Della storia della lingua, nella fattispecie
C’è una definizione di “divulgazione” che a me piace molto:
“Il racconto semplice e avvincente di tutta quella roba che a scuola ti rompeva i coglioni e da adulto ti penti di aver dimenticato”.
Io mi occupo (non più molto per la verità, ma va bene così) di divulgazione scientifica. Siccome però sono (diventato) una persona curiosa, spesso mi do del fesso da solo per non aver “spremuto” abbastanza la scuola 30 anni fa: oggi sì che mi godrei le lezioni di storia e di letteratura e di latino e… No, il latino no. Lasciamo perdere. Però, ecco, insomma… sì: a causa della mia ignavia adolescenziale, oggi ho delle enormi lacune culturali, me ne dolgo e cerco di porre rimedio andandomi a leggere libri lontani da quelli legati alla mia formazione o alle mie necessità professionali. Che poi, diciamocelo, talvolta occupandomi di scienza a tempo pieno mi vien la crisi di rigetto e mi leggerei perfino un saggio di storia del cinema cecoslovacco. E per fortuna adesso mi occupo anche di altro.
Così, quando ho letto una recensione positiva di questo saggio di storia della letteratura italiana, l’ho comprato, l’ho letto e me lo sono gustato. Devo ammettere che ero un po’ prevenuto: poco prima avevo letto Ciliegie o ciliege?, degli stessi autori, e ne ero rimasto deluso. Va bene che quella è soprattutto un’opera di consultazione, ma sbattere in copertina che contiene “altri 2406 dubbi della lingua italiana” m’è parso pretestuoso: che bisogno c’è di scrivere che si scrive abnegazione e non abnegazzione e poi ancora afflizione e non afflizzione e poi ancora…? Sarebbe bastato dire una volta per tutte che i sostantivi in -zione hanno sempre una e una sola “z”. Quello è un libro che avrebbe avuto bisogno di un po’ di semplificazione (e non semplificazzione). Ma divago parlando di quel libro là e perciò torno a parlare di questo libro qua.
Che è un bel libro. Molto scorrevole. Davvero divulgativo. Rievocativo, anche. Nel senso che rievoca le cose che mi raccontava il mio prof di italiano e che, entrate da un orecchio, uscivano dall’altro. Insomma, L’italiano è una veloce rinfrescata di storia della lingua. Superficiale, come tutte le operette divulgative. E anche incompleto. Per esempio, non si fa cenno al futurismo (che non m’è mai piaciuto, ma rimane una corrente letteraria importante). D’altronde la divulgazione è anche questo: non si può raccontare tutto. E poi, se volessi saperne di più, dovrei davvero tornare sui banchi di scuola (e lo vorrei, cazzo se lo vorrei, ma non posso…), sicché m’accontento.
V. Della Valle, G. Patota, L’italiano, Sperling & Kupfer
Piace: Lo stile scorrevole.
Non piace: Una certa incompletezza (manca il futurismo, per esempio).
Voto: 7/10