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Dischi stellari a grana grossa

Creato il 25 maggio 2015 da Media Inaf
Rappresentazione artistica di un disco protoplanetario attorno a una giovane stella. Crediti: Gemini Observatory/AURA /Lynette Cook

Rappresentazione artistica di un disco protoplanetario attorno a una giovane stella. Crediti: Gemini Observatory/AURA /Lynette Cook

Un gruppo internazionale di scienziati guidati da Mike Chen dell’Università canadese di Victoria ha scoperto che i grani di polvere dalla cui aggregazione si originano i pianeti possono formarsi prima di quanto si pensasse finora. Lo stesso Chen presenta oggi i risultati della ricerca alla conferenza annuale della Società canadese d’Astronomia, in svolgimento a Hamilton in Ontario, non lontano dalle cascate del Niagara.

Le nubi molecolari, freddi addensamenti di gas e polveri, sono il luogo dove nascono le stelle. Un parto che viene indotto proprio dal collasso gravitazionale di gas e polveri,  che dà alla luce – è proprio il caso di dire – una stella. Una stella circondata da quella che potremmo immaginare come una placenta ancora gravida, ovvero un anello residuo di polveri e gas, noto come disco protoplanetario. In quel grembo cosmico posso eventualmente formarsi i pianeti del neonato sistema stellare.

«A seconda delle condizioni presenti all’interno del disco protoplanetario, i grani di polvere lì contenuti sono in grado di crescere, prima come grandi rocce, e poi come veri e propri pianeti», spiega Chen. «Quello che gli scienziati finora non sapevano era se la crescita di questi grani avvenisse tutta all’interno del disco protoplanetario, oppure se i grani potevano crescere altrove prima di ricadere nel disco».

Svariate osservazioni hanno infatti mostrato che i grani di polvere all’interno dei dischi protoplanetari sono molto più grandi di quelli rintracciati nel gas sparso all’esterno delle nubi molecolari. Tuttavia, pochissime sono le misure fatte per determinare le dimensioni dei grani di polvere nelle regioni circostanti i dischi.

«Ciò che rende queste misurazioni particolarmente difficili è che richiedono osservazioni della luce emessa dalla polvere a più lunghezze d’onda, che vanno da lontano infrarosso alle microonde», dice Chen. «Come se questo non bastasse, le misure sulle regioni di formazione stellare risultano utili solo se sono in grado di coprire grandi aree con sufficiente risoluzione».

Recentemente l’osservatorio spaziale Herschel ha fornito incredibili mappe di vicine regioni di formazione stellare con sensibilità e ampiezza di copertura senza precedenti. I pur ottimi dati di Herschel da soli, tuttavia, non erano sufficienti per effettuare le misurazioni sulla granulometria, coprendo solo le lunghezze d’onda del lontano infrarosso. Per risolvere questo problema, gli astronomi hanno combinato i dati Herschel con le osservazioni del telescopio a microonde James Clerk Maxwell Telescope (JCMT), situato a oltre 4.000 metri sul vulcano quiescente Mauna Kea, alle Hawaii.

Grazie a una nuova tecnica sviluppata all’Istituto Max Planck di Heidelberg, in Germania, Chen e collaboratori sono stati in grado di combinare le osservazioni di Herschel e del JCMT sulla Nube molecolare di Perseo, scoprendo che effettivamente esistono grandi grani di polvere negli addensamenti di gas al di fuori dei dischi protoplanetari, sassolini che possono raggiungere dimensioni nell’ordine di grandezza dei centimetri.

«Se questi grossi grani che abbiamo osservato sono effettivamente prodotti al di fuori dei dischi protoplanetari e sono anche in grado di ricadervi dentro durante il processo di formazione stellare, allora possono costituire una vantaggiosa situazione iniziale per la formazione dei pianeti», conclude Chen. «In tal caso, uno dei primi passi nel processo di edificazione di un pianeta può svolgersi più in fretta di quanto abbiamo finora ritenuto».

Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini


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