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Domenico Losurdo risponde ad alcuni lettori 3

Creato il 22 dicembre 2010 da Domenicolosurdo
João Carlos Graça, Lisboa, 11 dicembre 2010 20:40 Dear Professor Losurdo

First of all, thank you for managing to discuss on a high level and "for the sake of argument" such a sordid subject as this one.
I add to what you said that the "official" definition of various regimes as "totalitarian", "despotic", "tyrannical", etc. is mostly a matter of a ex post, tautological reasoning. It is not the nature of the regime of Milosevic, for instance, that defines him as a tyrant. It is the fact that he behaved "badly" (from the point of view of Western interests), and that the West waged a war against him, that tautologically implies the conclusion that he was a totalitarian tyrant, etc. The same goes obviously for Ahmadinedjad, Chávez, Mugabe... even Putin and Medvedev, if they persist in the errors of their ways, not recognizing the real masters of the universe...
As to single party regimes, such as Saddam's Iraq or today's China, the thing is acknowledgedly different. But we ought to at least consider the possibility of instauring formally multi-party regimes out of an invasion and occupation, such as with today's Iraq and Afghanistan, in order to put in perpective the importance of the distinction between formally single-party and formally multi-party regimes: in which possible senses are today's Iraq and Afghanistan arguably "democracies"?...
All this, of course, leaving aside the consideration of today's "bipartisan democracies" as a case of de facto "bicephalous monopartidism" (see your Democrazia i Bonapartismo); or the fact that, for instance, multi-party India is indeed the country of castes (or is it Nietzsche's "innocence of becoming"?), of millions of "slumdogs", etc. - by vivid contrast with the Confucian-Marxian comparatively democratic ethos of China's communist mandarins.
All this doesn't conflict either with your assertion (which I absolutely support) that even against definitely non-democratic regimes aggressive war would be in any case an unsustainable option, and indeed an insufferable hypocrisy and a horrendous crime.
All of this, finally, leaves aside the fact that people like Kissinger, Peres and others have also won the Nobel Peace Prize! So, how come this dirty institution has managed to have the importance that is has even among the Western Left (if these words are supposed to mean anything other than a contradiction in terms)?
My apologies for not being able to write in Italian (in spite of managing to read it), and so having to use English as "lingua franca".
Saudações cordiais
DL: Saluto e sottoscrivo in pieno il contributo fornito da João Carlos Graça sui temi del «Nobel per la pace», del «totalitarismo» e della Cina. Su quest’ultimo, in particolare, vorrei sottolineare che tra la politica di Deng e quella di Mao ci sono elemnti di discontinuità ma anche di continuità. Riprendo qui un pagina del mio libro «Fuga dalla storia»:
Sedici anni dopo [nel 1956], Mao invita a non dimenticare che, nonostante l’avvento del partito comunista al potere, il quadro della Cina è ancora contrassegnato in primo luogo dal sottosviluppo:
«Bisogna che tutti i quadri e il popolo tutto si ricordino continuamente che la Cina è sì un grande paese socialista, ma anche e al tempo stesso è un paese povero ed economicamente arretrato. Si tratta di un’enorme contraddizione. Se vogliamo che il nostro paese divenga ricco e potente, allora occorrono alcuni decenni di sforzi ostinati».
In questo momento sembra individuare la contraddizione principale non già nel conflitto tra borghesia e proletariato, come farà soprattutto negli anni della Rivoluzione Culturale, ma nella sfasatura tra socialismo e arretratezza. Ma allora quale atteggiamento bisogna assumere nei confronti della borghesia nazionale?
«Quanto poi alla nostra politica nelle città, a prima vista dà un po' l'impressione di essere di destra: infatti abbiamo conservato i capitalisti e gli abbiamo concesso anche un interesse fisso per sette anni. E dopo sette anni come ci regoleremo? Quando arriverà il momento vedremo il da farsi. La cosa migliore è lasciare aperto il discorso e dargli ancora un po' di interessi. Sborsando un po' di denaro ci compriamo questa classe [...] Comprandoci questa classe l'abbiamo privata del suo capitale politico così che non ha nulla da dire [...] Questo capitale politico dobbiamo espropriarlo fino in fondo e continuare a farlo finché gliene sarà rimasta anche una sola briciola. Ecco perché non si può dire neanche che la nostra politica nella città è di destra».
Si tratta dunque di distinguere tra espropriazione economica e espropriazione politica della borghesia. Solo quest’ultima dev’essere condotta sino in fondo, mentre la prima, se non è contenuta in limiti ben precisi, rischia di compromettere lo sviluppo economico chiamato a garantire l’integrità territoriale e la rinascita del paese e, dunque, il rispetto del patto sociale in base al quale i comunisti hanno conquistato il potere. Nell’estate del 1958, Mao ribadisce il suo punto di vista di fronte all’ambasciatore, piuttosto diffidente, dell’Unione Sovietica: «In Cina ci sono ancora capitalisti, ma lo Stato è sotto la direzione del partito comunista».

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