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Diventare Adulti…

Da Mayraglouis

La mia generazione, una volta compreso che doveva battersi contro le forme dell’autoritarismo, si è dimenticata, quando è diventata adulta (genitore, padre, madre, ecc)di essere autorevole.
Credo che l’intelligenza di un genitore si verifichi proprio in questa capacità di amare ciò che si allontana da te. Quando un genitore ama il controllo dei propri figli ama il suo egoismo. P Crepet

Giornata tipo di un adolescente:
Ore 7,15. A volte non riconosco il luogo in cui mi risveglio, a volte mi è troppo familiare.

Ore 7,20. In bagno avviene il primo impatto con lo specchio. Il mio volto, la mia figura, la mia immagine esteriore mi osserva attraverso quella lastra e sembra vedere nei luoghi più remoti di me stessa, mentre io ancora li conosco ben poco. Quell’immagine che mi guarda sono io. Ma cosa significa? Cosa? O meglio chi so io, chi è quella? Anche gli altri mi vedono così?

ore 8,10. Arrivo nel cortile di questo grande edificio chiamato “Scuola”. È qui che imparo a porre le basi della mia visione del mondo adulto, in cui adesso mi affaccio soltanto, ma in cui tra pochi anni dovrò entrare, é qui che mi distinguo, in mezzo a qualcosa che non mi appartiene ancora, ma verso cui mi sto dirigendo, che mi rifugio, trovando tanti elementi che mi accomunano agli altri, in questo percorso da seguire.
Giornata “tipo” di un adolescente:

Ore 8,20. In questo momento provo quella sensazione di oppressione che sentirò ancora molte volte nel corso della mattinata. Mi opprime l’idea che questa non sia una libera esperienza costruttiva, ma l’espressione di uno schema rappresentativo della società adulta. Questo comunque è il luogo dove dovrei formare la mia coscienza critica ed è perciò teatro dei miei cambiamenti quotidiani.

Ore 13,50. Uscendo dal portone, il cielo. Di nuovo me stessa per un po’. La caratteristica di comprendere noi, un lato bambino ed un lato maturo, ci distingue in un mondo di adulti a cui siamo destinati e ci porta a chiedere: “Chi siamo? Che ruolo abbiamo?”. Avvicinandoci a definire la forma della nostra sostanza, ci chiediamo, senza conoscere risposta, la nostra reale identità.
P. Crepet psicologo psicoterapeuta in diaologo con i giovani afferma:

 ”In ogni minuto della vostra vita si verificano eventi, una sequenza continua di”fatti”, sono eventi che trovano tempo e luogo non solo nell’adolescenza umana, anche se, in seguito, lungo la vita adulta il ritmo degli accadimenti personali può tendere a rallentarsi con il tempo.

Quei fatti devono verificarsi, poiché si può crescere solo attraverso delle continue crisi, mai in un senso puramente lineare. Si cresce tramite delle esplosioni, nonché tramite dei tonfi, poi attraverso delle gioie immense, poi con degli enormi dolori.

Nella vita, la maturità si può raggiungere solo attraverso un percorso straordinariamente avventuroso. È lì tutto il bello della vita!

Noi siamo, fondamentalmente, ciò che abbiamo appreso. Abbiamo appreso qualcosa dalla mamma, abbiamo appreso qualcosa dal papà, abbiamo appreso dalla nonna, dalla zia, dal cugino, dall’ambiente, dal bar, dalla scuola, dai professori e dal loro sadismo. Per capire veramente chi siamo dovremmo compiere diverse manovre. Una di queste manovre potrebbe essere quella di tornare indietro nel tempo. Ad esempio: tornare indietro con la memoria al ricordo di una fotografia di una famiglia che non esiste più. Per capire chi siamo, dovremmo capire chi sono stati i nostri nonni, non ci basta comprendere l’identità dei nostri genitori. I genitori equivalgono a dei fatti di vita troppo freschi, possono riportarci, al limite, alla nostra quotidianità, non alla nostra storia.

La nostra storia corrisponde ai nostri nonni, ai nostri bisnonni.
Solo quando ci incontriamo con questi aspetti delle nostre origini possiamo capire veramente chi siamo.
La seconda cosa dovrebbe essere un’opera di spoliazione da una serie di cose, di aspetti, che ci sono stati messi addosso, come dei “cappotti”. Bisognerebbe fare come disse Michelangelo Buonarroti quando scolpiva le sue opere egli affermava di togliere solo del marmo, un po’ di materia, mostrando a tutti quel che si trovava dentro quel pezzo di marmo.
Questa è la più bella, credo, descrizione dell’identità personale. L’identità personale è ciò che si libera dall’interno di ognuno di noi, dopo che siamo riusciti a toglierci di dosso ciò che è inutile, fatuo, il preconcetto.

Dobbiamo liberarci da ciò che ci è stato messo addosso, che sono sempre le cose che vorrebbero gli altri per noi, non sono mai le cose che noi vogliamo per noi stessi.
Penso che voi siate stati cresciuti con l’idea che sia necessario eliminare il dolore dalla vostra vita. Voi giovani siete, perlopiù, passati attraverso una pedagogia della falsa felicità, non una vera pedagogia della vita, bensì una specie di fiction, una cosa da telefilm, da soap opera. Tant’è vero che i dolori, la morte, li avete sempre capiti ed interpretati come pura fiction, come eventi da romanzo.
Al contrario: il dolore è quotidianità. Il dolore fa parte della vita, non é una parte malata della vita, non sono macchie che dovremmo togliere dalla camicia, come se fossero qualcosa di ingombrante. È lo spettacolo della tragicità della vita. I Greci andavano al teatro ad assistere allo spettacolo della tragicità. La tragicità è qualcosa che non possiamo spalmare come la marmellata sul pane. La dobbiamo vivere. Vivere vuol dire prendersi cura anche del dolore che portiamo dentro di noi.

Se io crescessi con un’idea del dolore in stretta relazione della mia idea della vita, allora potrei conoscermi di più e avere meno paura della morte.
Il fatto è che il dolore è nella vita. In realtà, che cos’è la morte?

 È un’emozione. Il confrontarsi con la morte è un’emozione straordinaria, enorme.
Quante volte mi è toccato di sentire da genitori: “Sa, l’altro giorno è morto il nonno. Non l’abbiamo mica portato mio figlio. È troppo piccolo, sarebbe stata un’emozione troppo grossa”. Pensate che sacrilegio. Avete tolto a quel bambino per sempre un’esperienza straordinaria, che è quella di dire: “È morto?! E ora dove se ne andrà? Dove si va a finire dopo? Con chi andrò a comprare le paste? Qual è la vita che mi rimane? Cosa mi ha lasciato?” Mi spiego? Questo è il senso della vita, non è un puro parlare della morte. È dare, al contrario, un senso alla vita che rimane.
Quindi  anche il trauma della morte può avere un aspetto positivo?

 Il trauma possiede sempre un aspetto positivo, poiché la vita è al lordo di tutto. È inutile che stiamo lì a togliere una cosa o un’altra.
chi è che ha il diritto, se esiste mai questo diritto, di cancellare dalla memoria di un uomo quell’esperienza? Guai, se qualcuno di noi disponendo di una neurochimica avanzatissima o di strumenti speciali per poter cancellare quella memoria volesse farlo!
Ciò vorrebbe dire uccidere l’umanità stessa. L’umanità é fatta anche della memoria di un dolore, della memoria della nostra cattiveria, del limite stesso dell’umanità. Questa è parte della nostra vita!!!
Il dolore non corrisponde mai solo ad una pura perdita? Può essere una perdita e un’acquisizione. Questa è la cosa importante da tenere in considerazione…

…La lezione più importante che l’uomo possa imparare in vita sua non è che nel mondo esiste il dolore, ma che dipende da noi trarne profitto, che ci è consentito trasformarlo in gioia… R Tagore
 Come influisce il rapporto tra genitori e figli sulla crescita personale:
Le scelte dei genitori possono influenzare la crescita dei figli,spesso i figli fanno proprio il contrario di ciò che i genitori hanno deciso per loro.
Ma in che misura l’irruenza dei genitori può influire sulla vita futura del ragazzo?
I genitori non sono tutti dei buoni genitori. Alcuni sono positivi, non creano vuoti. La droga,ad esempio, è ciò che si usa per riempire un vuoto. Tant’è vero che si chiama ‘buco”. Metaforicamente parlando il “buco” è un vuoto, e ci metti dentro l’eroina per riempirlo. Il giovane tossicodipendente si illude che quel vuoto possa riempire, mentre quel vuoto è un vuoto di affetto, di emozioni, di coccole.
Un libro molto carino che è “Enciclopedia dell’adolescenza”, edito da Einaudi, il cui brano che vorrei proporvi è Complicità dice:

“Guardo dalla finestra dello studio di mio papà. C’è il vento, gli alberi si scatenano. Guardo i suoi libri, le sue notazioni prese su bigliettini sparsi sulla scrivania. C’è anche una frase in latino con la traduzione: “Tanta è l’arte che l’arte non si vede”. Io da grande vorrei essere come lui, come il mio papà, perché ammiro la sua fede in quello che fa. Lui ama la letteratura, l’arte, lui ha degli occhi blu pazzeschi, sempre in cerca di cose nuove, di piccoli particolari che gli arricchiscono lo spirito. Tra me e lui c’è una bella intesa, forse perché quando ero piccola siamo stati molto insieme e insieme inventavamo dei giochi che solo noi due conoscevamo. Poi sono cresciuta. Sono cresciuta e i nostri giochi, senza che ce ne siamo accorti, lentamente sparivano nelle nostre vite.”

Diventare Adulti…

Questo è un passo bellissimo, sul significato di essere un padre, la necessità di essere così. Questa complicità può creare un pieno, non un vuoto. Poi nella vita farai quello che ti pare, ma avrai questo pieno dentro. Farai l’artista, farai quello che vorrai. Potrebbe darsi anche che quella voglia di essere come tuo padre possa mutare nella vita, diventando un’altra cosa. Ma avrai sempre questo grande pieno dentro.
Questa è una cosa stupenda. Questa complicità la cerchi negli altri. Se ti hanno insegnato il segreto delle emozioni, poi le cerchi nella vita. Non ti accontenti di una roba mediocre, di un giovanotto qualsiasi, vuoi il grande amore. E non hai paura di perderlo perché sai che ne potrai trovare altri. Questo è eccezionale.
Quanti papà sono così? Quelli che arrivano alle dieci e mezza la sera, stanchi, bolsi, arrivano lì, si mettono davanti alla televisione, non ascoltano niente. Quello cos’è? È un padre quello lì? È uno spermatozoo, cresciuto e basta. Che rapporto puoi avere con un padre così? Nessuno. Non é emozionante un padre così, é un produttore di vuoti.Ci sono dei genitori che riescono a fare in un week-end quello che non hanno fatto nei cinque giorni precedenti. Ma almeno un week-end ci deve essere. Quest’idea che il padre sia una figurina, da mettere come un poster, questa è un’idea che funziona quando tutto va bene, ma poi, quando hai un problema davvero, non hai più bisogno di una figurina e non hai più bisogno di venti minuti a cena. Hai bisogno di qualche cosa. E allora un padre lo deve capire. Non quando glielo chiedi tu, lo deve capire prima che tu lo chieda, questa è la nostra sensibilità di adulti.

Diventare Adulti…

“Regala ai bambini radici profonde, da grandi avranno le ali.” R.Tagore

 leggi qui l’intervista completa http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=183

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