Magazine Cultura
Tutti abbiamo iniziato da qualche parte.
Io quando c'era la disco music iniziavo parecchie cose della mia vita.
Riviste all'indietro eran tutte cazzatelle ma vissute ai tempi parevano robe importanti.
Il primo bacio, le prime uscite serali, i primi locali, i primi dischi.
E pensare che ero già un rocker. Comprati Rolling Stones (Black and Blue) e Led Zeppelin (Presence) ascoltati qualche volta e poi messi via coi miei capelli alla Allen Collins. Nessuno dei miei amici teen ager li conosceva cacchio.
E quindi giunse il dancefloor. Almeno per 2 o 3 anni non ci fu niente altro, tranne qualche canzone di cantautori nostrani che riusciva a "bucare" anche la mia giovanissima generazione (es. Musica Ribelle di Finardi). Poi tornai a cose differenti, crescendo anagraficamente.
Posteròpperò di tanto in tanto qualche pezzo "disco", un genere semplice e diretto nato a latere della musica black ma ben presto sviluppatosi in innumerevoli filoni indigeni e autoctoni, anche in Europa e persino in Italia (chi si ricorda gli Easy Going di Paul Micioni è benemerito). Un genere che nella sua "povertà" ebbe alcuni meriti.
Introdusse per esempio diversi elementi nuovi per il music business, tipo i grandi produttori di suoni (moroder, soccio, morali, poncia) che ebbero modo di influenzare non solo il genere disco.
Sdoganò completamente il "gay world" che apparve in tutto il suo variopinto potenziale (come avrebbero potuto esistere le Scissor Sisters 30 anni dopo, sennò?).
Lanciò personaggi di caratura interessante e destinati a rimanere sulla cresta dell'onda anche e dopo la morte della Disco (Donna Summer, for instance).
Insomma la Disco non era niente di che ma aveva un suo perchè.
E soprattutto fu la colonna sonora dei miei "inizi". C'era quella come soundtrack impossibile sfuggirle.
Mi piace ricordarla in questa serie di post con cui vi ammorberò, con alcuni pezzi non troppo noti (non metterò You make me feel di Sylvester o Macho Man dei Village People o I will survive di Gloria Gaynor, per dire).
Pezzi però di "qualità" capaci di tirare in pista migliaia di persone (vi ricordate le maxi discoteche?) con suoni da leccarsi le orecchie e, appunto, produzioni avanti di brutto.
SUPERSTAR di Bob McGilpin è indubbiamente uno di questi pezzi. Sentite il sound secco e asciutto della batteria ci sono dischi di rock degli stessi anni prodotti da cani oppure la (vera) sezione archi come introduce il pezzo ma anche le parti quasi completamente percussive che servivano ai diggei per cambiare pezzo mixandolo con uno di analoga ritmica.
Spero di avere qualche lettore di nicchia che sappia capire la natura di questi post e ne comprenda la natura che non è celebrativa di alcunchè di artistico ma ha tutto il sapore dell'amarcord.
See ya.
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