Django Unchained: una delusione inevitabile?
Creato il 28 gennaio 2013 da Persogiadisuo
DJANGO UNCHAINED
di Quentin Tarantino,
USA, 2012
con Jamie Foxx, Christophe Waltz, Leonardo di Caprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington, Don Johnson.
Genere: Western
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TRAMA
Un cacciatore di taglie si serve di uno schiavo nero per
trovare tre criminali che solo lui può riconoscere: ma non tratta il nero non come
schiavo, ma come un suo pari, lasciando scandalizzati tutti coloro che
incontrano. Dopo aver permesso al compare di guadagnare una bella somma,
decide di aiutarlo per ritrovare sua moglie.
RECENSIONE
A quattro anni dalla geniale rivisitazione della Seconda
Guerra Mondiale di Bastardi senza gloria, Quentin Tarantino decide di fare i
conti con lo schiavismo che precedette l’America di Lincoln attraverso il
genere americano per antonomasia, il western, per mettere in scena un’odissea
dantesca con la quale il suo protagonista, dai dolori dell’inferno, passerà,
tramite la vendetta, al paradiso della libertà e dell’amore.
Lo spirito beffardo di Tarantino diventa talmente paradossale da
sfiorare la parodia nel suo mostrare tutti i bianchi come incredibilmente
perfidi e stupidi, per non parlare della ridicolizzazione del Klu Klux Clan. Ma
di fronte a un sarcasmo che tocca probabilmente l’apice nella carriera di
Tarantino, per quanto riguarda il revisionismo il regista è stato piuttosto
cauto, perfino troppo. Dopo aver visto Hitler morire in un cinema in fiamme,
ero lecito attendersi un finale ben più originale di quello che vede un nero diventare il cowboy dalla “pistola più veloce del Sud”.
Tarantino in questa occasione ha preferito non toccare la guerra
civile, né Lincoln, ma raccontare questa vergognosa pagina di storia cavalcando
i topoi del cinema western per mostrare l’arretratezza intellettuale del popolo
americano di allora.
Quello che appare subito evidente è qualche difetto in fase
di sceneggiatura, territorio in cui Quentin Tarantino nell’ultimo ventennio si
è distinto come pochi altri. Il film così manca di equilibrio: se la
presentazione dei due protagonisti è azzeccata, la loro dipartita è sbrigativa:
se la prima parte è avvincente, l’ultima non lo è affatto. Alcuni passaggi
sono sbrigati troppo frettolosamente, molti altri risultano invece eccessivamente lunghi,
come l’enorme spazio dedicato alla cena col perfido Monsieur Candy interpretato da Leonardo DiCaprio.
Anche nella scrittura dei dialoghi appare qualche segno di fatica: lo lo stile tarantiniano è rispettato
perfettamente senza però aggiungere nulla di memorabile
al suo frasario.
Alla fine della visione l’impressione è che il regista si sia
divertito molto, decisamente meno il suo pubblico.
Ma forse l’unico problema è la grandezza di Tarantino: ogni
sua opera crea delle aspettative talmente alte (come lui solo Christopher
Nolan,oggigiorno) che non è facile non deludere.
Per questo Jackie Brown e Grindhouse finiscono per deludere
se accostati ai film che li hanno preceduti. Stessa sorte tocca a questo Django
che ha la sfortuna di seguire quel colpo di genio di Bastardi senza gloria. Qui
non c’è nulla di geniale, ma un film ben diretto, recitato, fotografato,
montato e musicato, al quale avrebbe molto giovato una maggior
concisione.
VOTO: 7,5
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