Negli anni Settanta, Francesco Tullio Altan creava la coppia Cico&Pippo, protagonista di una serie di storie umoristiche certamente non tra le più note dell'autore trevigiano. Raccolti nel 1986 in un'edizione Glénat dal titolo Cico&Pippo. La crudeltà fatta in casa, gli episodi hanno trovato una nuova veste editoriale nel 2013 per Gallucci Editore.
Le storie, ciascuna di dimensioni molto contenute, trattano l'interazione quotidiana tra Cico, cieco dalla nascita, e suo figlio Pippo, discolo, irriverente e schietto ai limiti del cinismo nel rimarcare ripetutamente e impietosamente l'handicap paterno.
L'approccio grafico rappresenta uno dei punti più alti raggiunti da Altan nella stilizzazione delle forme umane. I personaggi sono raffigurati con semplici linee, come sagome vagamente antropomorfe, vestite da lunghe tuniche che rafforzano la bidimensionalità già consistente per via dell'inquadratura (quasi sempre di profilo, raramente di tre quarti, mai frontale). Solo la diversa statura permette di separare adulti e bambini, così come maschi e femmine sono distinti solo dai contorni dell'acconciatura e del seno. Sono totalmente assenti ombre, chiaroscuri, sfondi e oggetti, tranne quando strettamente funzionali alla storia.
Quanto all'aspetto narrativo, il meccanismo comico alla base di dialoghi e azioni fa leva quasi esclusivamente sulla cecità di Cico, sfruttata dal figlio Pippo per scherzi, spesso crudeli, o per uno scherno verbale tanto divertito quanto apparentemente gratuito.
Politicamente scorretto e comicità fascistoide
Nel 2009, il comico Daniele Luttazzi pubblicò Mentana a Elm Street, un breve saggio teorico sui confini etici della comicità. In merito al politicamente scorretto, Luttazzi afferma che la degenerazione avviene quando il bersaglio del comico è il soggetto debole (per esempio un perseguitato o un disabile); in questo caso, la battuta si configura come risata del carnefice e il tipo di comicità diviene fascistoide:
Se sei cinico a spese di una vittima e ne prendi in giro la sofferenza, fai umorismo fascistoide, cioè eserciti una violenza.
La serie di Altan, a un'analisi superficiale, ricade all'interno di questa categoria, ma la questione è molto più complessa. Indubbiamente gran parte delle gag verte sulla disabilità di Cico, che quindi, secondo lo schematismo di cui sopra, sarebbe il soggetto debole; tuttavia la caratterizzazione del personaggio spinge in direzione opposta. Cico è orgoglioso, vanaglorioso, scioccamente solido nelle sue certezze da conservatore ipocrita e oscurantista. Ha una visione repressa della sessualità, mostra atteggiamenti misogini, xenofobi, pregiudiziali su base politica.
Parlando a una donna, dice: " Al giorno d'oggi è tutto corrotto. Le droghe e il sesso. [...] Le donne sono il diavolo". Sentendo che qualcuno gli sta tirando dei sassi, comincia ad agitarsi e a sbraitare, accusando " comunisti drogati", " hippy" e " negri".
Per il lettore è quasi impossibile provare simpatia o empatia per un personaggio che, tronfiamente seduto in poltrona, dice di sé: " Sono cieco e colto e ricco". A essere disturbante, in questa asserzione, è quel "cieco" accostato a "colto" e "ricco", in una frase che gronda superbia e ostentazione.
Inoltre, nei confronti del figlio Pippo, Cico ha un approccio iperprotettivo, vincolante e opprimente. Questi elementi trasformano Cico in una figura fondamentalmente negativa, ben lontana - disabilità a parte - dall'essere un soggetto indifeso.
Per capire ancora meglio questo rapporto tra padre e figlio, si può cercare di inquadrarlo in uno schema teatrale: gli scherzi di Pippo contro Cico compongono uno scenario tragico o comico?
Tragedia e commedia
Nell' Antigone di Sofocle, il coro dice alla protagonista che essa sconterà le colpe di suo padre. Questo è un principio basilare della tragedia classica e della mentalità antica: le colpe si trasmettono di padre in figlio, "le conseguenze della colpa non possono essere limitate, esaurite da un unico gesto espiatorio, ma ricadono su tutta la stirpe".
Nella commedia classica agisce un meccanismo contrario e il conflitto generazionale si risolve a favore del figlio, mentre il padre è spesso goffamente beffato e messo comicamente in discussione nella sua autorità paterna. Le storie di Cico&Pippo rientrano in questa seconda dinamica. Cico è un padre evidentemente dominante, angosciante e dogmatico, e un dissacrante umorismo è l'unica arma che il figlio possa usare per liberarsi e trovare una propria identità, abbattendo il totem paterno. Si noti anche che Cico è vedovo e Pippo non ha ricordi della madre; non esiste quindi una polarità materna nell'educazione di Pippo.
Il mondo del fumetto offre un eccezionale esempio di rapporto padre-figlio opposto, cioè inteso in senso tragico, praticamente conforme alla mentalità del mondo antico: Jimmy Corrigan. Il ragazzo più in gamba sulla terra, di Chris Ware. In quest'opera si racconta una storia di disagi interpersonali lunga quattro generazioni. Quattro generazioni di incomunicabilità e incomprensione tra padri e figli convergono e si scaricano sulle spalle dell'ultimo anello della famiglia, Jimmy, che sente il bisogno di conoscere il proprio padre, dopo un'intera vita vissuta assieme alla madre (assillante e soffocante, come Cico).
Ware sembra voler suggerire anche graficamente il peso di una generazione sull'altra, e lo fa tramite alberi genealogici e diagrammi che mostrano la crescita dei personaggi da quando sono embrioni (o addirittura ovuli e spermatozoi) fino all'età adulta. Il tema del legame biologico è quindi dolorosamente centrale in Jimmy Corrigan, mentre in Cico&Pippo è la recisione delle radici a essere preponderante.
Quella di Ware è una tragedia di ricongiungimento; quella di Altan è una commedia di emancipazione.
Il padre e il figlio come simboli
L'idea di una comicità esercitata a spese del disabile crolla del tutto quando si restituisce all'opera di Altan la sua corretta collocazione simbolica. La cecità di Cico è infatti chiaramente metaforica, emblema dell'incapacità di vedere (e capire e accogliere) i cambiamenti della moda, dei costumi, della società, nonostante questi siano a portata di mano, incarnati nel comportamento del figlio Pippo.
Nell'introduzione al volume, Ferruccio Alessandri acutamente e retoricamente chiede: " Ma [Pippo] è poi un bambino?". La risposta è ovviamente negativa. Anche se è rappresentato come tale, Pippo non è un bambino, ma semplicemente l'icona di figlio. Talvolta il suo comportamento è puerile, in altri casi sembra più adulto (per esempio è sessualmente attivo, mentre il padre continua a trattarlo come un bambino e a volergli insegnare le basi dell'educazione sessuale).
Cico e Pippo sono simboli rispettivamente del padre e del figlio (intesi come entità assolute) e il loro rapporto è allegoria dello scontro paterno-filiale che si rinnova generazione dopo generazione.
Epoche
Cico&Pippo non è solo una narrazione su due generazioni a confronto, ma anche un'opera generazionale, intesa come manifesto, espressione e testimonianza delle istanze di chi, come Altan, negli anni Settanta aveva trent'anni e viveva, da giovane, la contestazione e la trasformazione dei ruoli familiari.
Scrive Marco Cavina in Il padre spodestato:
La vetusta patria potestà appare oggi un fossile culturale [...]. Millenni di elaborazione e di progettazione culturale sono stati azzerati negli ultimi duecento anni. Due i momenti cruciali, di forte accelerazione del processo storico: la Rivoluzione francese, gli anni Settanta del Novecento.
L'azione di Pippo nei riguardi del padre è esattamente questa: azzeramento del preesistente, rifiuto dell'autorità paterna fine a se stessa, liberalizzazione dei costumi. Lo strappo avviene tramite l'ironia, il sarcasmo, lo sberleffo, la demistificazione della cecità mentale, più che fisica, del padre Cico.
In quest'ottica, Pippo è vessillo di una generazione che - per dirlo in termini psicanalitici - voleva finalmente uccidere il padre. E magari seppellirlo con una risata.
Abbiamo parlato di:
Cico&Pippo
Francesco Tullio Altan
Gallucci Editore, 2013
96 pagine, brossurato, bianco e nero - 10,00 €
ISBN: 978-8861455108