per la promozione del futuro europeo della Turchia; utile anche avendo in mente l’avanzamento del proprio status giuridico all’interno dell’Unione Europea. Pare legittimo sostenere, in conclusione, che il Patriarcato Ecumenico promuova una visione positiva della Turchia, e dell’Islam in generale, in Europa.

Come illustrato dai numerosi riferimenti alle attività in campo interconfessionale promosse dai greco-ortodossi, appare evidente quanto sia grande la portata del loro potenziale nel campo della diplomazia internazionale. Sfortunatamente, lo Stato greco non ha mostrato un approccio strategico strutturato nei confronti dell’ortodossia greca all’esterno dei propri confini. La ragione è stata che si trovava sempre a dover concentrare la propria attenzione su questioni politiche più urgenti. Si è trattato, tuttavia, di una politica miope, dal momento che l’ortodossia greca, con i suoi canali diplomatici interstatali e interconfessionali, avrebbe potuto offrire alla Grecia numerosi vantaggi strategici nella diplomazia internazionale. Sarebbe saggio per l’attuale governo, così come per quelli futuri, sviluppare una politica coerente di lungo periodo per quanto concerne l’ortodossia greca, pensata almeno in termini di decenni e non solo per il singolo anno in corso.

(Traduzione dall’inglese di Giulio Ferracuti)


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