Negli ultimi mesi, i componenti della III commissione Bonifiche della regione Campania, insieme ai tecnici dell’Arpac, ai comitati cittadini ed i sindaci, hanno effettuato vari sopralluoghi presso le discariche dei Comuni del Parco Nazionale del Vesuvio, in particolare tra le discariche di Cava Sari di Terzigno, Porcilaia (Torre del Greco – Trecase), Fungaia (Somma Vesuviana – Ottaviano). Il 9 gennaio toccò a quelle di Cava Montone e Amendola – Formisano ad Ercolano, i cui sopralluoghi furono effettuati dal reparto NOE dei carabinieri, dalla Polizia Municipale, dal sindaco Strazzullo, dalla Rete dei Comitati Vesuviani e dai rappresentati regionali di Legambiente.
Ieri, l’organo consiliare presieduto dal democrat Antonio Amato, attraverso un comunicato stampa, ha tirato le somme. Per quanto riguarda Cava Montone di Ercolano, ha dichiarato: “A cava Montone (Ercolano) sequestrata dalla Magistratura, sono state ritrovate e disotterrate decine di tonnellate di fusti con rifiuti pericolosi di probabile provenienza dal nord Italia con pezzi di lamiera riferibili ad un intero rimorchio, il sopralluogo è stato effettuato con l’autorizzazione della Magistratura e con il supporto dei carabinieri del Noe. Anche nel Parco nazionale del Vesuvio, come confermato dalle dichiarazioni dei pentiti, la camorra ha avuto un ruolo primario nella gestione del ciclo dei rifiuti “ legale” e per lo sversamento di rifiuti speciali pericolosi provenienti da fabbriche locali ma anche e soprattutto da industrie del nord”.
Nella relazione che sarà inviata ad Alessandro Bratti, presidente della commissione parlamentare bicamerale sulle Ecomafie, viene menzionato Renzi, in quanto la “problematica ambientale del Parco Nazionale del Vesuvio” deve interessare in maniera diretta il governo nazionale. Alla luce del disastro ambientale vesuviano, lo stanziamento di 5,7 milioni di euro (soldi tra l’altro ancora non disponibili) è stato definito “un palliativo”, senza alcuna per risolvere la situazione “che quel territorio e la sua popolazione vive da innumerevoli anni.”
“Non è possibile consentire che queste risorse siano spese per altri inutili consulenze. É necessario che si stabiliscano priorità circa il controllo, le caratterizzazioni, la messa in sicurezza , il prelievo di cumuli di rifiuti speciali (soprattutto amianto) sparsi per il territorio con relative bonifiche”: queste le parole di un organo istituzionale, da cui è difficile dedurre perché vengono accusati di allarmismo tutti coloro (attivisti nell’ambiente o organi di stampa) che ogni giorno si pongono la questione al centro di ogni discussione. Oltretutto è difficile capire attraverso quali percorsi mentali, dinnanzi all’evidentissimo strazio che vivono molte famiglie, si possa anche solo sfiorare l’idea che questi ultimi siano i fautori di uno stato d’allarmismo senza alcun fondamento. A maggior ragione la commissione ritiene che “l’area del Litorale vesuviano in cui insiste il Parco del Vesuvio si elevi a questione nazionale ritornando normativamente e nei fatti ad essere riclassificata come Sito di Interesse Nazionale (SIN)”. Per SIN si intendono quelle grandi aree classificate come le più pericolose da un punto di vista ambientale e che richiedono bonifiche del suolo, del sottosuolo e delle acque marine.
L’impegno della commissione sarà dunque quello di istituire tavoli operativi con il Parco, i sindaci e stakeholder territoriali (portatori di interessi, a nome di un azienda o un progetto) e concordare altri sopralluoghi nell’area interessata per far si che la voce disperata del territorio arrivi in qualche modo allo Stato centrale, che da decenni non fa altro che guardare altrove.
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Disastro discariche ad Ercolano: ecco il punto della situazione
Creato il 21 febbraio 2015 da Vesuviolive
Negli ultimi mesi, i componenti della III commissione Bonifiche della regione Campania, insieme ai tecnici dell’Arpac, ai comitati cittadini ed i sindaci, hanno effettuato vari sopralluoghi presso le discariche dei Comuni del Parco Nazionale del Vesuvio, in particolare tra le discariche di Cava Sari di Terzigno, Porcilaia (Torre del Greco – Trecase), Fungaia (Somma Vesuviana – Ottaviano). Il 9 gennaio toccò a quelle di Cava Montone e Amendola – Formisano ad Ercolano, i cui sopralluoghi furono effettuati dal reparto NOE dei carabinieri, dalla Polizia Municipale, dal sindaco Strazzullo, dalla Rete dei Comitati Vesuviani e dai rappresentati regionali di Legambiente.
Ieri, l’organo consiliare presieduto dal democrat Antonio Amato, attraverso un comunicato stampa, ha tirato le somme. Per quanto riguarda Cava Montone di Ercolano, ha dichiarato: “A cava Montone (Ercolano) sequestrata dalla Magistratura, sono state ritrovate e disotterrate decine di tonnellate di fusti con rifiuti pericolosi di probabile provenienza dal nord Italia con pezzi di lamiera riferibili ad un intero rimorchio, il sopralluogo è stato effettuato con l’autorizzazione della Magistratura e con il supporto dei carabinieri del Noe. Anche nel Parco nazionale del Vesuvio, come confermato dalle dichiarazioni dei pentiti, la camorra ha avuto un ruolo primario nella gestione del ciclo dei rifiuti “ legale” e per lo sversamento di rifiuti speciali pericolosi provenienti da fabbriche locali ma anche e soprattutto da industrie del nord”.
Nella relazione che sarà inviata ad Alessandro Bratti, presidente della commissione parlamentare bicamerale sulle Ecomafie, viene menzionato Renzi, in quanto la “problematica ambientale del Parco Nazionale del Vesuvio” deve interessare in maniera diretta il governo nazionale. Alla luce del disastro ambientale vesuviano, lo stanziamento di 5,7 milioni di euro (soldi tra l’altro ancora non disponibili) è stato definito “un palliativo”, senza alcuna per risolvere la situazione “che quel territorio e la sua popolazione vive da innumerevoli anni.”
“Non è possibile consentire che queste risorse siano spese per altri inutili consulenze. É necessario che si stabiliscano priorità circa il controllo, le caratterizzazioni, la messa in sicurezza , il prelievo di cumuli di rifiuti speciali (soprattutto amianto) sparsi per il territorio con relative bonifiche”: queste le parole di un organo istituzionale, da cui è difficile dedurre perché vengono accusati di allarmismo tutti coloro (attivisti nell’ambiente o organi di stampa) che ogni giorno si pongono la questione al centro di ogni discussione. Oltretutto è difficile capire attraverso quali percorsi mentali, dinnanzi all’evidentissimo strazio che vivono molte famiglie, si possa anche solo sfiorare l’idea che questi ultimi siano i fautori di uno stato d’allarmismo senza alcun fondamento. A maggior ragione la commissione ritiene che “l’area del Litorale vesuviano in cui insiste il Parco del Vesuvio si elevi a questione nazionale ritornando normativamente e nei fatti ad essere riclassificata come Sito di Interesse Nazionale (SIN)”. Per SIN si intendono quelle grandi aree classificate come le più pericolose da un punto di vista ambientale e che richiedono bonifiche del suolo, del sottosuolo e delle acque marine.
L’impegno della commissione sarà dunque quello di istituire tavoli operativi con il Parco, i sindaci e stakeholder territoriali (portatori di interessi, a nome di un azienda o un progetto) e concordare altri sopralluoghi nell’area interessata per far si che la voce disperata del territorio arrivi in qualche modo allo Stato centrale, che da decenni non fa altro che guardare altrove.
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