Sono giorni che propinate zucca a pranzo e cena nel tentativo di smaltire gli avanzi di Jack O’Lantern (la zucca svuotata e intagliata in cui viene messa la candela…), avete pure rubato alla nipote adolescente lo smalto nero per le unghie, comprato almeno un cappello da strega, o una maschera da zombie e adesso siete pronti/e alla serata di Halloween.
Da almeno una quindicina d’anni, pipistrelli, streghe & Co infestano (è il caso di dire) case, scuole, negozi, giornali e compagnia bella ma, a parte i geni americani del marketing, la festa dei morti esiste anche da noi, e da secoli.
Mio padre mi racconta che quando era bambino, a Napoli, la sera del 1° Novembre andava con gli amichetti per le case, girando con una scatoletta nera nella quale mettere soldini o caramelle. C’è da dire che il culto dei morti a Napoli è particolarmente vivo: i defunti sono considerati custodi dei famigliari e, in cambio di preghiere per la loro anima, ci si aspetta da loro benefici nella vita pratica che vanno dai numeri del Lotto, all’aiuto per trovare lavoro… degli aiutanti di San Gennaro, insomma, con una raccomandazione per la parentela!
Non a caso è del napoletanissimo principe Antonio de Curtis (Totò) la poesia che più di tutte è entrata a far parte dell’immaginario collettivo “ultraterreno”, vero capolavoro di letteratura popolare: ‘A Livella.
A Roma invece c’era l’usanza di allestire un pasto nei pressi della tomba di un parente per tenergli compagnia, nonché quella di ricordare al lume di torce, sulla riva del Tevere, le anime di coloro che erano morti nel fiume. In Sicilia i bambini aspettano (aspettavano?) con trepidazione la mattina del 2 Novembre per andare alla ricerca dei “Pupi di zuccaro”, monetine e regalini vari che i “morti di casa”, passando durante la notte, hanno lasciato per regalo. Questa tradizione dei regali per la ricorrenza del 2 novembre era talmente sentita, che la troviamo anche nella novella di Giovanni Verga, La festa dei morti.
Ma perché la zucca intagliata?
Jack Skeletron di Tim Burton (e se non avete mai visto quel capolavoro di The Nightmare before Christmas prendete subito provvedimenti!!) prende spunto dalla leggenda del fabbro irlandese Jack, un ubriacone taccagno che riuscì per ben due volte a ingannare il Diavolo fino a fargli promettere di non chiedere mai la sua anima. Il fatto è che ad un certo punto questo Jack morì, ma non ebbe accesso al Paradiso a causa della sua vita dissoluta. Andò quindi a bussare all’Inferno ma il Diavolo, memore della promessa, lo rifiutò, rimandandolo da dove era venuto. Poiché la strada del ritorno era buia e ventosa, il Diavolo gli diede un carbone ardente e Jack, per proteggerlo dal vento, lo mise nella rapa che stava mangiando.
Ora c’è che gli emigrati irlandesi in nord America non avevano facilità a trovare rape, mentre era pieno dappertutto di zucche, che erano pure più facili da intagliare, data la grandezza!
Comunque a conferma della simbologia delle anime da salvare, a Orsara di Puglia, un paesino della provincia di Foggia, il 1° novembre si svolge una gara di zucche decorate, chiamate in dialetto “cocce priatorje”, cioè teste del Purgatorio… il mondo è veramente piccolo!!!!
In nord Europa la notte prima di Ognissanti, dall’inglese All Hallows’ Eve – da qui ad Halloween il passo è breve – coincide con la festa del capodanno celtico Samhain, la cui traduzione letterale significa “fine dell’estate”, che cadeva appunto il 31 ottobre. Questo perché per i Celti, come per tutte le popolazioni agricole, la fine dell’anno coincideva con la fine del raccolto, cioè simbolicamente con la sospensione della luce e la supremazia del buio.
Come in tutte le tradizioni che si rispettino, celtiche, mediterranee o americane che siano, dove c’è una festa c’è cibo e, come al solito, l’Italia da questo punto di vista non è seconda a nessuno!! Dai Seni della Vergine siciliani, ripieni di marmellata di zucca al gelsomino, alle Dita di Apostolo calabresi, paste di mandorla con marmellata di cedro, modellati a forma di dito, al Torrone dei morti napoletano, molto diverso da quello natalizio perché morbido e cremoso e costituito da un involucro di cioccolato che contiene una crema variamente aromatizzata, spesso colorata e arricchita di frutta secca e canditi.Comuni a un po’ tutta l’Italia sono però dei biscottini croccanti e speziati chiamati, a seconda della forma, ossa dei morti o fave dei morti, la cui particolarità sta nel fatto di essere fatti senza tuorlo… devono rimanere bianchi, sennò che ossa sono?
Buon Halloween a tutti!!
OSSA DEI MORTI
200 gr. di mandorle finemente tritate e 150 gr. di zucchero
150 gr. di farina e 2 bianchi d’uovo
5 chiodi di garofano ridotti in polvere e 1 cucchiaino di cannella in polvere
Grappa, marsala chiaro, o latte se li fate per i bimbi, zucchero a velo, sale
Mescolare le mandorle, lo zucchero, la farina, le spezie e un pizzico di sale. Montate l’albume a neve morbida poi unitelo al miscuglio, aggiungendo poco a poco tanto liquido quanto serve per ottenere un composto piuttosto sodo. Stendetelo con il mattarello allo spessore di circa 1 cm e, con l’apposita formina, ritagliate i biscotti. Se non avete la formina potete fare dei sottili cilindretti un po’ più larghi alle estremità. Cuoceteli in forno caldo a 170° per circa 40 minuti.Fateli raffreddare e cospargeteli di zucchero a velo. Gustateli con vin santo o cioccolata calda, in ogni caso attenti ai denti perché sono duri e croccantini!!