di: Stacy Peralta
USA - Documentario
2001 - 90 min
- A Jay Adams (03. 02. 1961 / 14. 08. 2014) -
"America calls,
I must go.
Oprah saviour,
I feel that low".
- Porcupine Tree -
E' difficile non riconoscere che parecchi dei modi in cui ci figuriamo l'America - al di la' del quanto e del come l'abbiamo frequentata - sono
influenzati dal concetto (e dalle immagini che esso si porta dietro) di
abbondanza, nel senso delle opportunità più varie che da quella terra sembrano
scaturire come da una miracolosa sorgente sotterranea e che, corroborando le
donne e gli uomini che la abitano - le loro ambizioni, i sogni e, perché no ?,
le loro paure, gl'incubi più inconfessabili - mettono in fila idee, bizzarre
ossessioni, producono oggetti, mode. In generale, reiterano scarti
antropologici - quindi culturali - dando una mano non da poco alle prospettive
di sopravvivenza del Sogno Americano.
In realtà, se ciò e' vero, lo e' in parte. E forse nemmeno, a ben vedere, per
la parte più rilevante. A dire che la vitalità sociale americana, la sua in
apparenza inesauribile capacita'/ostinazione di reinventare ogni volta se
stessa - i propri simboli, i propri traguardi, le proprie manie/debolezze -
dipende in maniera decisiva da una forza che lavora lontana dalla grande
ribalta della Storia, nutrendosi di suggestioni, di slanci, d'ingenuità di
primo acchito inconsistenti, vaghi o irrilevanti - se non addirittura
velleitari o autolesionistici - ma che a volte riesce a coagularsi al punto da
esprimersi compiutamente, andando ad incidere sul presunto "corso principale
degli eventi" e, soprattutto, a rimanervi impressa, a durare davvero. E ciò in
virtù di una sorta di "orgoglio minoritario" coltivato spesso ad un passo dalla
dissoluzione sociale e dall'abbandono morale; di una emarginazione
intransigente, in cui la voglia di riscatto non può mai essere del tutto
disgiunta da una quasi feroce fedeltà a se stessi, alle proprie radici (reali o
presunte, il risultato non cambia), a ostinazioni grandi o piccole purtuttavia
tenaci - l'amicizia, di fondo, ma pure la precisione e la bellezza del gesto
fine a se stesso, la spregiudicatezza e l'azzardo come gioco che non viene a
noia, la febbre di esperienze e la frenesia dissipatoria della giovinezza.
Questo, per sommi capi, l'universo umano-fisico, psicologico, immaginifico,
emulsionato da un documento come "Dogtown and Z(ephir) boys" del californiano
Stacy Peralta, centrato sulle vite di un gruppetto di ragazzini (Peralta
incluso) che nel cuore degli anni Settanta ha trasformato quell'affascinante,
misticheggiante, americanissima stranezza che e' lo 'skateboard' in una delle
più riuscite sintesi della cultura giovanile di massa. "Life's better in the
sun" sembra sussurrarti dietro alla testa ogni fotogramma di quest'opera
premiata più volte al Sundance, come uno dei tanti adagio buttato li' per
scherzo magari su una spiaggia o arrivato da chissà dove al tavolo di un
'diner' tra una montagna di patatine e un frappe' al cioccolato. O, ancora,
scivolato sopra un soffice praticello di college - e, certo, forse con la
stessa estemporaneità destinato a finire tra le capaci mascelle di qualche
mastodonte del marketing - eppure testardo abbastanza per trasformarsi
ciononostante da ritornello dispettoso a piccola scheggia di "sottocultura", a
dire nell'altra faccia - termometro sotterraneo, paradigma inconscio,
immancabile compagno di strada - di quell'infatuazione/ossessione tanto
americana che e' il "talento". La lingua e' quella di certe giornate di mezzo
Maggio in cui tutto - sul serio e più ancora se hai dodici, quindici, sedici
anni ("oh, sweet sixteen !") e sei un tipo curioso - pare a portata di mano,
con la luce a diffondersi sulle cose striata di un'indulgenza ancora non
sospetta, di dorate trasparenze seducenti appunto perché ingannevoli. Il cielo
chiaro, come fatto di bruscoli turchese, che ha l'aria svagata di uno che si
diverte perché ha appena scoperto che non e' poi così male essere sfaccendato
(pari pari quella che ti sei ritrovato addosso dopo l'ultima "piega" - una
bella curva larga che non finiva mai - il mondo zitto e calmo a srotolartisi
dietro le spalle): ogni respiro più semplice e più morbido del vento tiepido
che sfiora le palme altezzose dei boulevard e il "sentimento del deserto"
un'espressione senza senso in bocca ad uno che probabilmente ha solo dormito
male. Tutto ciò tenendo sempre ben presente che stiamo parlando di un
particolare tipo di universo umano stratificato e in perenne convulsione quale
e' quello americano in cui possono convivere, spesso gomito a gomito e quasi
come se niente fosse, schegge di realtà in apparenza inconciliabili, tipo
l'aderenza quasi inconscia ad un quotidiano sagomato a misura di un
materialismo tanto ossessivo quanto istituzionalizzato e lo slancio,
altrettanto ancorato al profondo, di sfuggirvi attraverso - ad esempio - una
multiforme, imprevedibile, sovente pittoresca, ricerca della spiritualità.
Stesso discorso per il denaro, "divinità" idolatrata pressoché acriticamente,
nessuna più di lei implacabile, capricciosa ed esigente - vite forgiate,
indirizzate, "spese", alla sua ricerca e (ovviamente effimero) possesso -
autorita' prima, motore-delle-cose da far, comunque, in qualche modo, entrare
in relazione con le giravolte, le contorsioni dei sentimenti personali e degli
affetti, e così via...
N ella seconda meta' degli anni Sessanta il surf si era avviato con decisione oltre i limiti che circoscrivono i gesti e l'attitudine mentale di una
disciplina sportiva, intraprendendo la codificazione - per il tramite di un
fitto intreccio di rimandi simbolici, disparate suggestioni "filosofiche" e
formali, istanze di fondo da sempre tentate da atteggiamenti anticonformisti e
anti-sistema - di una vera e propria "religione laica" ["We will be conscious
of our sanctity/That ripens as we develop.../Of our roots,/Beautiful
roots/Because they are under the surface/Of our charm"//("Saremo coscienti
della nostra santità/Che matura mentre sviluppiamo.../Delle nostre radici,
/Radici stupende/Perché nascoste sotto la corteccia/Del nostro charme") - D.
Thomas -], con i suoi riti (cavalcare/domare ma "sentire"/compenetrarsi con il
Mare/Natura nella forma delle sue onde più alte e più lunghe); i suoi luoghi
"consacrati" (un certo numero di particolari spiagge in giro per il mondo); le
sue figure di riferimento nel ruolo di officianti speciali di un culto
iniziatico precluso ai "normali" (i campioni - di varie nazionalità - in gamba
al punto da distinguersi sia per la dedizione verso ciò che assurge a rango di
vera e propria regola interiore, sia per la capacita' di innovare, magari
impercettibilmente ma sistematicamente, i dettagli più minuti di uno stile che,
come scopo ultimo, deve tendere alla fusione perfetta di forza e leggerezza,
spavalderia e fluidità, competizione col rischio/preservazione dell'incolumità
e suprema grazia). In parallelo - e su una scala solo quantitativamente
inferiore - lo 'skateboard', cugino prepubere, diciamo così, del surf,
condivide con il più vistoso parente lo stesso spirito di sfida agli elementi
(ecco qui riaffiorare uno dei tratti distintivi dell'"homo americanus");
l'identica "presunzione" di protrarre in una serie d'"infiniti minimi"
l'illusione della giovinezza in guisa di bolle di tempo perfettamente
autosufficienti perché separate dal corso monotono dell'ordinarieta',
sfoggiando, in aggiunta, una sorta d'ingenuità involontaria che in parte
riassorbe la componente atletica per trasfigurarla in una dimensione ideale,
quasi favolistica (miriadi di Peter Pan che "volano" su una tavola a
rotelle...).
P eralta, esponente di punta dello Zephir-Team - assieme a Craig Stecyk, ennesimo rappresentante atipico di una certa fauna a stelle-e-strisce, a meta'
fra acuto osservatore di tendenze della più spicciola quotidianità a prima
vista insignificanti e narratore idealista di comportamenti insoliti o
marginali (suoi gli articoli specialistici che agli albori dei Settanta intorno
al nuovo evoluire dei Z-boys richiamano all'attenzione generale lo 'skate',
semi-morto e semi-sepolto da poco meno di un decennio); assemblatore frenetico
di conglomerati linguistici ed estetici eterogenei in potenza atti a produrre
una sintesi coerente ed originale (tipo un'inedita grammatica, anima gemella di
un'iconografia aggressiva, i contorni di entrambe le quali imbevute di arte
povera, di graffitismo, di slogan e micromitologie nate e cresciute in
ristrette comunità suburbane, come che sia sempre e comunque immediatamente
riconoscibili, in modo da solleticare il volubile gusto giovanile) - racconta
il suo partecipato "soul mining" e quello dei compagni di avventura con una
punta di comprensibile autoindulgenza nostalgica ma pure col sincero trasporto
di chi vuole trasmettere - anche se "solo" per immagini - l'entusiasmo
spontaneo e, per quel suo semplice bastare a se stesso, a momenti sprezzante,
di una parentesi irripetibile, sorta di "primavera sacra" che segna, da un
lato, il precoce passaggio alla maturità di un pugno di ragazzini pressoché
tutti provenienti da famiglie proletarie e "difficili"; dall'altro,
l'invenzione e il successivo affinamento di movenze agonistiche che prima non
esistevano e che avrebbero posto le premesse per la posteriore ridefinizione in
chiave "moderna" del surf-a-rotelle. Peralta fa questo attraverso l'utilizzo di
molti materiali di repertorio e di (presumibilmente) un corposo archivio
privato - fotografico e filmico - con sagacia montato secondo il ritmo nervoso
di un'alternanza di dichiarazioni 'ad hoc' rilasciate da alcuni componenti del
gruppo originario - Tony Alva, Jay Adams, Peralta stesso, Bob Biniak, Jim Muir,
Shogo Kubo, Wentzle Ruml, Peggy Oki et, nonché dai "fratelli maggiori",
istruttori, consiglieri spirituali, costruttori di tavole, coordinatori della
banda, Skip Engblom e Jeff Ho - impegnati a ricollegare i fili sparsi delle
proprie origini e della propria passione, e istantanee in movimento, persino al
limite del fotogramma-per-fotogramma, delle discese, delle curve, dei
piegamenti, dei salti, delle giravolte, dei "surfisti sull'asfalto" (per
intendersi, l'insieme dei cosiddetti "tricks", alla lettera "trucchi" intesi
come "giochi di abilita'", ma pure, e sembra davvero su misura, "scherzi"): il
tutto che congiura abilmente per dare vita ad un interessante connubio tra gli
esperimenti fotografici sulla cinesia umana di Muybridge e le variazioni
cromatiche e spaziali legate alla velocità dei Futuristi.
N ato nei tardi Cinquanta come trastullo forzoso per surfisti orfani del proprio 'ubi consistam' d'elezione (sul settore di costa californiano teatro
della vicenda di Peralta e co., le onde migliori scemano dopo le dieci del
mattino. Era quindi giocoforza diventato impellente, per mantenere alto il
livello di adrenalina e divertimento, "inventarsi" qualcosa o reinventarlo), lo
'skate' macina i suoi primi chilometri a mo' di miniaturizzazione diretta
dell'attività madre. "Surf a rotelle", allora, s'e detto, da praticare più o
meno ovunque, a qualunque ora del giorno, nei vicoli e nelle strade asfaltate,
preferibilmente disegnate come piani inclinati. Stringendo il campo, alla
congiunzione fra Santa Monica Sud, Venice e Pacific Ocean Park (detto POP),
sorge la Dogtown del titolo, sobborgo, ai tempi della nostra storia in avanzato
degrado, che aveva conosciuto, una manciata di anni prima, un effimero periodo
di gloria quando la contagiosa bizzarria e il senso del bislacco dell'indole
americana s'erano ripromessi di metter mano all'area meridionale di Venice con
l'intento di cavarne una via di mezzo tra il luogo di villeggiatura e il parco
giochi ("Il fulgido, aurato spettacolo della California.../Terre bagnate
d'un'aria più dolce e preziosa, più sana, vallate e picchi montani.../Una razza
formicolante, operosa, che si stabilisce e si organizza ovunque.../Popolose
città, le più recenti invenzioni, i vapori dei fiumi, le ferrovie, le molte
fattorie rigogliose, le macchine/E legno e grano e uve, e i terreni auriferi" -
W.Whitman -). Qui i futuri Z-boys, amici da sempre, masticano poco i libri
scolastici. Più che altro fanno surf e lo fanno molto bene. Logico, di
conseguenza, che integrando gli sforzi su un altro "tavolo da gioco" in breve
affiori un'idea tanto semplice quanto spericolata - perseguita, tra l'altro, di
puro istinto e per cocciute sperimentazioni sul campo - : trasferire "di peso"
l'armamentario dinamico del surf (postura, equilibrio, spinta del baricentro) -
in specie il bagaglio tecnico del fuoriclasse hawaiano Larry Bertlemann -
dall'oceano alla strada, ossia sullo 'skate'. Operazione a prima vista banale,
se non fosse che fino a quel momento la pratica corrente s'era limitata ad un
numero esiguo di combinazioni che non andavano molto al di la' dello slalom tra
ostacoli posti ad una determinata distanza e di una risicata cerchia di
manovre; e che la natura stessa delle soluzioni possibili in piedi su una
tavola a mollo tra le onde, non poteva prescindere - al momento di spostarsi
sulla terraferma - da un totale cambio d'impostazione da parte di colui che
intendeva completare quello spostamento, virando la teoria in prassi. In altre
parole: 'surfers' e 'skaters', come accennato, di certo erano parenti e sovente
indossavano uno i panni dell'altro ma non erano chiamati a fare esattamente la
stessa cosa. A conforto dei secondi e di una specialità - e' bene ribadirlo -
il cui esercizio dalla meta' degli anni Sessanta era andato via via riducendosi
fin quasi a sparire, interviene un cambiamento che ha tutti i crismi della
rivoluzione e che, come spesso accade nelle rivoluzioni, ha a che fare con la
materia e i suoi manufatti: cominciati i Settanta (1972) un surfista della
costa Est, Frank Nasworthy, escogita ruote composte di Uretano - un derivato
del petrolio - a sostituzione di quelle in commercio fatte di pasta argillosa,
in perenne conflitto con le asperità e le trappole dell'asfalto. E' la luce
["The waves grew sleepy - breath - did not/The winds - like children -
lulled/Then sunrise kissed my chrysalis -/And I stood up - and lived -"//("Le
onde si assopirono - il respiro - no -/I venti - come bambini - si quietarono -
/Poi l'alba bacio' la mia crisalide -/E io mi alzai - e vissi -") - E.
Dickinson]. Si guadagna subito in velocità, in aderenza, in stabilita'.
Cominciano ad essere praticabili fantasie e angolazioni un attimo prima
confinate all'iperbole. Si riduce drasticamente la distanza che separa lo
scorrimento continuo nell'acqua da quello vincolato dall'attrito sulla terra:
per lo Z-team, in particolare, l'avvento delle ruote in Uretano (modello
Cadillac) e' paragonabile alla leggendaria leva con cui sollevare il mondo.
Peralta, a sottolineare lo scarto, incalza l'occhio con una serie di
rapidissimi frammenti colorati o in b/n in cui si susseguono e non di rado si
sovrappongono le traiettorie di Adams, Muir, Biniak, Alva e soci, ognuna di
esse caratterizzata - al netto delle singole "interpretazioni" - dalla tendenza
a stare molto bassi e compatti sulla tavola e a conservare ad ogni passaggio,
ad ogni inversione, il massimo di fluidità possibile nella realizzazione della
sequenza. Nascono gli "Z-boys". E' nato uno stile.
TFK
- parte prima -
(tra una settimana la seconda parte)
Magazine Cinema
Possono interessarti anche questi articoli :
-
L'atto di nascita e la costruzione dell'inganno
Non so se chi sta seguendo questo discorso abbia già iniziato a recarsi nel proprio comune per farsi rilasciare il certificato integrale di nascita. Leggere il seguito
Da Marta Saponaro
CULTURA, DIARIO PERSONALE, PARI OPPORTUNITÀ, PER LEI -
La regola del gioco (2014)
Come pubblicizzano durante i trailer, quest'estate cinematografica dovrebbe essere particolarmente ricca e tra gli altri film che vengono citati nel corso di... Leggere il seguito
Da Babol81
CINEMA, CULTURA -
Jurassic World
Colin Trevorrow Quarto episodio della serie Jurassic Park, il piacevolissimo Jurassic World di Colin Trevorrow (con Spielberg come produttore esecutivo) si... Leggere il seguito
Da Giorgioplacereani
CINEMA, CULTURA -
Silver Key: la Chiave Argentea del Mondo dei Sogni
Da Howard Phillips Lovecraft a Neil Gaiman, passando per Robert William Chambers. Grandi scrittori e una band che parte dal neo-prog anni '80 e '90 per... Leggere il seguito
Da Dietrolequinte
CULTURA -
Mike Candys e Plastik Funk le star della quarta edizione della Molo Street Parad...
(@MoloStreetRN) L’evento si fa in 3 con Molo Extreme Beach e Molo Live Parade Il 27 giugno torna a Rimini la grande parata musicale sul porto con 50 dj, 100... Leggere il seguito
Da Giovanni Pirri
CULTURA, MUSICA -
Recensione: Quel cucciolo è mio di Letizia Draghi
Link acquisto: AmazonTrama:Cosa succede se un affascinante maltese, vincitore della Small Dogs Expo, incontra una femmina degna del suo rango, di nobili... Leggere il seguito
Da Sherzade90
CULTURA, LIBRI