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DIRITTO DI FAMIGLIA Cassazione. Figlio fuori sede, coabitazione salva.

Da Maurizio Picinali @blogagenzie

Cassazione. Coabita con il genitore assegnatario della casa familiare anche il figlio maggiorenne che se ne allontana per studiare fuori sede, purché vi torni se gli impegni glielo consentono. L’assenza di quotidiana convivenza, infatti, non recide il vincolo di coabitazione, se resta uno stabile collegamento con la propria residenza. Lo afferma la Corte d’appello di Caltanissetta, con la sentenza 120/2013 del 23 maggio. Ad aprire il caso, è il ricorso proposto da una madre, contro la decisione del Tribunale che, in sede di separazione, aveva conferito la casa coniugale al marito. Secondo la donna, la pronuncia andava riformata, perché occorreva considerare la sua coabitazione con la figlia maggiorenne, studentessa universitaria.DIRITTO DI FAMIGLIA Cassazione. Figlio fuori sede, coabitazione salva. La frequentazione dell’ateneo in un’altra città – precisava la donna – non era circostanza idonea a far ritenere cessato il rapporto di convivenza con la prole. Non solo. Di lì a breve, la ragazza, prossima alla laurea, non avrebbe neanche più avuto necessità di seguire assiduamente i corsi.Il padre, però, si opponeva: sua figlia dimorava stabilmente nella capitale per diversi mesi all’anno, in un appartamento in affitto. A mancare, in sostanza, sarebbe stato un legame costante con la casa assegnata alla coniuge, dove la ragazza rientrava in modo saltuario. La Corte d’Appello non concorda. L’allontanamento di un figlio maggiorenne dalla casa familiare, anche per considerevoli periodi di tempo, non è di per sé «idoneo a recidere il vincolo di coabitazione con il genitore». I giudici richiamano come precedente una sentenza della Cassazione: per ritenere integrato il requisito della convivenza, secondo la Corte, occorre che il ragazzo, anche se frequentemente distante da casa per motivi di studio o di lavoro, mantenga un collegamento stabile con l’abitazione dell’assegnatario, tornandovi «ogniqualvolta gli impegni glielo consentano» (Cassazione, sentenza 11320/05).Si perderà il diritto di abitare nella casa familiare, dunque, solo in caso di irreversibile allontanamento del figlio (Cassazione, sentenza 11218/13) o di «saltuario ritorno» per i week-end, riconducibile a un mero «rapporto di ospitalità» (Cassazione, sentenza 4555/12). Rimarrà invece l’attribuzione della casa, se le assenze della prole sono motivate da esigenze di formazione o lavorative (Cassazione, sentenza 14348/12). Il rapporto di filiazione – ricorda la Corte in motivazione – può essere più spesso caratterizzato, in presenza di peculiari e personali interessi del figlio, specie se maggiorenne, da una sua presenza solo saltuaria. Ipotesi in cui, si legge, «non può ritenersi che sia venuto meno il requisito della coabitazione». Una soluzione opposta contrasterebbe, annotano i giudici, con «i legittimi interessi e diritti del figlio allo studio e, dall’altro, con il diritto per questi di conservare, fino a successive, diverse e definitive scelte di vita, il legame con il genitore e l’abitazione».Fonte: Selene Pascasi – Il Sole 24 Ore


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