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Discordanze sulla Concordia

Creato il 21 gennaio 2012 da Tnepd

Discordanze sulla Concordia

Discordanze sulla Concordia
Come ogni grande evento, anche l’affondamento della Costa Concordia è pregno di dissonanze, siano esse frutto degli accadimenti com’anche del pruriginoso discuterne che li segue.

La contraddizione più evidente è il fatto in sé. Un investimento di denaro da decine di milioni di dollari che centra uno scoglio. Può capitare, va detto, ma è davvero molto improbabile. Le ragioni per cui è improbabile che sulle coste italiane una nave del genere si rompa così sono principalmente due. La prima è tecnica: la strumentazione di bordo impedisce per default che ciò accada.

Chi avesse l’ardire di navigar per mare sa che, al giorno d’oggi, gli strumenti anticollisione sono installati fin anche sui più piccoli cabinati. La mia barca, che è più bella ma più modesta e incomparabilmente meno costosa della Costa Concordia, ne ha tre: il navigatore GPS, il radar e l’ecoscandaglio.

Il primo conosce perfettamente la distanza che separa la prua della barca da qualsiasi cosa sopra al pelo dell’acqua – in tutto il pianeta – tant’è che mi avvisa se mi avvicino eccessivamente alla costa, ad uno scoglio e persino ad un’altra imbarcazione in movimento. In quest’ultimo caso, il mio navigatore economico standard prevede la mia rotta e quella dell’imbarcazione che rischio di incrociare entro due miglia nautiche e mi avvisa del pericolo.

Il radar svolge più o meno quest’ultima funzione per altre vie e non mi dilungo.

Il compito dell’ecoscandaglio è di sondare il fondo marino. Sullo schermo di un normale ecoscandaglio – che taluni chiamano sonar – si possono vedere non solo gli scogli in avvicinamento, ma persino i pesci, grandi e piccini.

Sulla mia barca, tra questi strumenti e la ruota del timone ci sono io. Se per ore non guardo gli schermi, se mi addormento, se non sento i segnali acustici che indicano l’approssimarsi di un pericolo, allora può succedere che io vada a schiantarmi contro uno scoglio o una petroliera. Ma sulla costosissima – benché orribile a vedersi – Costa Concordia, tra gli strumenti ed il timone, in quel caso, non c’era nessuno.

“Ah! Ah! Lo dicevamo noi che il comandante stava in cabina a farsi fare un suflone dalla moldava!”

No, o meglio, sì. Possibile che il comandante fosse in cabina – ogni lasciata è persa – o altrove e non in plancia. Ciò non toglie che, nel momento in cui la nave avesse preso un vettore in rotta di collisione con uno scoglio, il computer di bordo avrebbe assunto il controllo di timoni e motori, automaticamente. Lo ripeto: è roba che si installa anche su barche da otto metri.

Discordanze sulla Concordia

L’evidenza di questa prima contraddizione è corroborata da uno spassoso articolo odierno in cui il becero Bertolaso, fu inetto capo della protezione civile, insiste nel voler dare lezioni di sicurezza agli altri. “Bastava un’app dell’iphone…” dice lui, sempre attento a coltivarsi l’elettorato giovane.

Proseguiamo. La seconda ragione per la quale la Costa Concordia non poteva centrare uno scoglio è una ragione umana. S’è detto che il turpe Schettino non stava dove doveva stare, che non era al timone e che – per l’appunto – aveva la testa altrove. Beh! Cosa ci raccontate? Che il comandante sta al timone ventiquattr’ore al giorno, solo come un cane in torretta? Cos’è? Pirati dei Caraibi?
Lasciatevelo dire. Il comandante di una nave del genere, al timone, non ci sta quasi mai. E se ci sta, di certo non è solo in plancia.

Dunque. Mentre lo scoglio si avvicinava alla chiglia della Concordia, di fronte alla strumentazione di bordo c’erano svariate persone in camicia e pantaloni bianchi. Nessuno ha guardato il GPS. Nessuno ha sbirciato lo schermo dell’ecoscandaglio che là, poco oltre, sembrava il grafico dello spread. Il radar era spento perché quel bip bip dava noia. Erano tutti voltati verso la tivvù a guardare le estrazioni del lotto.

Ma fatemi il piacere.


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