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Che lo si voglia ammettere o no, come dicevano certi autori cyberpunk, la rete è una sorta di vita a sé stante. Talmente a sé stante che pure noi, in essa, possiamo finire per diventare altre persone, crearci una nuova identità o tarare la nostra vita secondo nuove schemi dei quali essere padroni assoluti. Il che non è un male, sia chiaro. Sono delle opportunità che questa nuova vita moderna è in grado di fornire, quindi non vedo perché non approfittarne. Solo che bisogna saperle usare. Sono opportunità molto vaste e voluminose sotto le quali è possibile rimanere schiacciati e farsi del male. Fondamentalmente, si corrono gli stessi rischi della vita vera. Anche nella vita di tutti i giorni abbiamo di fronte a noi una vastità tale di scelte che, se agiamo male, finiamo per poterci fare del male seriamente, ma si differenzia da quella reale per una grande differenza: è reale. Lascia sensazioni e contatti, e soprattutto, a un certo punto arriva a essere senza filtri. Perché interagire (e anche amare) da un monitor può essere troppo facile da potersi dire 'vissuta', come esperienza. Con questo non voglio dire che a vita virtuale sia sbagliata, solo che va minimizzata. Come la Nutella. Che quando se ne mangia troppa, poi non ci si può lamentare del culone.
Seguiamo le vicende di un gruppo di persone che hanno la vita rovinata proprio da internet. C'è una giornalista che fa un servizio televisivo sui ragazzi delle sexychat, un ragazzo che si fa trollare da due suoi compagni di scuola che creano un account falso su facebook e una coppia che si fa fregare i soldi da un pirata informatico. Su questo film ho letto abbastanza in rete da farmi partire con degli strani e altalenanti pregiudizi. C'era chi lo bollava come il film definitivo di quest'anno appena iniziato, chi diceva che era una mezza schifezza, mentre altri asserivano che inizia molto bene per poi cadere in un'orgia di perbenismo sul finale. Io guardacaso, come mio solito, mi metto nel mezzo. Perché è vero, questo film inizia benissimo, peccato che poi arrivi quel finale - anzi, quei finali - maledetti. La regia di tal Rubin è lenta ma non per questo noiosa, diciamo che si prende il suo tempo per farci prima tastare il terreno. Vediamo i protagonisti introdotti con delle tempistiche statiche ma comunque molto azzeccate, e con poche scene ci vengono descritti alla perfezione. Vediamo i loro drammi ma soprattutto la loro incapacità di comunicare, cosa che mi rendo conto è molto diffusa in questo terzo millennio. Perché avremmo Facebook, avremo skype, msn, chat e controchat, ma alla fine abbiamo dimenticato qual'è la vera comunicazione. E so che questa sembra proprio una frase fatta da filosofo moderno di 'stamminkia, però è vero. Sembra che per la comunicazione ora serve entrare in uno spazio apposito, che la vita reale serva solo per respirare e fare delle mansioni quotidiane, lasciando che le cose più importanti vengano fatte attraverso la via virtuale. Quotidianamente mi capita di accorgermi quanto poco so delle persone che mi circondano, di scoprire con eterno ritardo un sacco di cose che non mi sono mai sognato di credere... e il bello è che è così per tutti, solo che i più sembrano non accorgersene. Nella mia [legittima, d'altronde sono pur sempre un essere umano] ignoranza però sembro accorgermi della cosa, ma mi inquieta molto vedere come molte persone tirino avanti in un sistema così malato e marcio da farmi credere che molte previsioni di certi film horror non siano del tutto casuali. E mi viene da credere che una riflessione simile sia potuta venire anche allo sceneggiatore Andrew Stern, perché il suo script sembra vertere proprio su queste tematiche così sentite da questa nuova generazione che sta ammorbando il mondo con post deprimenti e atti politici via meme. Tutit i personaggi di questo film infatti finiscono nei guai proprio per la loro incapacità di interagire, anche nella maniera più basilare, con il prossimo. Anche perché per evitare molti di quei guai sarebbe bastato un semplice discorso, una chiacchierata che però non avviene mai e conduce tutto al catafascio. Catafascio che è mostrato con de tratti di immensa umanità e delicatezza, senza mai esagerare nel grottesco autocompiaciuto e rientrando in un determinato standard che non fa shockare per quello che si vede ma per quello che si percepisce. Ed è in questi casi che questo piccolo prodotto indie mostra tutte le sue potenzialità, complici anche un gruppo di attori perfettamente calati nella parte (anche i più giovani) e che rendono credibile il tutto. Poi però, come già detto, arriva quel finale... un finale che nello scatenarsi mi aveva davvero elettrizzato per la sua potenza emotiva, ma che alla fine finisce per concludersi in una maniera fin troppo semplicistica (in tutti i casi) e decisamente perbenista. Ma stranamente non è riuscito a farmi infastidire fino in fondo. Perché va detto che spesso nella vita le piccole verità stanno proprio nelle cose scontate od ovvie, e che se tali cose vengono mostrate con una certa grazia, sono rese in maniera decisamente più indolore. O come in questo caso, tutta la bellezza vista prima anziché causare lo scontro, riesce ad attutirlo.Alla fine è un film che avrebbe potuto ambire a molto altro, ma che finisce per essere una cosa che va presa per quello che è. Non so perché, ma a fine visione mi è venuta una strana voglia di iscrivermi a una chatroom...Voto: ★★★
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