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Disobbedienza civile?

Creato il 18 agosto 2013 da Alby87

Un po’ di background: siamo in Europa. L’Europa esce dal ventesimo secolo, il secolo dei totalitarismi, il secolo del potere assoluto dello stato che porta tutto alla rovina.

Conseguentemente, l’Europa al momento è spaventata dal potere dello stato. Questo vale principalmente per gli intellettuali, per i quali vi è una moda diffusa di avere il terrore per qualunque forma di ordine, di potere o di autorità, fosse anche l’autorità delle leggi della scienza o della logica. Insomma siccome non vogliamo che governi il serpente, ci abbarbichiamo al travicello, non pensando che magari ci possono essere anche vie di mezzo fra un pezzo di legno e un possente mostro assassino.

Conseguentemente ancora, a molti nostri intellettuali brillano gli occhi parlando di disobbedienza civile. Sembrerebbe che la disobbedienza civile sia un atto criminale che per qualche ragione, dicono costoro, dovremmo guardare con simpatia e solidarietà, addirittura ritenerlo magari legittimo.

Sono criminali, ma il fatto che siano criminali ce lo dobbiamo dimenticare; in questo caso sono criminali buoni, quasi dei martiri. Be’, non è così strano: se lo stato è cattivo infrangerne le leggi è un atto meritevole, o quanto meno simpatico. 

Disobbedienza civile?

Portare avanti questa posizione richiederebbe un’analisi stretta caso per caso del significato e dell’influenza del gesto in questione sia sul piano etico che sul piano politico. Questa gente che commette un crimine, perché in questo caso dovrebbe starci simpatica e non dovremmo chiamarla semplicemente criminale? Dovranno valere condizioni davvero eccezionali…

Invece no. Siamo di fronte ad un normale e legittimo strumento per intervenire nella dialettica politica. Siccome sappiamo che in Europa c’è stato il fascismo e il fascismo premeva molto sul rispetto dello stato e delle regole, e il fascismo era il Male, allora diventa necessario produrre un set di condizioni del tutto banali rispettate le quali diventa accettabilissimo infrangere la legge. Le condizioni in questione sono di solito le seguenti:

  • Motivazione etica superiore
  • Assunzione di responsabilità di fronte alla legge
  • Assenza di violenza

Insomma se uno a volto scoperto mi brucia la macchina con la motivazione che sono gay, e accetta di sottoporsi a processo (ma nel frattempo si fa pagare dalle sue associazioni avvocati che nessun criminale comune potrebbe permettersi, portando avanti campagne per “sensibilizzare l’opinione pubblica” al suo triste caso, e intervenendo sul potere giudiziario tramite propri infiltrati per ottenere una sentenza favorevole), dato che lui

  • ha una motivazione etica superiore
  • si assume la responsabilità di fronte alla legge andando in carcere, e
  • non mi ha sfiorato il corpo neanche con un dito,

dobbiamo chiamarlo non criminale, ma “disobbediente”. E suppongo che questo dovrebbe portare con sé un’ondata di romantica solidarietà per questo eroe moderno.

Ovviamente queste sono tutte stronzate. La motivazione etica superiore non esiste, l’etica è frutto di una dialettica sociale; nessuno al mondo può ritenersi depositario a priori di un’etica superiore, può solo PROPORLA come tale. E d’altro canto se davvero si è eticamente superiori, non si vede la ragione per cui si dovrebbe subire passivamente le conseguenze dell’infrazione alla legge; se sei così nel giusto da poterti mettere contro la secolare struttura sociale e politica del tuo paese, sei anche abbastanza superiore da poterti sottrarre alla sua punizione, se ci riesci. L’assenza di violenza poi è un parametro semplicemente insensato: danneggiare la proprietà è una violenza, interrompere un servizio pubblico è una violenza, intralciare il normale svolgimento delle attività dei cittadini è una violenza, e queste sono considerate forme ordinarie di disubbidienza civile. Non sei mica violento solo quando ci scappa il morto (o quanto meno il contuso), anzi, se mi incendi un auto da ventimila euro o rovini il mio lavoro di anni mi fai un danno molto più grosso di quello di un pugno in un’occhio.

In generale nessuno di questi parametri, né tutti quanti insieme, mi portano a provare una qualche simpatia per il perpetratore del crimine. A meno che non sia uno che porta avanti efficacemente (grande enfasi su “efficacemente”) i miei interessi. E grazie al cazzo che mi sta simpatico allora, ma per tutti gli altri è un criminale e basta, e non c’è alcuna ragione per cui dovrebbero pensare che è un nobile martire.

Resta la valutazione etica, ovvero si afferma che ci siano leggi morali superiori, di cui un’élite di illuminati (tipo i naziskin) può farsi portatrice auto-concedendosi quindi una deroga alla legge. Insomma, ragazzi, delle leggi possiamo farne a meno, tanto siamo moralmente superiori, possiamo valutare da noi a quali obbedire e a quali no. Dannatamente italiano come ragionamento… Praticamente vuol dire che non ci sono leggi.

Restiamo sui significati evidenti e consequenziali all’atto criminale chiamato “disobbedienza civile”: tutto ciò che è vero del suo valore simbolico particolare è che essa sconfessa il processo sociale e politico che ha portato in essere la norma che viene infranta, e con esso destabilizza potenzialmente tutte le norme prodotte dallo stesso sistema con un processo analogo.

Si tratterebbe, insomma, di un atto davvero straordinario, da portarsi avanti solo in condizioni davvero straordinarie, laddove, ad esempio, sia stata proibita la possibilità di portare avanti una lotta politica per cambiare la legge con metodi legali.

Invece no. Il tentativo di caratterizzare la disobbedienza civile tramite aspetti che ne sarebbero caratteristici, anzi, il solo fatto che esista questa espressione per riferirsi a quello che è semplicemente un crimine, rivela il progetto non-tanto-segreto di riservarsi una scappatoia contro qualsiasi legge dello stato. 

Se non si mettessero per iscritto queste supposte magiche caratteristiche che farebbero di un crimine un atto inspiegabilmente “civile”, il “disobbediente” avrebbe davvero bisogno di un grande surplus di ragione dalla propria per giustificarsi, perché il significato del suo gesto è “non riconosco lo stato in cui vivo”, e spesso anche “non riconosco la società in cui vivo”.

E d’altro canto, come dicevamo all’inizio, in questo frangente storico disconoscere lo Stato è considerato un atto meritorio, a patto che chi lo fa sia di Sinistra. Se trattiamo lo stato come un caccola impotente siamo sicuri che il serpente non ci prenderà mai (sicuuuroooo? Io no), ma nel frattempo ci sorbiamo un travicello. Che potrebbe governare bene uno stagno, ma provaci a metterlo a capo di uno stato nazionale moderno e vedi se non te lo trasforma nel Circo Togni.

Ossequi



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