Magazine Diario personale

Disintossicazione

Creato il 22 dicembre 2015 da Denise D'Angelilli @dueditanelcuore

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Ogni volta che dalla mia bocca esce la parola “disintossicazione”, vedo gli occhi delle persone che ho di fronte cercare i buchi sulle mie braccia. No, non solo non ho nessun buco sulle braccia e no dai, non ci credo che pensiate davvero che esista solo quel tipo di disintossicazione, possiamo diventare tossici per un sacco di cose, più di quante voi crediate. Ok sì dico sempre che nella vita avrei voluto nascere Winona Ryder, ma non mi piace ricevere le occhiate che riceve lei in Ragazze Interrotte. Un sacco di cose mi rendono una persona tossica, una su tutte è l’amore. L’amore mi fa andare in botta, da sempre, e io la maggior parte del tempo dell’anno duemila quindici l’ho passato proprio così, con le famose farfalle nello stomaco, con la testa fra le nuvole, con il poco appetito e gli occhi rossi. L’amore fa bene se è ricambiato, se sano, se fa sorridere, altrimenti è un amore tossico come quello del film, e se è così bisogna disintossicarsi. Come Linsday Lohan, come Amy Winehouse che non ci voleva andare, come qualunque altra persona del maledetto showbiz, tutti abbiamo bisogno di disintossicarci da una persona, almeno una volta nella vita. Ci sono sicuramente delle scorie radioattive che dobbiamo buttare fuori dal nostro corpo per evitare che continuino a farci avere le allucinazioni. Perché non esiste una clinica di disintossicazione dall’amore? L’amore non è forse la più grande forma di ossessione? L’ossessione non è forse quella cosa dalla quale ci dobbiamo curare, in qualche modo? Non ci si deve disintossicare dalle ossessioni? Qualcuno che ci faccia una bella croce sul cuore, e chi si è visto si è visto. Oh, certo, lo so che da fuori sembriamo tutte ridicole, ma non ci provate a prendermi in giro, sto solo dando voce ai vostri pensieri e ai vostri disagi. Lo so che facciamo tutti gli stessi gesti, che siamo maniaci del controllo, che non vogliamo sapere per non stare male ma se non sappiamo stiamo male ancora di più. Questa è la nostra condanna, e non c’è da vergognarsi. Innamorarsi non è mica una colpa.

Se una clinica del genere esistesse, io ci andrei di corsa. Andrebbe più o meno così:

“Salve, io sono qui per disintossicarmi”

“Da che? Alcool? Droghe? Problemi con il cibo? Psicofarmaci? Social Network?”

Ma oh, ‘sta stronza nemmeno mi guarda in faccia, (perché è così che immagino le tipe in quel tipo quel tipo di segreteria, scocciate, che ne hanno viste di ogni, che danno tutto per scontato). Ma io sono una che perde la pazienza molto facilmente, quindi attenta stronza che nun ce metto gnente a sputatte in faccia (semi cit.) Rispondo “no” a tutte le sue domande, tutte. Ok ogni tanto bevo troppo e poi devo stare una giornata intera a letto o vado in ufficio truccata come la sera prima, fumo e non solo le sigarette, alterno momenti di dieta ferrea a due pizze con le patatine fritte sopra, sono stata depressa e il telefono è nelle mie mani anche di notte, ma riesco a gestire il tutto da 26 anni. E insomma questa continua a non guardarmi e a fissare il pc dove probabilmente si sarà messa come sfondo una foto a petto nudo di Raoul Bova, ma io non ho il filtro tra la testa e la bocca e quindi, un po’ come Samantha Jones quando deve andare a prendere appuntamento per la chemio dalla super guru del campo, le dico “Vede, gentilissima signorina che nemmeno mi guarda in faccia, io devo disintossicarmi da una persona”. Allora ‘sta stronza finalmente alza gli occhi  e mi dice “ha una storia d’amore violenta?” “Ma no, ho una storia d’amore a senso unico.” Ho come l’impressione che non ci abbia capito un cazzo di quello che le sto dicendo, ma mi molla in mano una pila di fogli. Ci sono già stata in un posto come questo, lo so a memoria quello che devo scrivere. Compilo quella decina di fogli quasi a occhi chiusi ed entro nella stanza. Ho provato la terapia di gruppo una volta sola e mi ha fatto schifo, se sei come me è già difficile parlare dei fatti tuoi a una persona che è pagata per farlo, figuriamoci dire tutto di fronte a gente che nemmeno conosci e che se ne sta lì, con quali occhietti stretti a fessura, pronti a fare no con la testa a qualunque cosa esca dalla tua bocca. Ecco, vorrei che uscisse un rutto, per farli tutti biondi. Ma mi siedo e aspetto, è una delle prime volte in vita mia che sono in anticipo, ma ovviamente è successo per caso. “Tu sei nuova, prego, presentati”. “Ciao, sono Denai, ho 26 anni e devo disintossicarmi da una persona”.

“Oh ma no vale, ma che cazzo vuoi, qua abbiamo problemi seri, una persona non è una droga, levati dalle palle”. E quindi io  a questo punto inizierai una lunga discussione su quanto non sia possibile decidere cosa ci rende ossessionati e tossici e cosa no, e soprattutto non è una gara a chi sta più male. Coglione. Esiste la dipendenza di serie a e di serie b? Davvero? È così che stiamo messi? E blablabla io merito di stare qui quanto te blablabla se ti fossi innamorato almeno una volta nella tua misera vita sapresti quanto si soffre e blablabla comizio elettorale stile Cetto Laqualunque. Sempre quel problema con la pazienza. “Poi vedi, caro emotivo anonimo nonché pezzente delle relazioni umane, io sono sicura che la storia che sto per raccontare l’abbia vissuta chiunque, almeno una volta nella vita. Tutti ci siamo innamorati. Poi certo, ognuno a modo suo, e sono piuttosto sicura che il mio modo non sia molto sano. Per questo sono qui. Ci ho provato da sola, ci ero anche riuscita, ci riesco sempre, solitamente. Anzi, fino a che non è arrivato lui avrei potuto tranquillamente tenere dei corsi. ‘Come fare a mettersi l’anima in pace’. Prima che tutte le mie solide certezze crollassero in un colpo solo, avevo una lista che avrei voluto stampare e distribuire alle mie amiche dal cuore spezzato.”
Ed è tutto vero, io, campionessa mondiale di farsene una ragione, campionessa olimpica di voltare pagina, che non faccio altro che elargire consigli agli altri su come superare le batoste amorose, sono rimasta incastrata. Niente, eravamo insieme su una nave, poi lui ha gettato l’ancora in mezzo agli scogli e mi ha lasciata lì, mentre lui è sceso.

“Cioè roba che io ieri sera ho preso il mio vecchio iphone, ho aggiornato whatsapp, mi sono letta le nostre vecchie conversazioni  e me le sono mandate via mail. Me le ricordavo tutte a memoria eh, parola per parola, ma sia mai un giorno me le dovessi dimenticare, stanno lì. E il problema è che mica ero triste, no no, mi piaceva un sacco. Insomma, io ci ho provato ad andare alla radice del problema e a disintossicarmi dai social, dai suoi social, ché io con i miei ci convivo benissimo. Non sono di certo una di quella che se va in vacanza prenota un posto in cui il telefono non prende e poi si vanta sui social dai quali voleva staccare di non avere connessione internet e di stare benissimo. Io, se voglio, spengo il cellulare per tot tempo senza problemi. Con i miei, però, con quelli delle altre persone ho il rapporto morboso che hanno tutti. Sto divagando, scusate. Ma ecco che cosa siamo diventati, persone che devono venire a disintossicarsi dal profilo instagram di una persona. Non tanto da lui stesso, quando ce l’ho davanti, alla fine, riesco a rimanere abbastanza lucida. È la mia voglia di averlo davanti agli occhi ventiquattro ore su ventiquattro sette giorni su sette a dover sparire. È la morbosità, la dipendenza, la sensazione di non poter sopravvivere senza. La compulsiva ricarica della sua pagina Facebook, il controllo dei tag, le geolocalizzazioni”.
È inutile che mi guardate ancora tutti come se io sia un’aliena, se vi fate un esame di coscienza state tutti come me.
“Un giorno ho avuto un’epifania: ho tolto l’ultimo accesso su whatsapp, perché lo vedevo connettersi e quindi parlare con chissà quale tumbrl girl ma non visualizzava nemmeno i miei messaggi. Non voleva parlare con me, era chiaro. Così ho tolto anche le spunte, dopo aver passato una settimana intera a fissare quelle di un messaggio che non aveva nemmeno aperto, ho pensato di impazzire. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Volevo addirittura bloccarlo come avevo già fatto con diversi stronzi, ma in fondo speravo ancora che potesse scrivermi qualcosa, un giorno, tipo scusa sono stato un uomo di merda, o anche solo ciao, fare finta di niente, magari erano solo paranoie mie. Ma in passato mi era successo di ricevere poi messaggi in cui mi si chiedeva ‘ma perché mi hai bloccato’ ogni volta affrontare quella conversazione era sempre una merda. E poi avrei dovuto bloccare anche il suo numero di telefono, le chiamate e gli sms, telegram, mandare tutte le sue mail in spam ma tanto sarei andata a controllare anche quella cartella. Tutto inutile. Ho pensato, però, che il detto ‘lontano dagli occhi, lontano dal cuore’ potesse funzionare. Era tanto che non avevo questa morbosità nei confronti di una persona, mi sono ritrovata a non saperla gestire. Ho rimosso questa persona dagli amici di Facebook, tanto non eravamo amici neanche nella vita vera. Non volevo vedere i suoi pensieri, non volevo vederlo taggato da qualcuno, da qualche ragazza, non volevo vedere la sua faccia. Poi ho defollowato questa persona da Instagram, non tanto per le sue foto, ma per la sezione “esplora”, quella maledetta, creata appositamente per alimentare la nostra voglia di sapere. Chi è questa stronza che si è beccata il suo like, gliel’ha messo tre minuti fa e io ho caricato una foto due minuti fa ma a me non l’ha messo, vabbé aspetto qualche minuto, niente, non arriva, ma arrivano altri suoi like ad altre tipe più belle di me, in costume da bagno, con i capelli lunghi, la pelle del viso perfetta, le pose giuste, io ho passato quaranta minuti a tirare fuori una foto che potesse piacergli e l’ho pubblicata esattamente nel momento in cui sapevo che lui era lì, online. Se non ho bisogno di disintossicarmi io, davvero, non so chi ne abbia”.

Tutto quello che ho fatto stavolta l’ho fatto già altre volte, e ha funzionato. Perché stavolta no?

“In realtà a volte mi sembra di essere già in rehab. Le persone intorno a me provano a dirmi quelle frasi che ho sentito tante volte e delle quali non me ne frega davvero una sega. Mi sento osservata, come se tutti stiano aspettando i miei fantomatici progressi. Quindi quel ragazzo nuovo ti ha scritto? Ci esci? Ci scopi? Quindi parli di un altro? A chi era riferito quel tweet? A chi era riferito quel post? Chiodo schiaccia chiodo? L’hai superata? Io faccio finta di sì, così che tutti si tranquillizzino. Perché in fondo, anche se non sembra, sono tranquilla pure io. Gestisco la mia dipendenza, ci convivo, non mi avvelena più come prima. Però me ne vorrei finalmente liberare. Siccome lo so che per la mia condizione non posso dire quattro ave maria come se fossi andata a confessarmi, che non c’è una pillolina colorata che faccia sì che io in un secondo dimentichi chi devo, dovevo per forza venire qua.”

Quella frase di Calcutta che dice “dovrò soltanto reimparare a camminare se non ci sei tu”. Quella. Dovrò soltanto reimparare a entrare su Facebook senza venire a cercare il tuo nome, se non ci sei tu.

Dopo tutto questo monologo della vagina, mi aspetto che quello stronzo che prima diceva che non avevo alcun merito per essere lì, mi faccia un sorriso. Secondo me ha capito. Poi il boss supremo, quello che deve dirci come affrontare le nostre difficoltà, prende la parola.

“Non c’è soluzione. Non c’è Ave Maria, non c’è pillolina, non c’è elettroshock. Se tu volessi dimenticarlo davvero, lo avresti già fatto”.

Eccola qua, la pizza in faccia. Giusto, forse le altre volte ci sono riuscita perché volevo, stavolta non voglio, altrimenti le mie azioni sarebbero molto diverse. Non gli chiederei come sta, non lo saluterei quando lo incontro, non gli vorrei bene. Quindi mi state dicendo che io sto così perché voglio effettivamente stare così? Perché mi piace stare male? Perché ho paura che se riuscissi a disintossicarmi, poi, mi sentirei incompleta? Quindi non passerà mai?

Se voi ce l’avete fatta, ditemi come. Di solito ho sempre la risposta ripiegata nella tasca dei jeans, stavolta le allieve devono superare la maestra.

Anche perché è quasi un anno che sono innamorata di lui, e adesso sono più che sicura che il rehab non servirebbe proprio a un cazzo.



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