Magazine Cinema

Dogtooth

Creato il 26 aprile 2014 da Jeanjacques
Dogtooth
Dopo aver visto il controverso Miss Violence, film che non mi ha entusiasmato ma del quale ho comunque ammirato il coraggio, avevo capito che il mio momentaneo excursus sul cinema greco non poteva finire lì. E spinto dai discorsi intrapresi, qui sul blog o in altre sedi, dal poeta Caden Cotard, dovevo approfondire la visione di una cinematografia che ignoravo ma che si dimostrava portatrice di molte riflessioni. Ed è qui che a mio avviso si vede quando, anche nelle delusioni, degli autori possono dirsi interessanti o meno. Perché nonostante non abbiano appagato il mio gusto o la mia filosofia di spettatore, le loro opere mi hanno fatto porgere degli interrogativi tali che, nonostante tutto, non mi hanno fatto rimpiangere la visione. Una filosofia traballante può portarmi a chiedermi che migliorie la mia mente avrebbe potuto apportare per farla funzionare, una filosofia nulla invece mi lasci invariato. Questa è la differenza basilare, per me, e spero che qui molti possano concordare. Quindi ecco che, tramite tecnologie alternative, mi sono goduto questa produzione del 2009, qui da noi ancora inedita e che va per forza vista in lingua originale sottotitolata. E sentire quelle parlate greche mi ha portato alla mente il mio primissimo anno delle superiori, quando avevo esordito al liceo classico [per scappare con la cosa fra le gambe due mesi dopo] e delle odiosissime lezioni di greco. Ed io che volevo solo studiare il mio amato Omero...Una ricca famiglia (padre, madre ed i tre figli - un fratello e due sorelle) vivono isolati nella loro villa. La prole non è mai uscita da quei confini, sono totalmente dipendenti dai genitori, che arrivano addirittura a falsare la realtà ed il significato di alcuni vocaboli. Tutto prosegue così, fra giornate tutte uguali e giochi assurdi, ma l'equilibrio si disgregherà quando...Vedere questo film mi ha riportato alla mente La noia di Alberto Moravia, libro molto bello ma che però non sono riuscito ad amare per via di un personaggio così egocentrico e viziato. Me lo ha fatto ricordare perché era un libro che parlava, come fa intuire il titolo, della noia, senza però annoiare. Succedevano poche cose o niente, ma erano narrate con una tale maestria ed una padronanza del linguaggio che non potevo staccare l'occhio dalla carta. Questo film me lo ha fatto rimembrare perché durante la visione, ammetto, ho avuto la sensazione che si stesse andando avanti a parlare del nulla, senza contare che una volta che i titoli di coda [in greco!] hanno iniziato a scorrere ho pensato che si sarebbe potuto eliminare una parte del minutaggio senza risentimento alcuno. Sarà una considerazione superficiale o pressapochista, ma è la prima che mi è venuta in mente, ed è uno degli aspetti negativi del film. Un film che comunque mi è davvero piaciuto, anche se però non riesco a definirlo un capolavoro come molti recensori ben più abili di me hanno già fatto. E' un film dove poco o nulla viene spiegato, dove non verremo mai a sapere perché il padre padrone ha deciso di relegare i loro figlioletti in quello spazio idilliaco, anche perché questo forse è uno degli aspetti meno importanti del tutto. Perché forse c'è altro da vedere, forse non è tanto di risposte che alle volte si ha bisogno, quanto di porsi nuove domande. E forse entrerò in contraddizione con quanto detto pochi giorni fa nella già citata pellicola di Alexandros Avranas, ma qui i casi sono strettamente diversi. In quel film si mostrava un problema sociale, qualcosa di tangibile che forse meritava un trattamento più approfondito e terra-terra, qui invece si usa lo strumento cinema per una storia surreale che vuole tracciare uno spettro dell'animo umano. Ergo, il non dare delle risposte può anche essere accettato. Certo, una parte di me ha bestemmiato sonoramente per questo, ma da una parte l'ha anche accettata, perché l'attenzione ha finito per non sedimentarsi su quell'unico particolare. Quello qui rappresentato è un processo di crescita, mostra come degli esseri umani sono abituati a reagire a determinate situazioni in base all'educazione che hanno ricevuto. Ecco quindi che i tre ragazzi vedono il mondo in maniera distorta, obbediscono a un padre padrone - che come si fa coi cani, cerca di addestrarli - e vivono in un ignoranza a loro indotta. L'essere umano, come qualsiasi creatura, è malleabile ed addestrabile, ma ha delle determinate caratteristiche che lo differenziano dagli animali: la curiosità. E la curiosità non è da tutti, appartiene agli elementi più curiosi e perspicaci, come qui succederà. Alla fine sarà da un elemento, quello più intelligente, che inizierà la piccola rivolta che sfocerà nel finale dolceamaro, pur attuando quella sua trasformazione attraverso i dettami che ha ricevuto, arrivando ad operare sui canini (i denti del cane) del titolo. Perché forse è vero, il mondo fuori dal recinto può fare molta paura, ma la vera paura che si deve temere è l'ignoranza, causa di tutti i mali. Forse anche di quello che ha spinto il padre a imbastire quel macabro gioco. Una morale potente e di grande effetto, che però a mio parere non compensa del tutto una sceneggiatura pretenziosa e con alcuni buchi concettuali. Non riesco a capire perché inizialmente si soddisfino le pulsioni sessuali solo del maschio lasciando nella totale ignoranza le femmine, così come non capisco come mai i tre, nel vedere loro padre e loro madre, non abbiamo mai tentato un'emulazione e, quindi, una scoperta della vita sessuale. Manie da cagacazzi quale son io, ma tale sono e tale rimango, purtroppo. E forse è proprio perché sono un essere curioso...Rimane comunque un film dal disagio di hanekiana memoria, che forse non può piacere a tutti ma che non lascia indifferenti. E questo è l'importante.Voto: ★½DogtoothDogtoothDogtoothDogtoothDogtoothDogtooth

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines