Disapprovo ciò che dici, ma difenderò sino alla morte il tuo diritto di dirlo

Creato il 20 febbraio 2011 da Giancarlo
La frase riportata nel titolo è stata scritta alcuni secoli addietro da François Marie Arouet, passato alla storia con il nome di Voltaire. L'originale francese è: "Je ne suis pas d'accord avec ce que vous dites, mais je me battrai jusqu'à la mort pour que vous ayez le droit de le dire".
I miei pochi, ma affezionati lettori, dopo queste poche righe, si chiederanno dove voglio andare a parare, anche in virtù del lungo testo che si apprestano a leggere.
Voglio parlare di intolleranza. Quella cieca, assoluta, senza possibilità di contraddittorio, che proprio il grande illuminista francese ha così sapientemente descritto in vari testi, sopra tutti spicca il Trattato sulla Tolleranza (Traité sur la tolérance à l'occasion de la mort de Jean Calas), e la tragedia “Maometto ossia il fanatismo (Le fanatisme, ou Mahomet le propheète).
In questa tragedia, Voltaire, alcuni secoli prima di Oriana Fallaci, con il suo bistrattato “La rabbia e l'orgoglio”, descriveva magistralmente l'intolleranza cieca e assoluta di una fede, che può essere religiosa, politica, sportiva tra quelle più note e violente.
Tornando al Trattato sulla Tolleranza bisogna ricordare al lettore perché e quando venne scritto. Nel 1761, a seguito del suicidio del primogenito tale Jean Calas non volle informare le autorità delle modalità della morte, per evitare le esequie infamanti come prescriveva la chiesa in quel periodo, e dichiarò che trovarono il figlio morto, strangolato da qualche sconosciuto.
Poiché la famiglia era protestante, il consigliere municipale sparse la chiacchiera che il ragazzo voleva convertirsi al cattolicesimo. Tanto bastò per mettere in moto un ingranaggio terribile. Per prima cosa il giovane venne sepolto come martire, con il feretro scortato da decine di preti in bianco e attorniato da una folla immensa.
Immediatamente dopo Jean Calas venne sottoposto a processo, e condannato a morte senza che la sentenza venisse motivata. Dopo il verdetto il parlamento, a supremo oltraggio, ordinò anche la tortura della ruota, quando ormai non sarebbe servita a estorcere confessioni, ma solo per dare un lucido esempio agli altri protestanti. Al termine della tortura venne strangolato ed infine bruciato.
I figli di Jean Calas vennero esiliati, e uno di essi, Pierre, si reco a Ginevra per incontrare Voltaire, dove convinse il filosofo sull'innocenza del padre. Da qui nacque, nel 1763, il trattato “Trattato sulla tolleranza in occasione della morte di Jean Calas” (Traité sur la tolérance à l'occasion de la mort de Jean Calas), e quindi la famiglia riusci ad essere ricevuta a Versailles dal re Luigi XV. Il consigliere municipale che aveva contribuito a montare le false accuse venne destituito, e nel 1765 Voltaire riuscì ad ottenere la revisione del processo, che riconobbe l'innocenza del Jean Calas, il quale venne riabilitato.
Ora vado a spiegare questa lunga premessa.
Poiché negli ultimi anni della mia vita ho scelto di dedicarmi, nei pochi minuti liberi, alla divulgazione di quello che credo sia bene, mi sono trasformato in blogger e scrivo i miei pensieri o espongo le mie idee ai pochi pazienti lettori che mi seguono.
Per questa attività, oltre al blog utilizzo anche le cosiddette Reti Sociali tra cui spiccano Twitter e Facebook. A volte, in questi due aggregatori di amicizie vengono proposte nuove amicizie, ed è sufficiente cliccare su un apposito link per lanciare la richiesta di amicizia ad una persona che neppure sai in che parte del mondo si trovi.
E cosi faccio saltuariamente. Fino a che ho cliccato sul link di Mahomet le propheète (ometto il nome originale, ma lo pseudonimo rende l'idea). Questi, almeno inizialmente, educatamente, mi ha chiesto chi ero.
Ovviamente ho risposto, indicando anche il mio blog, perché un poco di pubblicità non guasta. Guai a voi, anime prave!.. diceva un famoso personaggio magistralmente descritto dal Divino Poeta fiorentino. Infatti la risposta ricevuta è stata simile a cotanto livore: “... che io non solo non leggo ma disprezzo....non abbiamo proprio niente in comune
Disprezzo!!! Niente in comune!!! Parole che rendono onore a Caronte, non certo ad una persona, di qualsiasi livello sociale e culturale esso sia. Letto tale risposta ho subito sprangato la porta, nel timore che giungesse il caro vecchio Lavrentji Beria, con i suoi uomini del NKVD per scortarmi alla Lubianka, sottoponendomi ad una sessione di sedia con elettrodi e randellate sull'apparato genitale, con un successivo trasferimento in qualche campo di rieducazione nella Madre Russia ricreato appositamente per me (visto che almeno ufficialmente non esistono più).
Qui mi tornano in mente le parole di Voltaire, parole che l'utente di Facebook che o chiamato Mahomet le propheète sicuramente non conosce, o magari odia. Perché il cieco oltranzismo la bieca intolleranza senza contradditorio spiccano con lettere di fuoco da quelle poche righe di risposta.
“..non leggo ma disprezzo...”, come si può disprezzare una cosa che non si legge? Che non si conosce? La domanda non è lapilassiana, ma deriva da una constatazione ovvia. Non si può disprezzare ciò che non si conosce, a meno che il “Capo Popolo” non dica che è da disprezzare, a priori. Chi disprezza senza conoscere è come l'asino con il paraocchi, che volta nella direzione ordinata dal “Capo Popolo” tirando una redine o l'altra. Aumenta la velocità quando viene frustato e rallenta quando viene ordinato.
Una pecora nell'ovile. Avete mai visto le pecore, quando transitano per un passaggio dove si trova un ostacolo (un'asse). Le prime pecore saltano l'ostacolo, e cosi fanno quelle che seguono. Ma quando togli l'ostacolo, le pecore che sopraggiungono saltano ugualmente, perché quella davanti saltava e così via, come si comporta Mahomet le propheète, salta perché quelli davanti saltano, ma non ne conosce il motivo, lo fa meccanicamente, come un ingranaggio che gira perché altri ingranaggi, a cui è collegato, girano. Umiliante!
A questo punto, per concludere, e per non annoiare i miei pochi ma fedeli lettori, che comunque non hanno la presunta pazienza di Giobbe, vado a concludere, rivolgendomi all'utente di Facebook che come già detto chiamo Mahomet le propheète chiedendogli di diventare un essere umano, perché sempre il Divino Poeta affermava “fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtude e canoscenza”.
E le bestie brute ubbidiscono al padrone, ed eseguono i suoi ordini passivamente, una persona segue la virtù (quando esiste) e la conoscenza, e non disprezza ciò che non conosce, ma valuta con il proprio discernimento il giusto e l'errato, senza dover dipendere per i suoi giudizi dal “Capo Popolo”.
E da questo “Capo Popolo” che istiga, come quel famoso consigliere comunale francese, i processi alla Jean Calas, dove si giudica e condanna e solo in base all'interesse politico o religioso, senza nessuna necessità di prove ed addirittura senza il reato, ma solo in base a chiacchiere, ai si dice, ai pettegolezzi ed alle malignità.

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