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Divertimenti durante il comunismo: un’antologia dei ricordi

Creato il 09 febbraio 2013 da Sulromanzo

Divertimenti durante il comunismo: un’antologia dei ricordi“M’interessa ricostituire il quadro culturale durante il comunismo. Non essendoci statistiche in merito, il miglior metodo è quello della rievocazione focalizzata. Ma non solo il comunismo culturale a livello di élite (il quale è deducibile dai giornali, memoriali, ecc.) bensì a livello popolare”, spiega Dan Lungu, uno dei più attivi scrittori romeni contemporanei, il curatore del progetto attraverso il quale numerosi aspiranti narratori romeni, e non, hanno deciso di raccontare il proprio divertimento durante gli anni del comunismo. Ne nascerà un’antologia che conterrà i migliori racconti. Fino alla pubblicazione, però, i curiosi possono sbirciare nei frammenti a disposizione sulla pagina Facebook dell’iniziativa, Distractii in comunism (Divertimenti nel comunismo).

Libri, film, musica e altri divertimenti, specificano le informazioni in rete, importante è che appartengano al periodo comunista, per il resto non vi sono limiti o restrizioni di sorta. Il protagonista può essere il vicino, la mamma, il narratore stesso e l’evento raccontato può essere spassoso, vergognoso, amaro, felice. Libertà assoluta.

Indetto e fatto: i narratori e aspiranti tali si sono scatenati.

Tra i più interessanti interventi, si legge un Piccolo Dizionario Personale di termini dell’Epoca d’oro, perché inutile negare il gioco ironico di termini, ma quei tempi splendevano come un metallo prezioso. Il dizionario lo firma Roxana Raileanu e spiega un primo lemma: “pelliccia, ovvero oggetto del vestiario con vita breve. Abito lungo e largo, al momento della spedizione dalla Germania. Motivo di lite per i due bambini della tovarasa (appellativo per le donne, letteralmente compagna) Ionescu, la beneficiaria del regalo. E, con l’aiuto della forbice appuntita, abito corto, a solo un giorno di distanza dalla ricezione del pacchetto. Ottimo sostituto di slitta, grazie all’imbottitura lucida e resistente, che scivola perfettamente sul linoleum cosparso in abbondanza con le creme per le mani e il corpo ricevute nello stesso pacco.”

Ruxandra Elena Dragoescu ricorda invece che viveva in città, ma andava spesso in campagna dai nonni e il momento intoccabile della giornata coincideva con le ore 19.35 quando poteva guardare i cartoni animati. Ricorda anche le letture proibite dal regime, e le ricorda come le più ambite e, appena la nonna usciva di casa, si affrettava a raggiungere gli scaffali della biblioteca che sorreggevano gli album artistici e quindi i nudi di Renoir e i volumi d’arte italiana. Raluca Radu, in assenza di Ipod, computer, tablet e telefonini, passava le lunghe vacanze estive leggendo. E quando i libri in casa finivano, andava nella biblioteca comunale, e per raggiungerla si compiva l’avventura. A quattro chilometri di distanza dalla sua abitazione, bisognava attraversare un campo di mais, scendere in una profonda vallata, passare accanto a un lago per poi arrivare a destinazione e trovare per primo, nella sala d’ingresso della biblioteca, in bella mostra, i libri di Marx. E, per fortuna, non solo.

Lucian Parfene scrive di Io, Zali e la cultura di quartiere e, con ritmo calzante, narra di una piccola vendetta contro Dan e Liviu, i nemici della classe, i capi di tutte le torture e dispetti subiti. L’autore dà vita a un racconto davvero squisito e spassoso. Eccone un frammento: “Io e Zali ce la intendevamo a meraviglia. Eravamo amici dalla prima elementare. Non eravamo bambini troppo impulsivi – è vero, nemmeno il fisico ci aiutava molto – per questo eravamo divenuti i capri espiatori preferiti dei ragazzi più grandi, i quali ci facevano piccoli dispetti o ci terrorizzavano per davvero. Dan e Liviu erano i capi di tutte le cattiverie e ingiustizie subite.

Un giorno, ci siamo preparati per la vendetta. Abbiamo realizzato un centinaio di volantini, tutto un quaderno di matematica, alternando lettere in maiuscolo con alcune tracciate con il cancellino, come avevamo visto fare da dei comunisti in illegalità in un film di Sergiu Nicolaescu. «Così resteremo anonimi» ho spiegato a Zali. Li abbiamo sparpagliati per tutto il quartiere nelle caselle di posta. Ovviamente era un messaggio di richiamo alla lotta, di rivolta contro i due ragazzi più grandi che ci bucavano le palle, ci colpivano con la fionda carica di graffette e che non ci permettevano di giocare dietro al palazzo o nel parco a meno che non avessimo prestato anche a loro la nostra palla. Per circa due settimane securitatea (la polizia del regime) aveva girato tra tutti gli amministratori dei condomini per elucidare chi fossero i due “illegali”. Sono certo non si sia mai scoperto di cosa si fosse trattato, ma sarei curioso se tra gli archivi della securitate ci sia un fascicolo intitolato Manifesti del 7 novembre – autore sconosciuto”.

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