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Attenzione: non ci sono spoiler nel post ma riferimenti al futuro della serie che potrebbero dar fastidio a chi preferisce l'assoluta assenza di anticipazioni.
Questa primavera si sono concluse due stagioni delle tre serie che seguo regolarmente. Di una ho già parlato qualche post più giù mentre mi sembra scontato ricordare quale sia la seconda: Doctor Who.Doctor Who è una serie strana. Lunga, lunghissima, che si ripete continuamente, stagione dopo stagione, ma non annoia mai. E' una specie di miracolo: la struttura è sempre la stessa ma ogni volta si assiste a qualcosa di nuovo.Ecco. Una manciata di mesi fa anche la settima stagione è giunta al termine e io mi sono convinto - anche grazie ad un finale di quelli che riescono a farti venire brividi e occhi lucidi - che sia stata tra le più belle dal 2005 (anno del nuovo inizio) ad oggi. Ma perché?
Perché sono successe tante cose. Perché si è concluso un ciclo e ne è incominciato un altro. Perché. Perché, con tutto il rispetto, Amy Pond e Rory Williams non sono stati propriamente companion e sono stati lì per tanto, troppo tempo. Più suoceri che altro. Eppure la loro dipartita è stata lo stesso molto dolorosa, un dolore che ha aperto la strada alla misteriosa Clara Oswald (Jenna-Louise Coleman). Ecco, Clara è la migliore compagna (del miglior Dottore) da Rose Tyler - insuperata - a questa parte. Bella, intelligente e cruciale.Non basta questo però a spiegare l'importanza della settima stagione di Doctor Who. Divisa in due, con l'episodio natalizio messo lì a far da ponte, con l'introduzione di un nuovo arci-nemico indispensabile al bellissimo e doloroso epilogo. Quello dove appare John Hurt e si rimanda tutto allo speciale di autunno per il cinquantenario della serie. Allora la mente va senza volerlo all'annuncio che ha sconvolto molti fan: Matt Smith (l'undicesimo Dottore) lascia. Lo farà nel prossimo speciale di Natale. Un grande trauma per due motivi: il primo è che questa incarnazione è stata a dir poco perfetta, rappresentando il vero animo giocoso, terribile e folle di quell'"uomo" che viaggia nello spazio e nel tempo in una cabina blu. Il secondo è che il sopravvissuto di Gallifrey ha solo dodici rigenerazioni, quindi tredici vite. Se siamo di fronte al termine dell'undicesima vorrebbe dire che ne mancano solo due. Ma se in realtà i conti non tornassero? Considerato che di solito un attore non resiste nel ruolo più di tre stagioni, vuol dire che ci stiamo avvicinando pericolosamente alla fine.
Per alcuni sarà un bene. Anche per me, da un certo punto di vista, perché (l'ho già detto) è tutto sempre pericolosamente ripetitivo. Sarà colpa di quegli episodi che aggiungono poco o niente, ma in fin dei conti Doctor Who è sempre stato così. Il problema di fondo è che questa serie è sempre stata diretta ad un pubblico (pre) adolescenziale. Non è una novità, non c'è mai stato un vero e proprio cambiamento di rotta. Grazie ad quello che è stato il Dottore più carico di pathos (l'indimenticato Tennant) in molti se ne sono dimenticati, ma Moffat non si è mai discostato da un divertentismo tra l'infantile e il puberale. Quindi, capisco benissimo perché per molti questa settima sia stata una stagione da dimenticare. Io però mi chiedo, senza voglia di far polemica: quando mai avete visto il Dottore piangere? E per piangere intendo per se stesso, non per qualcun'altro/a. Quando mai avete visto il Dottore fallire e spaventarsi per la propria impotenza? Lo avete mai visto confrontarsi con tutto il proprio egoismo e le proprie menzogne? Ve lo dico io: no, non è mai successo. Un Dottore talmente sfaccettato non è mai esistito. Un Dottore che sarebbe benissimo potuto apparire irritante se non fosse stato per quell'abilità innata che possiede il personaggio di fare ironia persino su se stesso.
Comprendo tutti i difetti. Ce ne sono tanti e li vedo chiaramente. Ma a me, nonostante questi, quest'ultima è sembrata la più bella stagione da molto tempo a questa parte. Ma io sono uno che ancora si emoziona quando sente la sigla. Io sono uno che in questi casi l'obiettività la butta nel cesso. Mi mancherai Dottore ma l'autunno non è poi così lontano, in fondo. E io lo aspetto con ansia.
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