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DISCREDITO E DERISIONE nella cosiddetta “scrittura nuragica”.

Creato il 11 novembre 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

DISCREDITO E DERISIONE nella cosiddetta “scrittura nuragica”.di Massimo Pittau. Egregio maestro Pilloni,  premetto che sono almeno stupito nel constatare che, venendo io incontro al suo  duplice invito a prendere di petto la questione della supposta “scrittura  nuragica”, Lei mi ha risposto con una evidente ironia e con una non larvata  sufficienza.

1) Comunque Lei è stato  sfortunato a buttarsi nel campo della “filosofia del linguaggio”, ritenendo di  darmi lezioni sull’argomento, dato che io ho pubblicato, parecchi decenni fa,  anche due opere che avevano ottenuto la “segnalazione” in due differenti “Premi  Nazionali per opere di filosofia”, Il  linguaggio – i fondamenti filosofici, Brescia, La Scuola Editrice, 1957 e Filosofia e linguaggio, Pisa, Cursi  Editore 1962. E anche una terza: Problemi  di filosofia del linguaggio, Cagliari, Fossataro 1967 (tutti esauriti). In  base a quegli studi ritengo di essere in grado di giudicare che sull’argomento  Lei si è mosso con notevole difficoltà. Ma vengo ad argomenti molto più  specifici ed appropriati.

2) Per la diretta esperienza  della Sua professione di insegnante di lingua italiana (e probabilmente anche di  quella sarda), Lei sa bene che, quando l’uomo parla, emette dal suo apparato  fonatorio “brani di linguaggio”, cioè sequenze o nastri o strisce di suoni  orali. Ebbene, nella placchetta di Tzricottu è in grado Lei di indicare quei  brani o quelle sequenze, dove iniziano e dove finiscono e in quale direzione,  dalla sinistra alla destra oppure dalla destra alla sinistra, dall’alto in basso  o viceversa? Sa spiegare la ragione dei brani della seconda placchetta inseriti  in quelli della prima e dei brani della terza e della quarta placchetta inseriti  nei brani della prima e della seconda? È in grado Lei di presentare esempi  simili presi da altre lingue e da altre scritture?

Più in generale, in virtù  della sua esperienza in problemi di lingua, trovi un qualsiasi brano della  cosiddetta “scrittura nuragica” e mostri di saperlo delucidare e spiegare nei  suoi esatti valori linguistici: grafici, fonetici e semantici. Questo Le chiedo  dato che nessuno ha finora mostrato di saper fare questa pure semplice  delucidazione.

3) In base al principio di  Giacomo Devoto – che Lei dice di accettare del tutto – sul valore  imprescindibile del supporto materiale rispetto a una ipotetica iscrizione, non  sono sicuramente “iscrizioni nuragiche” i segni che compaiono sui seguenti  supporti:

a) La lastra di Barisardo è  chiaramente un’antica ancora, nella quale pertanto una iscrizione non avrebbe  alcuna ragione di essere. I segni che essa presenta saranno il semplice effetto  del suo raschiamento effettuato sugli scogli.

b) Nella fusarola di  Palmavera esposta nel Museo Archeologico di Sassari – che è molto rudimentale – non avrebbe alcuna ragione di essere una iscrizione. Per i segni di volute  capricciose, appena leggermente graffiate ma non incise, occorre troppa buona  volontà per scambiarli per segni di scrittura. Essi possono essere l’effetto di  raschiamento con qualche oggetto appuntito infilato nel medesimo sacco (rinunzio  pertanto a dichiararlo un “falso”).

c) Nel masso informe del  nuraghe Losa non avrebbe ugualmente alcuna ragion d’essere una iscrizione. Esso  presenta solamente informi corrugamenti della pietra, nella quale invece non c’è  affatto alcuna incisione.

d) Nel manto di una  sacerdotessa raffigurata da un bronzetto nuragico non ha alcuna ragione d’essere  una iscrizione. Non si è infatti mai saputo che in una qualsiasi religione i  paramenti di sacerdoti e di sacerdotesse presentassero segni di  scrittura.

4) Se Lei accetta la tesi  che quella supposta nuragica sia una “scrittura a rebus, di tipo iniziatico”, non si accorge di accettare la tesi che i Nuragici scrivessero esclusivamente  per la riviste di “enigmistica” e inoltre solamente per i “messaggini criptati” dei fidanzatini di Iª media?

5) Io ho già scritto che  quella della scrittura è stata una delle più difficili “invenzioni” dell’uomo,  alla quale hanno partecipato, col passare dei secoli, molte generazioni di  uomini e molti popoli. Tanto è vero che nessun popolo si è mai vantato di averla  inventata per primo e in maniera esclusiva. Io ho già scritto di ritenere che i  Protosardi non si siano mai inventati una loro “scrittura nuragica nazionale” per la medesima ragione per la quale una “scrittura nazionale” non se la sono  inventati neppure quei popoli di avanzatissima civiltà, che sono stati i Greci,  gli Etruschi e i Romani. È cosa accertata infatti che i Greci hanno preso la  scrittura o alfabeto dai Fenici, gli Etruschi l’hanno presa dai Greci e i Romani  dagli Etruschi. Quale mai ragione di fondo potevano avere i Nuragici a crearsi  una loro “scrittura nazionale”, quando in effetti essi avevano a disposizione la  scrittura fenicia, quella greca, quella etrusca e quella  latina?

Ebbene, coloro che, maestri  o professori sardi, giornalisti o medici, insistono nell’affermare che invece i  Nuragici si sono inventati la loro “scrittura nazionale” non lo fanno di certo  con prove reali, ma lo fanno perché spinti, anche in forma inconsapevole, da un “malinteso spirito nazionalistico sardo”. E non si accorgono di fare correre con  ciò il rischio reale di discreditare il grado di cultura dei Sardi e di far  ridere i forestieri alle nostre spalle.

Featured image tondo con affresco romano, del 50 circa, di donna con libro e stilo (cosiddetta “Saffo”) proveniente da Pompei (Napoli, Museo Archeologico Nazionale).

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