Magazine Diario personale

Don Carlo- autore sara

Da Michele Orefice @morefice73

A Coblenza tutti quelli che lo conoscono, lo chiamano Pastor Karl Schommer. Ma per noi, intendo per la nostra famiglia, lui è Don Carlo.
L’ ho conosciuto il giorno prima del funerale di Virginia. Il titolare delle pompe funebri ci aveva fissato un appuntamento con un prete che avrebbe celebrato il funerale di nostra figlia. Eravamo disperati. Abbiamo suonato il campanello della sua casa e lui ci ha accolti. Ci siamo seduti al tavolo e gli abbiamo raccontato la nostra storia, quella di Virginia. Il nostro tedesco non era un granchè, ricordo che lui ci disse in italiano che potevamo spiegarci anche nella nostra lingua perchè lui in Italia aveva studiato e vissuto per qualche anno. Quello fu il primo raggio di sole di quel periodo straziante. Quello fu il primo regalo di Virgi, il primo di una lunga serie. Un prete che non solo capiva la nostra lingua ma che capiva anche cosa significa vivere in un altro stato. Lui infatti aveva svolto il suo ministero anche in Spagna e in Cecoslavacchia. Ricordo, poi, che durante il funerale piangeva, piangeva realmente. Io guardavo quell’uomo ed ero stupefatta. non avevo mai visto un prete piangere.Pensavo a tutti i funerali che doveva aver celebrato e ciò nonostante piangeva per questa bambina che non aveva neppure conosciuto. E’ una persona capace di compassione, dote sempre più rara. Lo ho visto piangere anche a casa nostra quando ci raccontava della fame che aveva il popolo tedesco dopo la seconda guerra mondiale.
Ma l’amicizia è arrivata qualche giorno dopo. Mi telefonò a casa e, parlando in italiano, mi disse che sarebbe passato per una tazza di caffè. Venne a casa nostra e giocò con i nostri bambini. Quella fu la prima di una lunga serie di visite che ci fece e che continua a farci.
Succede così, dopo la messa, nella quale , tra l’altro, Sofia fa la chirichetta, andiamo a salutarlo e poi finisce che ci troviamo tutti a casa nostra a mangiare insieme. Si parla di tutto, un po’ in tedesco e un po’ in italiano. Parliamo di cultura, di confronti fra le nostre due nazioni, parliamo di fede, di religione. Ci interroghiamo sulle modalità per avvicinare alla chiesa chi della chiesa non vuole sentir parlare. Ridiamo con i bambini che lo coinvolgono in tutte le loro occupazioni. Insegna matematica a Sofia, parla di calcio con Tancredi e si fa trascinare in giro per casa da Matilde. Lui ha bisogno, penso io, di una famiglia, di sentire calore e amore. Quando arriva Don Carlo è sempre una festa. A volte arriva con un pezzo di torta, a volta con qualche caramella per i bambini. E spesso torna a casa con una qualche marmellata fatta da me. E’ venuto in ospedale quando è nata Annamaria e ha celebrato il suo battesimo e anche la Prima Comunione di Sofia.
Io, per scherzare con Michele, l’ho soprannominato “Sir Charles”, perchè è sempre vestito in modo elegante, cosa non frequente in Germania. Credo che gli piaccia vestirsi bene e sono sicura che ama il cibo italiano. E’ un uomo buono, forse, ma è solo una mia impressione, non un prete particolarmente fervente, ma in questa terra credo sia facile perdere l’entusiasmo di fronte ad una chiesa semi vuota. Ma ha qualcosa che purtroppo non ho visto in molti preti: la capacità di voler bene e di stare in mezzo alla gente. Ha visitato la nostra casa mettendo in pratica la vera carità cristiana: consolare le case colpite dal lutto. Ma lui lo ha fatto con il cuore e così ne è nata una vera amicizia. L’ho osservato anche nelle fiere di quartiere passare da un tavolo all’altro per scambiare qualche parola con più persone possibili.
Ieri sera ha cenato con noi. E’ stato un invito dell’ultimo secondo ma sono riuscita a imbastire una cena buona, con tanto di frittelle di riso. Quando si è congedato, sulla porta, si è girato e ci ha ringraziato per l’amicizia e per il sostegno che gli diamo.
Credo che di questo abbiano bisogno i preti: di non rimanere dietro all’altare ma di essere coinvolti nella vita delle famiglie della loro parrocchia. Credo che abbiano un gran bisogno di sentirsi parte della loro parrocchia. Hanno bisogno di sentire che sono apprezzati, di un complimento per la predica, per un’iniziativa, per qualsiasi cosa. Le critiche non hanno mai fatto migliorare nessuno, non fanno crescere l’autostima e demoralizzano quei pochi preti che ancora ci sono. La Madonna a Medugorie continua a dirci di pregare per loro e di non criticarli. Io comincio a pensare che dovremo fare qualcosa di più. Dimostrare loro la nostra gratitudine per il lavoro che ogni giorno fanno per noi.I preti hanno bisogno di sapere che non sono da soli a combattere a fianco di Dio, ma che noi cristiani siamo con loro, nel nostro piccolo. Hanno bisogno di non sentirsi semplicemente usati quando c’è bisogno di loro per un funerale o un battesimo. Don Carlo ce lo ripete spesso che la gente si rivolge ai preti solo per bisogno e raramente per dare o semplicemente per affetto. Mi piace parlare con lui, è il primo prete che posso definire un vero amico.
Tutti lo chiamano Pastor Karl, per noi, invece, è Don Carlo.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :