Report, Gabanelli e Rimini, di tutta la rete un fascio
Dire che il web e i social network sono come un gran calderone traboccante di lusinghe che nascondono insidie e tranelli, spioni e voyeur, che Facebook, Twitter, Google e altri sono macchine trita denaro, è come dire una mezza verità, quella più banale. E’ come raccontare il lato oscuro della rete, come se fosse l’unico esistente. E’ quello che ha fatto Report nell’inchiesta, dai colori cupi, dedicata al web sociale nella puntata di domenica 10 aprile scorso.
“Il prodotto sei tu”, è il titolo dell’inchiesta a senso unico mandata in onda da Report e la Gabanelli. Come per dire che i navigatori digitali, gli utenti della rete, sono come tanti personaggi del racconto orwelliano, dove il web ha poco di democratico e la minestra è bella e confezionata. Siamo polli in batteria, da spennare a piacimento: basta cliccare su “mi piace”.
La rete siamo noi
Lo scenario rappresentato dalla Gabanelli fa calare l’angoscia e ad essere come un pollo che si risveglia alla realtà, verrebbe voglia di chiudere tutto e lasciar perdere per sempre. Un atteggiamento per nulla costruttivo. Meglio restare, essere consapevoli e fare squadra, fare noi stessi la rete e le sue regole, pretendere il rispetto e l’osservanza dei diritti e dei doveri reciproci, porre un freno allo strapotere e al monopolio, che intorno a queste imprese si va formando.
E’ vero, il pericolo principale della rete è restare imbrigliati e perdere la riservatezza dei dati personali. Le migliaia di applicazioni, i giochi come Cityville e i “mi piace” commerciali di Facebook, visti dagli occhi di Report, sono una trappola, una sorta di sostanza eterea che crea dipendenza psicologica e rende l’utente più debole simile a un suddito, più che un cittadino digitale. Per questo, basta essere accorti, armarsi di conoscenza e usare tutte le precauzioni di cui il web già dispone.
Ma la rete è fatta anche e soprattutto di gente attenta che con la rete, spesso, ci lavora, comunica, fa formazione, combatte battaglie di libertà. Tra queste, anche, le centinaia di migliaia di aziende italiane, associazioni culturali umanitarie e non, fondazioni e media di ogni sorta. Non solo sprovveduti bacchettoni digitali.
Cittadini digitali
Il problema è proprio questo. Essere cittadini digitali (con diritti e doveri), avere un approccio consapevole e attivo con la rete, non accettare tutto quello che viene propinato auto convincendosi (errando), del fatto che, immersi nella realtà virtuale, si è lontani dalla realtà quotidiana.
Tenere bassa la soglia dell’attenzione, avere un atteggiamento superficiale, fa incorre nel rischio di essere derubati, proprio come accadrebbe se lasciassimo la porta di casa con le chiavi appese dal di fuori. Un chiaro invito a chiunque voglia entrarci. E’ così che, la realtà virtuale, mentre siamo rapiti dalle sue sirene oniriche, trascinati tra onde sinuose nell’oblio della rete, entra con tutta la sua silenziosa invadenza nella nostra fragile esistenza.
Il vero lato oscuro
Insomma, per fare un inchiesta più equilibrata, considerando che Report è uno dei pochi format che ha sempre svolto un servizio critico, sarebbe stato sufficiente non trascurare la questione del divario digitale, il vero lato oscuro della rete, e soffermarsi sulla necessità di alfabetizzare, educare e formare l’utente digitale, renderlo responsabile della propria navigazione.
Ma in un paese che taglia fondi alla scuola e alla cultura, che anziché a fare regole trasparenti e condivise, vuole imbrigliare la rete e sottoporla al controllo e alla censura del governo, tra le sue aspirazioni non ci sarà, certo, quella di avere un popolo di cittadini digitali liberi e coscienti, con un divario sempre minore.
giuseppe vinci