La chiusura estiva anche della sua piscina di supplenza (il 2 di agosto) ha portato la ‘povna a dover ulteriormente allargare il raggio della sua ricerca (perché stare un mese senza allenarsi non è scritto). Così, dopo breve escursione telematica, ha eletto a sua nuova dimora il complesso sportivo di Tràscina, sito a una dozzina di chilometri dalla piccola città. I vantaggi offerti da questa soluzione sono molti: l’impianto è bello, la vasca è a 50 mt, e all’aperto, costa abbastanza poco (un euro solo in più della piscina di supplenza), e, pur essendo orientata sull’estate (cioè: anche per accogliere in modalità ludica famiglie), poiché la tradizione natatoria lì è alta, è sempre previsto uno spazio serio di nuoto libero, in cui abbandonarsi in allegria alle vasche senza che dilettanti allo sbaraglio intralcino con moti instabili ritmo e stile di bracciata. Così la ‘povna si è dedicata al nuovo sito con impegno, da quando è tornata da Cambridge, scoprendo pure che resta aperto a ferragosto (risolvendole così la questione allenamento per questa settimana).
Per lo più, ci è andata in treno, ché Tràscina è sulla linea, e dunque comoda; una volta, sabato, a mo’ (anche) di mare, in auto, con Robocop e Streghetta. Ma ieri, che era domenica, complice il salto di una corsa, incerta tra aspettare due ore (ma flipparsi il pomeriggio) o fare l’andata in autobus (il prezzo è suppergiù lo stesso), la ‘povna ha deciso di privilegiare il tempo, e usufruire del servizio interurbano su gomma della piccola città.
Si è recata alla fermata (in una piazza vicino a casa, ma già in centro, assai frequentata), in bicicletta, all’alba delle 12. Ha parcheggiato, ha constatato che era 7 minuti in anticipo, e si è messa tranquilla ad aspettare. Da quel momento, fino a quando un autista solidale l’ha sbarcata in centro a Tràscina, la ‘povna non è stata lasciata un minuto in pace, in buona sostanza. Alla fermata (in piazza frequentata, lo ripete, a mezzogiorno!), prima, e poi più volte sopra l’autobus (dove un vecchio passeggero ha cercato di convincerla, con il “tu”, a scendere il paese prima, e poi usufruire di un passaggio), chiunque le ha dato il tormento: dandole a parlare, commentandola, squadrandola, facendo molto camerateschi e poco fini apprezzamenti. Lei, dal canto suo, non è che si turbi (a soddisfazione del più vieto maschilismo: indossava una canottiera non particolarmente osée e una gonnella nera che sbalzava sul ginocchio, niente di che, peraltro): è sufficientemente smart e menefreghista per tenere chicchessia a bada o per rispondere. Semplicemente, rimane, come spesso le succede, assai perplessa: che il suo paese sia ancora così tanto attardato, così provinciale, così stupido, al punto che un bus di linea, di domenica, di giorno, si trasformi in un microcosmo a modello di gamerra; al punto che nessuno trovi tutto questo uno scandalo, e dunque che nessuno faccia niente. Perché la ‘povna, appunto, è aloof, e abituata a viaggiare e se la cava sempre. Ma lei pensa alla tipologia di passeggeri da bus che potrebbero avere bisogno di tranquilla sicurezza (i suoi alunni, le sue bimbe, tante donne). E tutto quello che ha visto e sentito non le piace.
Al ritorno da Tràscina, complici gli orari favorevoli, la ‘povna ha ripreso amico-treno, dove il mondo è assai più normale e più moderno. Inutile dire che la settimana scorsa, a Cambridge, le è capitato, di mattina, pomeriggio, sera, tra le 7 e mezzanotte, di salire e scendere da qualunque mezzo pubblico (in una occasione, vestita anche elegante) e che nessuno, se non per rispondere, con molta gentilezza, a una sua esplicita richiesta di informazione o chiarimenti, ha dedicato alla sua anonima persona mezza occhiata.
Magazine Diario personale
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