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Docufilm – “Quaderni gitani. Trilogia sui Rom rumeni di Bari” di Giovanni Princigalli
Creato il 09 gennaio 2015 da MichelamTuttavia, i tre lavori di Princigalli, ora disponibili in un cofanetto che include una raccolta di saggi di docenti universitari, critici cinematografici e rappresentanti dei Rom, sono metaforici di una realtà nazionale. Si parte da una Bari che, nel 2001, era uno dei pochi capoluoghi a non prevedere campi autorizzati per i Rom, in un'Italia che, in contrasto con le linee del Parlamento comunitario, non riconosceva il Romanes come lingua: una presa di posizione culturale specchio di un'intenzione politica. Ma quella Bari è l'Italia contemporanea, che – in certi suoi strati – nei confronti dei Rom rivela un'incomprensione, mista a paura e disprezzo, che non riserva a nessun'altra etnia di immigrati.
Il punto è che, di là dalla particolare situazione politico-culturale italiana, la cultura Rom rimane un mistero. Se ne ignora la storia. Non si comprendono le richieste di asilo politico o di case in cui non piova. Si è convinti che i Rom siano un popolo nomade che ha nel sangue il furto, il rapimento e l'elemosina. Non si sa che i Rom romeni di Iapigia hanno lasciato il loro Paese dopo il crollo del regime di Ceauşescu, la cui dittatura garantiva loro una discreta possibilità di sopravvivenza (cioè una casa e un lavoro). Quella casa che in Italia i Rom non hanno, e quel lavoro che in Italia è un nero sottopagato che si lascia per appostarsi ai semafori, dove si guadagna di più. Questo, almeno, sostiene un rappresentante Rom intervistato in Iapigia Gagi.
Vogliamo credergli o dubitiamo delle sue parole? Uno dei motivi dell'interesse del documentario di Princigalli consiste proprio in questo: il regista scompare per lasciare spazio ai Rom e alle loro canzoni, che fondono ritmi e melodie tradizionali con problematiche moderne. Non pone domande, ma ascolta. Non condanna né è interessato a ritrarre la sporcizia, il degrado e l'illegalità in cui i Rom vivrebbero. È interessato alle persone. Il suo è uno sguardo antropologico e umano. Non vi sono nemmeno mitizzazione né tentativi di giustificare o anche solo spiegare certe ambiguità e scivolosità della cultura Rom e dei Rom incontrati. In Iapigia Gagi è la comunità Rom a raccontarsi.
Allo spettatore il compito di osservare volti, gesti, abiti e usi; di ascoltare le parole; di percepire ciò a cui i lineamenti dei volti e le pieghe nascoste delle frasi sembrano rimandare: un'emozione trattenuta, un'inquietudine repressa, un senso di vergogna o di colpa al percepirsi diverso rispetto all'altro, che – seppure in silenzioso e rispettoso ascolto – sta proprio di fronte.
Dunque, Iapigia Gagi esplora un mondo, obbliga lo spettatore a mettersi in gioco e a porsi domande. E pone problematiche ancora vive a 15 anni dall'ideazione del documentario. Anche per questo i saggi critici inclusi in Quaderni gitani non sono un corredo esornativo, ma costituiscono utili strumenti di approfondimento.
Nell'inedito Ligia (2014), lo sguardo di Princigalli si concentra su una sola donna, moglie del portavoce della comunità, che racconta di sua figlia in prigione e del proprio desiderio di vivere in una casa dopo anni trascorsi in baracca.
Ma una vera perla è La mela rossa, sempre del 2014. Si tratta di una docufiction che ha partecipato a numerosi festival ed è stata premiata ai Rencontres Cinématographiques de Dignes-les-Bains. Due giovani Rom interpretano sé stessi il primo giorno di scuola. Si muovono nella loro realtà nota, reinventando le loro reazioni all'ingresso in una dimensione che farà loro scoprire il razzismo. È un viaggio emozionante nel cuore di due ragazzi e nella crudeltà del quotidiano. Davvero merita la visione.
Se volete ascoltare le parole di alcuni Rom, guardate i documentari di Princigalli. Quaderni gitani sono un ottimo inizio per cominciare a sciogliere quei nodi che impediscono di pensare a una possibile convivenza.
(già qui: http://www.sulromanzo.it/blog/docufilm-quaderni-gitani-trilogia-sui-rom-rumeni-di-bari-di-giovanni-princigalli)
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