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Diventare cattivi o, per meglio dire, Breaking Bad

Creato il 20 dicembre 2013 da Postscriptum

Diventare cattivi o, per meglio dire, Breaking Bad

Esiste un limite di sopportazione agli sgambetti della vita oltre il quale un uomo riesce a trasformarsi completamente nel suo alter ego negativo? Si può entrare in uno stargate e ritrovarsi all’improvviso in una realtà parallela popolata solo da Mr. Hide che non riescono più a tramutarsi nei loro rispettivi Dr. Jekill? E una volta lì, cosa ha più senso dell’adeguarsi alla situazione per sopravvivere?

Per come la vedo io la risposta alle prime due domande è si. Per la terza, invece, credo che adeguarsi alla realtà che ci circonda è l’unico modo per mantenere un certo barlume di sanità mentale.

L’aspetto curioso di questo discorso appena appena cervellotico è rappresentato da una serie TV: Breaking Bad.

Per capirci qualcosa dobbiamo cominciare dall’inizio.

Walter White è un brillante professore di chimica che insegna al Liceo di Albuquerque, New Mexico, e per arrotondare lavora in un autolavaggio dove viene trattato come un galoppino nonostante i suoi 53 anni. Con una moglie super onesta, un figlio adolescente affetto da handicap e un’altro in arrivo, la vita di Walt sembrerebbe completa e complessa già così se non fosse per una grave malattia che lo costringe a fare i conti con la prospettiva della morte. Il cruccio che più preoccupa Walt è come farà la sua famiglia ad andare avanti dopo la sua dipartita, cosa che farebbe qualsiasi padre di famiglia coscienzioso ma, non tutti troverebbero la risposta in un composto del carbonio famoso per le sue proprietà psicotrope: la metanfetamina.

Ebbene si, Walt comincia a cucinare (come si dice nel gergo) cristalli di metanfetamina ottenendo una purezza molto vicina al 100% grazie ad una formula perfetta e alle sue ingombranti conoscenze nel campo della chimica. Il suo prodotto, la blue sky met, diventa subito una merce ad alto coefficiente di guadagno ma, purtroppo anche di guai. Metteteci che Hank, il cognato di Walter, è un osso duro della DEA e che il socio di Walt, il giovane Jesse Pinkman è una calamita di guai, e aggiungeteci che il mondo del traffico di stupefacenti è comunque un campo minato è avrete il quadro completo della situazione.

L’obiettivo di Walter è riuscire a mettere da parte una cospicua quantità di denaro da lasciare alla famiglia in prossimità della fine: è così che l’impacciato professore di chimica diventa il famigerato genio della chimica Heisenberg. Metamorfosi completata.

La trama (soprattutto all’inizio), devo ammetterlo, non è delle più originali, però quello che salta all’occhio dopo le prime puntate è la trasformazione di Walt, il suo riuscire ad alternare comportamenti onesti ad altri completamente amorali e a mantenere, allo stesso tempo, una certa dose di controllo sulle sue emozioni. Giusto un pizzico però, perchè dovrà anche scendere a patti coi propri nervi. Non ci si improvvisa mica “cuochi” così su due piedi. Così, tra ambientazioni stile Far West e tutta una serie di personaggi che sembrano usciti da un film di Tarantino, si dipanano e si aggrovigliano le vicende che faranno di Walt un mito.

Uno dei pregi di Breaking Bad consiste nell’evoluzione dei personaggi. Mi spiego: nelle serie di solito, puntata dopo puntata, si sviluppa maggiormente la figura del protagonista mentre le altre si appiattiscono fino a confondersi con lo sfondo; in questa serie invece c’è un’evoluzione progressiva di tutti i personaggi principali. Non solo si assiste alla trasformazione di Walt ma, anche la moglie Skyler (il cui nome mi ricorda o una spogliarellista o un’auto da corsa) acquisirà il suo spazio nella storia, il cognato Hank, gretto e volgare, diventerà un perno della trama e perfino il cazzaro Jesse troverà il modo di rendersi importante.

Sia ben chiaro, però, tutti i personaggi sono negativi. E’ inutile che cerchiate di razionalizzare o di spiegare con la morale le azioni dei vari personaggi: sono tutti capitati in una storia che è più grande di loro e si comportano di conseguenza. Qui vi rimando alle tre domande con cui comincia il post.

Altro punto a favore sono i cattivi della storia. O meglio, quelli più cattivi, i villain per usare un gergo fumettistico. Non c’è spazio in Breaking Bad per personaggi che non siano completi, anche dal punto di vista della cattiveria. Dai piccoli criminali che si incontrano all’inizio ai grandi trafficanti di droga de Il Cartello messicano tutti, e dico proprio tutti, sono perfettamente negativi, una perfezione che in molti passaggi della trama ti porta a chiederti quante delle persone reali che conosci e che sembrano rispettabili e inattaccabili lo siano per davvero. Anche il livello di malvagità è una cartina di tornasole per valutare la qualità della serie: si parte con dei criminali di bassa levatura dai nomi improponibili (Krazy 8, Tuco) fino al potentissimo Don Eladio, leader della mala messicana, passando per alcuni personaggi matematicamente perfetti come, giusto per citarne uno, il magnate della ristorazione Gus Frings. Poi ci sono i classici personaggi che attraversano la storia trasversalmente lasciando la loro impronta senza però essere al centro della storia: un avvocato di manzoniana memoria con i modi di fare del grande Chef Tony di Miracle Blade (Saul Goodman) o un tirapiedi inespressivo e poco loquace che assomiglia molto al leggendario Mr. Wolf che risolveva problemi in Pulp Fiction.

Un ultimo appunto lo voglio fare sul cast. I panni di Walt White li veste Bryan Cranston che io conoscevo come “quello che faceva il padre di Malcolm” nell’omonima sit-com ma, che ho dovuto rivalutare moltissimo dopo averlo visto impegnato in Breaking Bad: dopo Michael C. Hall, alias Dexter, una altro mito è sorto. Una menzione la merita anche Giancarlo Esposito (nella serie recita la parte di Gus Frings) un attore che ha lavorato con registi del calibro di Brian De Palma, Spike Lee e Francis Ford Coppola.

Breaking Bad conta un totale di 5 stagioni, per cui è una serie compiuta (cioè che inizia e finisce in un tempo ragionevole) e facile da seguire. Personalmente ve la consiglio in lingua originale perché si apprezzano meglio la recitazione di Cranston ma anche in italiano non demerita più di tanto.


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