Il consumo di suolo incontrollato è una delle cause dei disastri di dissesto idrogeologico cui purtroppo stiamo assistendo in questi giorni e negli ultimi anni e che stiamo seguendo su Ediltecnico (Dissesto idrogeologico, subito 10 miliardi rinunciando ad alcune grandi opere). Pochi giorni fa Graziano Delrio ha segnalato la necessità di dare ai Comuni la possibilità di allentare i limiti del Patto di stabilità per riuscire a garantire sicurezza dei cittadini nel corso della stagione invernale e nel periodo più critico per il problema del dissesto idrogeologico. La situazione del ddl Catania contro il consumo del suolo è la seguente: le aree tutelate non sono più solo quelle che rientrano nella classificazione di superficie agricola utilizzata ma tutte quelle non urbanizzate attorno alle città; è stato fatto un passo in avanti sul versante dei criteri per individuare dove e come ridurre il consumo di territorio ma sono necessari, anche secondo L’Inu, efficaci strumenti di fiscalità che incentivino la rigenerazione urbana e dissuadano dal consumo; è stato confermato il divieto di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per fare fronte alla spesa corrente dei Comuni. La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera al ddl. Ora tocca al Parlamento.
Proprio l’Istituto Nazionale di Urbanistica ha sempre tenuto d’occhio gli sviluppi della questione della difesa del suolo e delle iniziative in corso (il ddl Catania) contro il consumo di suolo. Ieri ha diramato un comunicato stampa nel quale chiede di “invertire la rotta”. L’Inu apprezza molto quanto affermato dal Presidente della Repubblica nel suo intervento agli Stati generali della cultura: quella degli interventi in difesa del suolo nel nostro Paese è una “dura storia” di capitoli aperti e sempre dimenticati.
Occorre invertire la tendenza, e l’auspicio è che si possa farlo da subito, e che gli approfondimenti in corso sulla proposta del ministro dell’Ambiente Corrado Clini diano via libera allo stanziamento delle necessarie risorse per interventi mirati e diffusi su tutto il territorio nazionale contro il rischio idrogeologico. Allo stesso tempo, il disegno di legge contro il consumo di suolo presentato dal ministro delle Politiche agricole Mario Catania e migliorato dalla Conferenza unificata Stato – Regioni deve concludere il suo percorso in Parlamento. L’incontrollato consumo di territorio è infatti uno delle ragioni principali dei disastri a cui assistiamo in questi giorni e a cui, purtroppo, ci stiamo abituando anno dopo anno.
Ieri abbiamo pubblicato l’appello di Legambiente (Dissesto idrogeologico, subito 10 miliardi rinunciando ad alcune grandi opere).
E’ intervenuto anche il Presidente dei Consiglio Nazionale dei Geologi Gian Vito Graziano, dopo aver visitato l’Umbria negli ultimi due giorni: “ Non c’e’ una commissione parlamentare che affronti organicamente un tema complesso ed urgente come quello del dissesto idrogeologico” ha dichiarato.
E prosegue: “Lungo la valle del Fiume Paglia sembra di percorrere le sponde di un grande lago che maschera completamente il reticolo idrografico. In realtà è esondato il fiume e i suoi affluenti. Quello che fa più male è vedere i capannoni industriali e diverse case immersi in due metri d’acqua. E’ il segno evidente di un territorio malato, impreparato ad eventi meteorici un po’ più severi”.
Conclude Graziano: “Da tempo invochiamo che si possa ricostituire il clima degli anni ’80, che portò al varo di una legge organica di difesa del suolo, figlia dei lavori parlamentari della Commissione De Marchi. Oggi non c’è più quel clima – ha proseguito Graziano – infatti in questo momento nessuna commissione sta organicamente affrontando un tema così complesso, ma anche così urgente. La istituisca domani mattina l’attuale Governo, ora che finalmente il Ministro dell’Ambiente Clini ha affermato che il tema del dissesto idrogeologico è una priorità in Italia, raccogliendo l’appello lanciato diverso tempo fa dal Presidente Napolitano. I costi stimati , sono di 40 miliardi di euro, ma diventeranno 45 e poi 50 miliardi se continueremo a non intervenire. Se c’è un problema di reperibilità, si accantonino le risorse delle grandi opere e si dia priorità alla sicurezza del territorio, che si traduce in difesa della nostra già provata economia, in difesa delle attività produttive e soprattutto in difesa di vite umane. Se è vero che realizzare le opere infrastrutturali crea sviluppo ed agevola le attività produttive, è anche vero che non possiamo costruirle su un territorio non sicuro. Sarebbe devastante. Non è uno slogan ricordare che per ogni euro investito in prevenzione ne andremo a risparmiare 10 in emergenze ”.