My Bloody Valentine “mbv”
C’hanno messo 22 anni, Kevin Shield e compagni, per sfornare un disco nuovo. Non so, se volevano potevano aspettare ancora un po’. Alla faccia del carpe diem, i My Bloody Valentine hanno fatto sospirare parecchio per un seguito all’acclamato Loveless del 1991. La cosa bella del nuovo "mbv" è che non suona come un album troppo meditato, bensì fugge via in maniera naturale. Il risultato è un disco che fa sembrare come se il tempo si fosse fermato, come se questo disco arrivasse dritto dall’inizio degli anni Novanta. Come se i My Bloody Valentine non se ne fossero mai davvero andati e fossero sempre stati accanto a noi. Solo che ce ne eravamo dimenticati.
(voto 8/10)
Foals “Holy Fire”
Holy shit, questo è un gran bel disco.
Il suo unico problema è che la canzone “My Number” è così figa, ma così figa che il resto del pur eccellente menù inserito appare per forza di cose leggermente inferiore. Eppure di altre cose squisite ne sono presenti, eccome, dall’esaltante “Inhaler” all’emotiva “Bad Habit”, dal loro solito math-rock di “Everytime” alla maggiormente atmosferica “Late Night”.
Gran disco nel complesso, ma in particolare “My Number” è troppo il numero più clamoroso sentito quest’anno.
(voto 7,5/10)
Torres “Torres”
Prima inaspettata e piacevole sorpresa dell’anno.
Claudia Durastanti su Indie for bunnies dice che “meriterebbe di diventare il Jagged Little Pill della sua generazione.” A livello commerciale non credo proprio potrà mai avere lo stesso impatto, eppure il disco d’esordio di questa 22enne di Nashville (che a sorpresa non suona musica country!) è di un’intensità emotiva pazzesca.Mackenzie Scott, in arte Torres. Segnatevi il suo nome. Da non confondere con quello del niño Fernando... (voto 8+/10)
Joy Formidable “Wolf’s Law”
Un bel disco rock.
Negli anni ’90 avresti detto, con quello scazzo addosso da tipico adolescente nichilista post-nirvaniano: “E allora? Sai quanti ce ne sono…”
Oggi invece ascoltare un bel disco rock è come vedere un bel nuovo film firmato da Spielberg o una tigre siberiana o, che so io?, un’altra specie di quelle in estinzione.
Una rarità formidabile da assaporare come merce preziosa. Soprattutto in tempi di crisi, del rock e non solo del rock.
(voto 8/10)
Everything Everything “Arc”
Creativi, schizofrenici, a volte geniali (come nel pezzo tossito “Cough Cough”), altre meno. Gli Everything Everything sono uno di quei gruppi che si sono scelti un nome assolutamente azzeccato, un po’ come gli Zero Assoluto. Gli Everything Everything sono Tutto Tutto: un po’ Radiohead, ma più spensierati e cazzari, un po' come i Super Furry Animals dei bei tempi andati, un po' rock, un po' pop, un po' indie. Al loro secondo disco dopo l’interessante Man Alive continuano a convincere più con le singole canzoni che sulla lunga distanza di un intero album. Il potenziale comunque c’è tutto e a loro manca poco per diventare davvero di Tutto Tutto e di più.
(voto 7/10)
"Sono un vero gangsta rapper duro e puro, yo!
Però guardate quanto è tenero questo gattino. Mi si scioglie il cuore..."
A livello musicale, nel calderone ASAP ci butta dentro di tutto, tra aperture all’elettronica e al pop, al suono dubstep (il trip assoluto di "Wild for the Night" con Skrillex) e pure alla musica indie ("Hell" con Santigold), in quello che appare fin da subito il disco hip-hop in senso lato più completo ed esaltante dell’anno. Lunga vita ad A$AP Rocky. (voto 7,5/10)








