Magazine Cultura
Ormai ogni parola uscita dalla penna di David Foster Wallace rappresenta per me una fonte di gioia. Mi pento amaramente di non aver scoperto prima questo straordinario autore, ma sembra che certa letteratura deve sempre e comunque restare ad appannaggio di pochi e fortunati eletti, almeno in Italia. Peccato che il più delle volte si tratta di autori e di opere che celebrano l’uomo in tutta la sua meravigliosa e iperbolica quotidianità: il perenne stato di anonimato nel quale vive, la noia che lo accompagna costantemente e i silenzi che lo circondano. In Dire mai e altri racconti, piccolo estratto dalla raccolta “La ragazza con i capelli strani” edita da Minimum Fax, uscito per la collana “Racconti d’autore” del Sole24ore, David Foster Wallace ci restituisce un fedele e intenso ritratto dei suoi contemporanei.Nel primo racconto, Per fortuna il funzionario commerciale sapeva fare il massaggio cardiaco, Wallace si cimenta in un interessantissimo elogio dell’uomo medio per eccellenza: l’impiegato. La piccola formichina che lavora senza sosta, senza ricercare gloria, riconoscimenti, aumenti o una pacca sulla spalla, mosso dal puro dovere, mai dalla passione e perennemente sottomesso al destino che l’ha relegato fra le quattro mura del suo cubicolo. Wallace, in questo breve racconto, ci mostra cosa accade quando il suddetto ha la possibilità di cimentarsi in un’impresa, a limite con l’eroico, e uscire dall’anonimato. Vediamo quindi che l’azione e il ritmo frenetico, che dovrebbero scandire il racconto, sono trasferiti all’interno, nella sfera d’azione intima del nostro protagonista, mentre tutto ciò che ne è al di fuori è, paradossalmente, totalmente isolato dalla scena. Wallace sembra dirci che non esiste azione, cambiamento o atto di ribellione che potrà regalare, a chi è incastrato nell’infernale meccanismo della vita moderna, una tregua al suo perenne senso di incompiutezza e oppressione. Come scrive il protagonista dell’ultimo racconto della raccolta, Dire mai, prima o poi anche quel cambiamento verrà inglobato nella routine, anche quell’atto in apparenza trasgressivo, eroico e pieno di vita verrà svuotato e gettato nell’anonimo mare del presente. Wallace non ci farà quindi sapere neanche come andrà a finire la faccenda, perché qualsiasi cosa succederà si trasformerà, inevitabilmente, in “vita quotidiana”. In La ragazza con i capelli strani, invece, Wallace mette in scena un’altra caratteristica tipica dell’uomo contemporaneo: l’incredibile iperbolicità della sua mente. Il racconto è un lungo, iperbolico e paradossale monologo interiore, nel quale un eccentrico e misterioso protagonista illustra al lettore la sua distorta e per nulla ordinaria visione della vita. Se è vero che questo tipo di narrazione rientra in quel movimento che la critica ha etichettato come “realismo isterico”, secondo il mio modesto parere, con questo racconto Wallace ci vuole mostrare come il distacco dal grande magma dell’anonimato è puramente interno e trova spazio solo nel pensiero. Apparentemente infatti il nostro protagonista si accompagna con personaggi eccentrici e singolari, e lui stesso sembrerebbe fatto della “stessa pasta”, ma sono solo il suo punto di vista e la sua visione distorta a raccontarci del suo mondo, dei suoi amici e della sua vita. Lo stesso protagonista, infatti, nella sua quotidianità e nel ruolo che riveste, non rivelerà mai le sue tensioni e i suoi impulsi. O almeno così sembra. L’abilità di Foster Wallace, quindi, sta nell’aver sapientemente rappresentato manie, isterie, ansie e paure dei suoi contemporanei indagandole dall’interno, con uno stile nervoso, ipotattico, ma dal linguaggio semplice.Questi tre piccoli racconti sono solo un assaggio dello stile e del genio di questo straordinario autore. La raccolta La ragazza con i capelli stani, dai quali i racconti sono stati tratti, è considerata il manifesto poetico di Wallace. Rappresenta quindi una lettura ideale per i neofiti e una piccola dose del genio di David Foster Wallace per i suoi accaniti lettori. Alla prossimaDiana
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