È la seconda delle tre opere italiane che il compositore austriaco scrisse su libretto di Lorenzo Da Ponte (che era al servizio dell'imperatore d'Austria), il quale attinse a numerose fonti letterarie dell'epoca. Essa precede Così fan tutte (K 588) e segue Le nozze di Figaro (K 492), e venne composta tra il marzo e l'ottobre del 1787, quando Mozart aveva 31 anni.
Commissionata dall'imperatore Giuseppe II, non andò tuttavia in scena per la prima volta a Vienna, bensì al Teatro degli Stati di Praga. Don Giovanni è considerata uno dei massimi capolavori di Mozart, della storia della musica e della cultura occidentale in generale.
I personaggi sono:
Don Giovanni: giovane cavaliere molto licenzioso che passa la vita a sedurre le donne (baritono o basso).
Leporello: servitore di Don Giovanni. Trascrive le conquiste amorose del suo padrone su un catalogo (basso-baritono o basso).
Commendatore: il Signore di Siviglia e padre di Donna Anna; all'inizio dell'opera sarà ucciso da Don Giovanni poi tornerà sotto forma di statua per punirlo (basso o basso profondo).
Donna Anna: figlia del Commendatore e promessa sposa di Don Ottavio (soprano).
Don Ottavio: promesso sposo di Donna Anna (tenore).
Donna Elvira: nobile dama di Burgos abbandonata da Don Giovanni. Donna Elvira lo cerca affinché si penta delle sue malefatte (soprano o mezzosoprano).
Zerlina: contadina corteggiata da Don Giovanni (soprano o mezzosoprano).
Masetto: promesso sposo, molto geloso, di Zerlina (baritono o basso).
Contadini e Contadine: amici di Masetto e Zerlina (coro).
Servi: servitori e gendarmi di Donna Anna e Don Ottavio (coro).
Suonatori: suonatori di Don Giovanni (coro).
Demoni e Diavoli: entità infernali richiamate dalla statua del Commendatore per trascinare Don Giovanni all'inferno (coro).
Una rilettura del mito di Don Giovanni[modifica | modifica wikitesto]
Lorenzo Da Ponte, ritratto.
L'impronta di Lorenzo Da Ponte, futuro poeta di corte a Vienna, si avverte in maniera sensibile in tutte e tre le opere italiane scritte per Mozart (cioè, Nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte). Il librettista veneto lavorò con molti dei più grandi operisti italiani del tempo, tra cui Antonio Salieri. In particolare, mentre lavorava alla stesura del Don Giovanni, Da Ponte stava scrivendo contemporaneamente il libretto di Axur, re d'Ormus per Salieri (versione italiana del Tarare andato in scena pochi mesi prima a Parigi) e L'arbore di Diana per Martìn y Soler.
Da Ponte, nella collaborazione con Mozart per la stesura dell'opera, si appoggiò ad un precedente libretto di Giovanni Bertati intitolato Don Giovanni, o sia Il convitato di pietra, apportandovi per altro importanti modifiche. Bertati aveva quasi certamente derivato il suo testo da un dramma in versi pubblicato nel 1630 del grande scrittore spagnolo Tirso de Molina, Il seduttore di Siviglia e il convitato di pietra (El burlador de Sevilla y Convidado de piedra).
Il tema di Don Juan Tenorio, ripreso dalla fantasia popolare, consentì a Tirso de Molina - che articolò il suo racconto in tre distinte giornate del burlador de Sevilla - di inaugurare quella che sarebbe stata la fortunata sorte letterario-musicale del don Giovanni. Un riferimento importante per Da Ponte e Mozart fu sicuramente anche il Don Giovanni o Il convitato di pietra di Molière.
Wolfgang Amadeus Mozart, ritratto.
In particolare, mentre le atmosfere cupe e intrise di un religioso senso di colpa sono da riferirsi al modello di Tirso de Molina, l'immagine del libertino impenitente, ateo e irriverente al punto da scherzare con le ombre dell'aldilà e sfidare persino il giudizio divino, sono assai vicine alla commedia di Molière. Tuttavia, il compiacimento un po' crudele con cui Don Giovanni tratta le sue conquiste, è segno di una certa misoginia che non compare in Molière, e che invece è da ascrivere interamente a Mozart e Da Ponte (anche guardando in prospettiva storica la terza opera della "trilogia", cioè il Così fan tutte).
Il protagonista[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Don Giovanni.
Don Giovanni passa la vita a sedurre donne. L'elenco di quelle da lui conquistate nel girare il mondo è conservato da Leporello sul suo catalogo: in Italia 640, in Alemagna (Germania) 231, in Francia 100, in Turchia 91 e in Spagna 1003. In questo cavaliere, licenzioso quanto coraggioso, si è talvolta voluto vedere una proiezione di Mozart perché anch'egli era un grande seduttore di donne per la sua fama, anche se questo non è mai stato sostenuto da nessun documento storico. Don Giovanni finirà poi vittima del suo errore più grave, ossia di non pentirsi davanti alla statua del Commendatore, non soltanto rifiutandosi per ben tre volte di farlo, ma spingendosi a simulare il pentimento davanti a Donna Elvira solamente per raggiungere i suoi scopi. Proprio per questi motivi, verso la fine dell'Atto II, scontrandosi con la statua del Commendatore venuto dall'oltretomba e che, con un amore infinito, lo esorta a cessare ogni violenza e a pentirsi, il nobile finirà all'inferno. Per questo motivo Mozart e Da Ponte hanno conferito a Don Giovanni questa fissità frenetica, brutale, ossessiva e dissennata, così caratteristica della cultura della nostra epoca, e che ritroviamo nella musica del libertino, particolarmente nella famosa aria n°11 (Finch'han dal vino), nota anche col nome di Aria dello champagne. Il Don Giovanni non lascia indifferenti, poiché provoca e disturba con la sua ironia, ma non tradisce la sua intenzione ben definita: ci mostra la supremazia delle leggi dell'universo sull'arbitrarietà della tirannia, lanciandoci una sfida, spiegando perché l'opera non piacque ai viennesi.
Le due versioni[modifica | modifica wikitesto]
Il Teatro degli Stati di Praga
L'opera andò in scena per la prima volta a Praga il 29 ottobre 1787 dopo diversi rinvii avutisi a partire dal 14 ottobre; dopo i consensi entusiastici di quella "prima", il compositore scriveva, con comprensibile entusiasmo: "L'opera è andata in scena con il successo più clamoroso possibile"; d'altronde sappiamo che la sera del 3 novembre vi era stata la quarta serata con incasso "a beneficio del compositore" e vi è pure notizia che molti insistettero per trattenere Mozart a Praga in vista di una nuova opera; l'impresario Guardasoni, proprio in quei giorni, si affretta a scrivere a Da Ponte: "Evviva Da Ponte! Evviva Mozart! Tutti gli impresari, tutti i virtuosi devono benedirli! Finché essi vivranno, non si saprà mai cosa sia la miseria teatrale". Dopo il grande successo praghese l'opera venne rappresentata poi, nel mese di maggio dell'anno successivo, a Vienna. La prima città veniva, per certi versi, vista come un luogo di prova della versione definitiva che poi si sarebbe eseguita nella seconda cioè a Vienna nel Burgtheater.
Del resto il pubblico viennese, piuttosto conservatore, avrebbe probabilmente accettato malvolentieri l'opera nella sua versione originaria, ragione per la quale l'autore eseguì non pochi tagli e rilevanti modifiche. Il principale taglio riguardò il finale del secondo atto, dove venne eliminata la scena 20, in cui si ritrovano tutti i personaggi a commentare la fine di Don Giovanni, con il concertato finale in re maggiore che contiene la morale conclusiva:
" Questo è il fin di chi fa mal:
E de' perfidi la morte
Alla vita è sempre ugual. "
In sostanza, nella versione viennese l'opera si conclude con la scena 19, e cioè la contesa di Don Giovanni col Commendatore e la sua discesa all'inferno in mezzo al coro (soli bassi) delle anime dannate. Secondo alcuni, il taglio della "scena ultima" sarebbe avvenuto già a Praga; secondo altri, non sarebbe avvenuto mai, né a Praga, né a Vienna.
Burgtheater di Vienna.
Questa scelta artistica di Mozart fu probabilmente dettata dal voler concludere l'opera nella stessa tonalità (re minore) in cui incomincia l'ouverture, dandole così un aspetto ciclico. La disputa tra i sostenitori della partitura praghese e quelli della partitura viennese nacque quasi immediatamente.
Anche in tempi moderni si ritrovano entrambe le scelte (il maestro Riccardo Muti preferisce quella viennese in re minore). Dal punto di vista filologico, la disputa è stata però definitivamente risolta dai membri della Neue Mozart-Ausgabe[1] (un'autorevole istituzione che lavora dagli anni cinquanta alla revisione critica dell'opera mozartiana), a favore della versione praghese: dal punto di vista storico, infatti, nel 1700 una tragicommedia era sempre conclusa da una scena d'assieme che conteneva la morale della storia.
Nella versione praghese non sono presenti l'aria Dalla sua pace, il duetto Per queste tue manine, l'aria Mi tradì quell'alma ingrata e si dice anche l'ultima scena Ah dove il perfido, mentre nella versione viennese sono presenti. La scelta più spesso usata dai direttori d'orchestra è quella praghese ma è possibile anche ascoltare quella viennese (John Eliot Gardiner, Roger Norrington e René Jacobs la preferiscono).
Nonostante ciò il Don Giovanni, per quanto avesse una bellissima musica e che nella versione di Praga ottenne un grandissimo successo, nella versione viennese non fu molto apprezzato dal pubblico, non per la musica, ma per la trama dove un nobile, ossia Don Giovanni, muore, e in questo modo poteva provocare delle ribellioni del popolo contro altri nobili, ed in questo caso contro l'imperatore austriaco; quindi Mozart e Da Ponte non riuscirono ad ottenere un successo della loro opera paragonabile a quello praghese, infatti, l'imperatore Giuseppe II ebbe a dire che: "Il Don Giovanni non è pane per i denti dei miei viennesi".
Rappresentazioni a Praga e a Vienna[modifica | modifica wikitesto]
Personaggi Tipo di voce Prima rappresentazione a Praga, 28 ottobre, 1787
(Direttore: Wolfgang Amadeus Mozart) Versione di Vienna, 7 maggio 1788
(Direttore: Wolfgang Amadeus Mozart)
Don Giovanni basso/baritono Luigi Bassi Francesco Albertarelli
Il Commendatore basso profondo Giuseppe Lolli Francesco Bussani
Donna Anna soprano Teresa Saporiti Aloysia Weber Lange
Don Ottavio tenore Antonio Baglioni Francesco Morella
Donna Elvira soprano/mezzosoprano Catarina Micelli Katherina Cavalieri
Leporello basso/basso-baritono Felice Ponziani Francesco Benucci
Masetto basso/baritono Giuseppe Lolli Francesco Bussani
Zerlina soprano/mezzosoprano Caterina Bondini Saporiti Luisa Laschi Mombelli
Coro: Contadini, contadine, servi, musicisti, coro di Demoni
Katherina Cavalieri (Donna Elvira) è stata la prima Konstanze in Il ratto dal serraglio, Francesco Benucci (Leporello) il primo Figaro in Le nozze di Figaro, e Aloysia Weber-Lange, la cognata di Mozart, ha cantato spesso nelle sue opere liriche.
L'opera
Il Don Giovanni è un dramma giocoso diviso in due atti. In realtà, questa dicitura che compare nel sottotitolo originale dell'opera dice abbastanza poco sul carattere di essa: "dramma giocoso" era infatti anche il nome con cui all'epoca venivano definite farse del tutto assurde. Dal punto di vista formale essa è un'opera buffa (così come la chiama Mozart nel suo catalogo), con la presenza di elementi tratti dall'opera seria, come i pezzi scritti per Donna Anna e Don Ottavio.
L' ouverture è composta da due parti, una è un Andante con moto, che verrà ripetuto nella penultima scena, nel momento in cui la statua del Commendatore entrerà nella casa di Don Giovanni. La seconda parte, invece, è un Allegro di carattere festoso. La prima aria dell'opera è Notte e giorno faticar, cantata da Leporello, seguita poi dall'ingresso di Donna Anna e di Don Giovanni, che interpretano insieme al servo il trio Non sperar se non m'uccidi.
La caratterizzazione psicologica dei personaggi è il vero capolavoro di Mozart e Da Ponte: Don Giovanni, pur essendo nobile, veste quasi il ruolo del tipico basso buffo settecentesco (vocalmente, un baritono o un basso-baritono), quasi a sottolineare l'immoralità del suo comportamento che, per così dire, lo "abbassa" di livello. Leporello (anche lui un basso ai limiti del buffo, la cui estensione va da un "Fa grave" fino al "Mi acuto") è invece un personaggio frequentemente in bilico tra l'ironia, l'insolenza e la sottomissione nei confronti del padron Don Giovanni. Sono presenti figure comiche o dal contorno quasi bucolico (i contadini Masetto e Zerlina) ma c'è tra queste e le figure drammatiche una forte commistione che fa prevalere le seconde, portatrici di forti valori morali ed etici da trasmettere al pubblico. In particolare, in contrasto alle figure semplici ma eticamente forti, all'ascoltatore moderno non può non risultare ridicola la affettata serietà di Don Ottavio (tenore), definito da qualche critico il "fidanzato modello": mentre Masetto per difendere la sua Zerlina è disposto anche a prendersi botte da Don Giovanni (travestito in quell'occasione da Leporello), Don Ottavio per la sua Donna Anna non riesce a reagire se non con un timido "un ricorso vo' far a chi si deve, e in pochi istanti vendicarvi prometto" cosa che in realtà, non farà mai.
Tuttavia, né Mozart, né Da Ponte sicuramente ebbero l'intenzione (almeno esplicita) di mettere in ridicolo Don Ottavio, dando invece al suo ruolo una musica smagliante e un tono magniloquente, da opera seria (ricordiamo a conferma di ciò che il primo Don Ottavio, Antonio Baglioni, fu anche il primo interprete di Tito nella Clemenza di Tito). A questo proposito è da segnalare il magnifico duetto del primo atto (Don Ottavio e Donna Anna), Fuggi, crudele, fuggi, che potrebbe essere il gioiello di un'opera seria, il duetto fra un Cesare e una Cleopatra, o fra un Alessandro e una Candace.
Gli altri due personaggi seri, Donna Anna e Donna Elvira, ricevono pure grande attenzione da Mozart sul piano musicale: Donna Anna in particolare fu interpretata da cantanti di primo livello (Teresa Saporiti alla prima di Praga e addirittura Aloysia Weber Lange, il grande amore giovanile di Mozart, a Vienna). Da segnalare nel ruolo di Donna Anna il magnifico Rondò che chiude le arie solistiche del secondo atto, Non mi dir, bell'idol mio, dove Mozart fa largo uso della coloratura, qui però intesa in senso profondamente drammatico. Se l'immoralità di Don Giovanni tenderebbe a svilire le figure femminili (e principalmente Donna Anna e Donna Elvira), Mozart con la sua musica le trasfigura in eroine.
Leopold Mozart, ritratto
Elvira, dal punto di vista musicale, ha una caratura simile a quella di Donna Anna: l'importanza delle prime interpreti (fra cui la diva Katherina Cavalieri a Vienna) conferma la sostanziale equivalenza al ruolo della compagna di Ottavio. Anche dal punto di vista vocale, Donna Elvira è un soprano come Anna, seppure dall'ottocento in poi sia invalsa la tendenza ad attribuire a Donna Elvira la voce del mezzosoprano. Da segnalare l'aria Ah fuggi il traditor del primo atto, in cui Mozart addirittura ricorre a delle reminiscenze haendeliane. Appositamente scritto per la Cavalieri (notissima cantante dell'epoca) è l'aria solistica del secondo atto, Mi tradì quell'alma ingrata, caratterizzata anche questa da un largo uso della coloratura.
Insomma, stilisticamente il Don Giovanni è in bilico fra opera seria e buffa, e allo stesso modo, il tono generale oscilla fra tragedia e commedia, ben giustificando quindi il sottotitolo "dramma giocoso" con cui da Da Ponte sigilla l'intera opera. Non si potrebbe infatti forse porre il Don Giovanni di Mozart sullo stesso piano delle grandi tragedie greche, il cui obiettivo catartico è a noi ormai noto da tempo, e riuscire ad intravedere nella statua del Commendatore quel deus ex machina, dalla natura quasi divina, trasmettitore di giustizia e moralità? Tutto questo potrebbe giustificare la continuazione del titolo, ovvero "Il dissoluto punito".
Infatti, arie e recitativi dei due atti sono preceduti in apertura da una sinfonia dalla matrice tutt'altro che allegra, che inizialmente non troverebbe motivo per essere stata scritta con tali toni drammatici, visto ciò che ci si aspetta da una sorta di "commedia", ma che trova con pienezza la sua spiegazione alla fine dell'opera, in cui ricompare e si riesce a cogliere nel susseguirsi dei suoni, l'idea di una sorta di ring-composition, di una ciclicità quasi epica nella narrazione, che sembra, coi suoi cerchi concentrici, avvolgere a poco a poco il corpo di Don Giovanni fino a stringerlo per trascinarlo nell'oltretomba.
Il filosofo danese Søren Kierkegaard scrisse un lungo saggio in cui afferma, citando Charles Gounod, che il Don Giovanni è "un lavoro senza macchia, di ininterrotta perfezione". Il finale, in cui Don Giovanni rifiuta di pentirsi, è stato argomento delle dissertazioni filosofiche e artistiche di molti scrittori, tra cui George Bernard Shaw, che nel Man and Superman parodiò l'opera con un esplicito riferimento a Mozart nel cliente della scena finale tra il Commendatore e Don Giovanni[2].
Il film di Milos Forman Amadeus (1984) offre una singolare interpretazione psicoanalitica del Don Giovanni, identificando nella figura del Commendatore quella di Leopold Mozart, morto pochi mesi prima del debutto e come "risorto" dalla tomba per richiamare al dovere il figlio libertino e scapestrato.
Trama
Atto I
Leporello attende il suo padrone Don Giovanni, introdottosi mascherato in casa di Donna Anna per sedurla e, se del caso, violentarla, lamentandosi della sua condizione di servitore. Ma la tentata violenza da parte del nobile non riesce: egli era intento a cercare di violentare Donna Anna che, anche se all'inizio credeva che fosse il suo fidanzato Don Ottavio a farle visita, subito dopo si era accorta dell'inganno ed era riuscita ad allontanare il nobiluomo dalla sua stanza, facendolo scappare fino in giardino, dove il servo lo attendeva. Sopraggiunge allarmato il Commendatore, padre di Anna, che dopo aver mandato la figlia a chiamare i soccorsi, sfida a duello Don Giovanni. Questi, prima riluttante, accetta ed in pochi istanti uccide il vecchio. Ritrova Leporello che spaventato, si era nascosto ed ora che il Commendatore è stato ucciso, al nobile ed al suo complice non resta che fuggire. Donna Anna, quando scopre il cadavere del padre, sviene per il dolore; Don Ottavio, che l'accompagna, la soccorre e le promette di vendicare la morte del suocero a qualsiasi costo.
Nel frattempo, Don Giovanni è per strada con Leporello in cerca di nuove conquiste e, mentre parla con quest'ultimo, scorge da lontano una fanciulla tutta sola e le si avvicina, ma quando scopre che quella dama è Donna Elvira, da lui già sedotta ed abbandonata pochi giorni prima e che ora lo cerca disperata d'amore, si trova in grande imbarazzo. Don Giovanni cerca di giustificarsi e quando Donna Elvira viene distratta da Leporello, si allontana in fretta lasciando il povero servo a tentare di placare la furia funesta di donna Elvira: viste le circostanze, egli non può far altro che rivelarle la vera natura del carattere di Don Giovanni e l'infinita serie delle sue conquiste di donne in tutto il mondo: 640 in Italia, 231 in Germania, 100 in Francia, 91 in Turchia e in Spagna 1003.
Donna Elvira, sebbene sia sconvolta e molto triste, non vuole arrendersi e ricercherà quel birbone di Don Giovanni affinché si penta definitivamente delle sue malefatte. Intanto, un gruppo di contadini e contadine festeggiano le nozze di Zerlina e Masetto. Don Giovanni e Leporello, fuggiti da Donna Elvira, vanno a vederle. Intenzionato a sedurre la fresca sposina, Don Giovanni fa allontanare con una scusa il marito in compagnia di Leporello (che stava corteggiando alcune invitate) con tutti gli altri paesani suscitando l'ira di Masetto che però riesce a contenersi e, rimasto solo con la giovane Zerlina, la invita a seguirlo e le promette di sposarla. Proprio quando Zerlina sta per cedere alle promesse e alle lusinghe di Don Giovanni, sopraggiunge Donna Elvira arrabbiatissima, che la avvisa delle cattive intenzioni del malvagio libertino e la porta via con sé mentre arrivano Donna Anna e Don Ottavio, venuti a chiedere a Don Giovanni aiuto per rintracciare l'ignoto assassino del Commendatore, senza sapere che sia stato proprio lui. Donna Elvira arriva di nuovo e dice di non credere a Don Giovanni, ma questi la accusa di essere pazza. Donna Anna e Don Ottavio, partiti Don Giovanni e Donna Elvira, rimangono soli: Donna Anna ha riconosciuto dalla voce di Don Giovanni l'uccisore del padre, ricorda al fidanzato la sua promessa e poi parte. Rimasto solo, Don Ottavio rimane stupito dalle parole di Donna Anna, ma prima di arrestare Don Giovanni, decide di andarla a consolare.
Don Giovanni, per sedurre Zerlina, ordina a Leporello di organizzare una grande festa in onore del matrimonio. Partiti, Zerlina cerca di farsi perdonare da Masetto ma nel frattempo arriva Don Giovanni che li invita al ballo insieme agli altri paesani. Prima della festa, Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira vogliono andare mascherati al matrimonio che Don Giovanni ha organizzato, per arrestarlo. Il donnaiolo ordina a Leporello di invitarli, senza sapere le loro intenzioni. Arrivano contadini e contadine in festa che iniziano a scherzare e ballare. Il cavaliere balla con Zerlina e la conduce in disparte per farla sua, mentre Leporello intrattiene ancora Masetto. Ma la giovane grida fuori scena e tutti vengono in suo soccorso. Don Giovanni dapprima cerca di accusare della tentata violenza l'innocente Leporello, ma Donna Elvira, Donna Anna e Don Ottavio, gettate le maschere, lo accusano apertamente e cercano di arrestarlo insieme a Masetto, Zerlina e agli altri paesani. Don Giovanni e Leporello, però, riescono a fuggire.
Atto II[modifica | modifica wikitesto]
La Sera, di fronte alla casa di Donna Elvira, Don Giovanni e Leporello discutono animatamente (Eh via, Buffone). Inizialmente quest'ultimo, dopo le accuse rivoltegli ingiustamente, vorrebbe prendere le distanze dal suo padrone, ma questi, offrendogli del denaro, lo convince a tornare al suo servizio attuando una nuova impresa: scambiare con lui gli abiti in modo tale che mentre il servo distrae Elvira, egli possa corteggiare impunemente la sua cameriera. Donna Elvira, affacciatasi alla finestra (Ah, taci ingiusto core), cade nel tranello e si illude che Don Giovanni si sia pentito e ravveduto.
Dopo che Donna Elvira e Leporello travestito si sono allontanati, Don Giovanni intona una serenata sotto la finestra della cameriera (Deh vieni alla finestra). Sopraggiunge Masetto in compagnia di contadini e contadine armati in cerca del nobile per ucciderlo. Protetto dal suo travestimento, Don Giovanni riesce a far allontanare tutti gli altri tranne Masetto (Metà di voi qua vadano): rimasto solo con il giovane e con l'inganno privato delle sue armi, Don Giovanni lo prende a botte e si allontana. Zerlina, di lì passante, soccorre il marito che quando le rivela l'accaduto, decide insieme a questi di catturare non solo Don Giovanni ma anche il suo sfortunato complice dato che Masetto crede di esser stato picchiato da lui (Vedrai carino).
Nel frattempo, Leporello travestito non sa più come comportarsi con Donna Elvira che lo incalza e vorrebbe fuggire senza dare nell'occhio: trovata un'uscita, decide di tagliare la corda, ma è bloccato dall'arrivo di Donna Anna, Don Ottavio, Zerlina e Masetto accompagnati da servi, contadini e contadine, che credendolo Don Giovanni, si fanno avanti per catturarlo e ucciderlo, non prima che però il poveretto riveli la sua vera identità (Sola sola in buio loco). Le cose comunque non cambiano, Zerlina lo accusa di aver picchiato Masetto, Donna Elvira di averla ingannata e Don Ottavio e Donna Anna di tradimento, quindi lo vogliono uccidere ugualmente. Il servo spiega a Masetto e a Zerlina di non sapere nulla, dato che è da un'ora che gira con Donna Elvira e spiega a Donna Anna e a Don Ottavio che non ha colpa di tradimento verso di loro, poi fugge (Ah, pietà signori miei). Don Ottavio è sempre più deciso ad assicurare Don Giovanni alla giustizia e parte per vendicare gli amici (Il mio tesoro). Mentre Masetto cerca Don Giovanni, Zerlina raggiunge Leporello e cerca di eliminarlo perché non crede alle sue parole, ma con l'inganno Leporello riesce a fuggire nuovamente (Per queste tue manine). Zerlina, insieme a Donna Elvira, cerca di inseguirlo ma sopraggiunge Masetto che spiega che Leporello è innocente perché ha visto Don Giovanni con gli abiti del servo, poi partono. Donna Elvira, rimasta da sola, dà sfogo a tutta la sua amarezza e rabbia ai suoi sentimenti contrastanti, divisi fra l'amore per Don Giovanni e il desiderio di vendetta nei suoi confronti (In quali eccessi e Mi tradì quell'alma ingrata).
È notte fonda, verso le due. Don Giovanni si è rifugiato nel cimitero e attende Leporello. Questi arriva e racconta al padrone ciò che gli è capitato dicendo che avrebbe fatto meglio ad andarsene invece di accettare la sua offerta di soldi: Giovanni reagisce ridendo di gusto all'accaduto del suo servo, ma all'improvviso si ode una voce minacciosa: "Di rider finirai pria dell'aurora". Stupiti, si guardano intorno per vedere di chi fosse quella voce tenebrosa, ma la si sente ancora dicendo "Ribaldo, audace, lascia ai morti la pace". È la statua funebre del Commendatore a parlare. Leporello è tremante nascosto sotto una panchina, ma Don Giovanni non ne è per nulla intimorito, anzi, ordina beffardo a Leporello, terrorizzato, di invitarla a cena (Oh statua gentilissima): la statua accetta rispondendo terribilmente "Sì".
Palazzo del Commendatore, notte. Don Ottavio chiede a Donna Anna se si sia decisa a sposarlo. Donna Anna dice che lo ama moltissimo ma è troppo addolorata per la perdita del padre, quindi dichiara che potrà sposarlo solo quando il colpevole di questo atroce delitto (Don Giovanni) sarà arrestato (Non mi dir). Don Ottavio non può fare a meno di darle ragione: lui e i suoi amici vendicheranno il Commendatore, ma nessuno di loro sa che Don Giovanni lo ha invitato a cena nel suo palazzo.
Max Slevogt: Don Giovanni l'incontro con la statua del Commendatore, 1906
Nel palazzo di Don Giovanni, tutto è pronto per la cena: la tavola è preparata, i musicisti sono al loro posto ecc... Quindi Don Giovanni si siede a mangiare. Il licenzioso cavaliere si intrattiene ascoltando brani delle opere: Una cosa rara di Vicente Martín y Soler, Fra i due litiganti il terzo gode di Giuseppe Sarti e infine in una spiritosa autocitazione, Le nozze di Figaro, in quel caso, l'aria di Figaro Non più andrai farfallone amoroso dello stesso Mozart (Già la mensa è preparata). Giunge all'improvviso Donna Elvira, che implora ancora una volta a Don Giovanni di pentirsi (Ultima prova dell'amor mio), ma questi si prende gioco di lei e la caccia via. La donna esce di scena, ma la si sente gridare terrorizzata. Don Giovanni ordina a Leporello di andare a vedere cosa stia accadendo là fuori e si sente un altro grido e questa volta è Leporello a tornare pallidissimo e tremante: alla porta c'è la statua del Commendatore! Dato che il servo è troppo spaventato, lo stesso Don Giovanni, allora, si reca ad accoglierla a testa alta mentre il servo si nasconde sotto al tavolo Entra quindi la statua del Commendatore (Don Giovanni a cenar teco), vedendo Don Giovanni stupito e Leporello tremante che cerca di convincere il padrone a scappare, malgrado egli rifiuti.
Il "convitato di pietra" vuole ricambiare l'invito, e propone a Don Giovanni di recarsi a cena da lui, porgendogli la mano. Impavido e spericolato, Don Giovanni accetta e stringe la mano della statua: pur prigioniero di quella morsa letale, rifiuta fino all'ultimo di pentirsi. Il Commendatore, molto arrabbiato, scompare in mezzo a nubi di foschia, improvvisamente compare fuoco da diverse parti e si sente un gran terremoto; sono demoni e diavoli che stanno richiamando il libertino all'inferno. Egli cerca di sfuggire al suo destino ma il potere dei mostri è troppo forte e Don Giovanni viene inghiottito dalle fiamme dell'inferno. Giungono gli altri personaggi con servi, contadini e contadine pronti ad arrestarlo. Leporello riferisce l'orribile scena appena accaduta. Dato che il Cielo ha punito l'incorreggibile libertino, Don Ottavio chiede a Donna Anna se questa volta ella sia disposta a sposarlo ma il suo cuore si deve ancora sfogare, Masetto e Zerlina vanno a cena insieme ai loro amici, Donna Elvira, poiché l'unico uomo che ha amato, Don Giovanni, è morto, decide di ritirarsi in convento e Leporello va a cercare un padrone migliore. Il sipario si chiude infine sui personaggi che dopo aver cantato il concertato finale (Questo è il fin di chi fa mal) si allontanano in direzioni diverse.
Organico orchestrale[modifica | modifica wikitesto]
La partitura di Mozart prevede l'utilizzo di
2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti
2 corni, 2 trombe, 3 tromboni
timpani
mandolino
archi
Il basso continuo nei recitativi secchi è garantito dal clavicembalo o dal fortepiano e alcune volte anche dal violoncello
Nel Finale del primo atto sono inoltre previste tre orchestre da suonare sul palco: la prima composta da 2 oboi, 2 corni, archi senza violoncelli, la seconda e la terza da violini e contrabbasso.
Anche se non indicato esplicitamente in partitura, la Tafelmusik del finale del secondo atto viene anch'essa solitamente eseguita sul palcoscenico: essa è formata da 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 1 violoncello. Il mandolino viene usato per accompagnare la canzonetta di Don Giovanni del secondo atto (N. 16). I tromboni vengono usati esclusivamente per accompagnare le parole della statua del Commendatore nella scena del cimitero (secondo atto) e nel finale dell'opera. I timpani, oltre alle suddette scene, anche nell'ouverture.
Il ruolo di Donna Anna è affidato a un soprano. Mozart ha scritto per il personaggio delle arie ben note e della musiche che sono considerate tra più belle e apprezzate fra quelle uscite dalla penna del genio salisburghese. Le arie e i motivi ben noti eseguiti del personaggio a cui si fa riferimento sopra sono: "Don Ottavio, Son morta..(Recitativo accompagnato) Or sai chi l'onore rapire a me volse..."(Atto I) e "Crudele? Ah, no, mio bene!...Non mi dir, bell'idol mio, che son io crudele con te" (Atto II). Tra le interpreti più famose che hanno cantato il ruolo ricordiamo: Leontyne Price, Edda Moser, Elisabeth Grümmer, Teresa Stich-Randall, Carol Vaness e Edita Gruberova.
Tra gli interpreti del ruolo di Don Ottavio (tenore) (parte anch'essa dotata di arie memorabili come "Dalla sua pace" dall'atto I e "Il mio Tesoro intanto" dall'atto II) citiamo: Anton Dermota, Gösta Winbergh, Luigi Alva, Nicolai Gedda, Léopold Simoneau e Jan Peerce (interprete di questo ruolo soprattutto nel continente americano: al Metropolitan Opera e a San Francisco).
Tra le cantanti che hanno affrontato il ruolo di Donna Elvira (la sua aria più famosa è "Mi tradì quell'alma ingrata", dall'Atto II, composta per la seconda rappresentazione dell'opera, al Burgtheater di Vienna) spiccano: Elisabeth Schwarzkopf, Lisa Della Casa, Pilar Lorengar, Teresa Zylis-Gara, Lucine Amara e Sena Jurinac.
Il ruolo di Leporello (celebre per l'aria "Madamina, il catalogo è questo", anche detta "aria del catalogo") è stato ricoperto tra gli altri da: Ferruccio Furlanetto, Sesto Bruscantini, Fernando Corena, Geraint Evans, Erich Kunz, Walter Berry, Giuseppe Taddei, Ezio Flagello e negli ultimi anni Bryn Terfel.
Tra i cantanti che hanno interpretato il ruolo di Masetto si possono annoverare: Theodor Uppman e il già citato Walter Berry(cantante).
Tra le interpreti di Zerlina citiamo: Mirella Freni, Graziella Sciutti, Roberta Peters, Rosalind Elias (mezzosoprano), Laurel Hurley e Hilde Güden.
Tra gli interpreti del commendatore ricordiamo: Kurt Moll, William Wildermann, John Macurdy e Matti Salminen.
Collegamenti esterni
ARENA. Ha debuttato ieri sera l'opera di Mozart nella regia di Franco Zeffirelli del 2012 rivisitata da Stefano Trespidi
Gianni Villani
Cambi di scena veloci e una spigliata direzione d'orchestra di Stefano Montanari Ottima prova di Carlos Alvarez nel ruolo del titolo e di Saimir Pirgu come Don Ottavio
Don Giovanni, un momento dell'opera all'esordio ieri sera in Arena FOTO BRENZONI
Non aveva avuto vita facile il Don Giovanni di Mozart, al suo debutto areniano del 22 giugno 2012. La regia, a cui mancava la presenza di Franco Zeffirelli per cause derivate dalla sua avanzata età, era un po' monca, priva di una plausibile drammaturgia, con cambi di scena impacciati e lungaggini al limite della sopportazione. Poi ad intralciare il tutto si era messo di mezzo anche il maltempo, con un freddo da stagione autunnale avanzata, che non aveva contribuito a favorirne il normale svolgimento.Ora l'opera, che ha fatto il suo esordio stagionale ieri sera, nella ripresa rivisitata e corretta da Stefano Trespidi, è parsa sicuramente migliorata, più pulita rispetto al 2012, tradizionale, senza tanti fronzoli, ma nemmeno con scatti in avanti. Tuttavia con cambi di scena abbastanza rapidi (la fluidità e la durata dello spettacolo ne hanno beneficiato) anche nel difficile finale a vista, in cui Don Giovanni si deve confrontare con la statua parlante del Commendatore da lui assassinato.Nell'opera mozartiana devono confluire contemporaneamente molti aspetti, come in un imbuto, trovando nella musica e nella sua capacità di dire e sottendere -ma nello stesso tempo di negare molte cose contemporaneamente- il terreno più fertile per nutrire i significati più diversi. Ma vi si trovano anche l'ambiguità e la polivalenza psicologica, in grado di amalgamare in qualcosa di apparentemente unitario, tessere disparate e le più eterogenee.Al buon esito della serata in Arena ha contribuito, per la sua parte, anche la spigliata direzione di Stefano Montanari (impegnato alla tastiera), senz'altro da ascoltare per la musicalità che la sorregge e per l'evidente carica teatrale che l'anima, frutto di una avvertibile esperienza maturata. Ma in una narrazione dai tempi nuovi, riconoscibili già nella varietà con cui si articolano i recitativi vividi e pieni di vita, che tuttavia hanno messo alla frusta, in qualche occasione, coro ed orchestra (specie nella sezione degli archi) e pure i cantanti, in evidente debito di ossigeno. Don Giovanni era lo spagnolo Carlos Alvarez, voce signorile, di strepitosa bellezza, capace di una certa ampiezza, ma in più dotata di personalità immediatamente riconoscibile per l'accento imperioso e aristocratico, di vera suggestione. Un protagonista che ha saputo giganteggiare nel finale col suo "Che chiedi, che vuoi?": incarnazione come mai prima dell'orgoglio illuminista che aveva costruito il mondo, dove ora si muove e si confronta col sovrannaturale che lo inghiotte. Il suo alter ego, Alex Esposito, è un Leporello istrionico, capace di essere un vero folletto in palcoscenico, ma con una vocalità non troppo adeguata all'ampiezza dell'Arena. Nella ripresa video per conto di Rai 5, di cui ha goduto lo spettacolo, forse la microfonazione renderà ottimale una vocalità che di fatto dal vivo sonora non è. La debuttante Irina Lungu ha cercato di essere una Donna Anna fremente, ma il ruolo per ora non le si addice, colpa di acuti al limite, di agilità perigliose e accenti generici. Maria José Siri, plasma una Donna Elvira dai tratti molto personali, ma con frasi spezzate, agilità discutibili e un cipiglio al limite del verismo. Saimir Pirgu canta invece, come sempre benissimo, il suo Don Ottavio. Il timbro incanta per la morbida purezza e la superiore musicalità che guidano la linea vocale: in più il fraseggio è ricco di abbandono e di partecipazione emotiva.Rafal Siwek è un Commendatore vocalmente non irreprensibile e non ha la ieraticità necessaria nella grande scena del banchetto, a causa di una inadeguata forza drammatica. Christian Senn (Masetto) e Natalia Roman (Zerlina) formano una coppia paesana di buona vivacità, e soprattutto lei, di canto squisito, pur se di maniera. Discreta la partecipazione del pubblico, ma Don Giovanni non è certo il Nabucco (strapieno) della serata precedente, e qualche buco, anche vistoso, nelle gradinate si è dovuto pure contare.
FESTIVAL LIRICO. Il maestro spiega la chiave seguita per dirigere l'opera di Mozart che ha debuttato sabato
Gianni Villani
"Non ha senso il confronto con opere come Aida, l'impatto sonoro e visivo qui è diverso, dato dai cambi continui e dai colpi di scena"
Dopo tanta attività operistica e sinfonica, al Filarmonico ed al Ristori, è venuta l'ora di mettere piede in Arena. Un'idea che non lascia indifferente il maestro Stefano Montanari chiamato sul podio per dirigere il Don Giovanni di Mozart. Che spiega: "Sono stato per lungo tempo a Verona (per qualche anno pure come docente al Conservatorio Dall'Abaco ndr), ma non avevo mai messo piede in Arena. Beh! Devo ammettere che è davvero un posto speciale". Se lo aspettava un incarico del genere? Col Don Giovanni?No, nel senso che fino allo scorso anno non ci avevo mai pensato, visti i titoli che corrono di norma in Arena: Aida, Nabucco, Carmen (che ho tuttavia già diretto a Lione). Tutti capolavori di grande tradizione. Non avrei mai pensato però che Don Giovanni potesse trovare uno spazio nell'anfiteatro. Quando me lo hanno proposto Mi ha fatto un piacere enorme.Pensa che l'opera mozartiana riuscirà ad avvincere pure il grande pubblico all'aperto?Il problema vero è avere in mente l'obbligo di fare paragoni. Certamente non dobbiamo pensare allo stesso impatto sonoro e visivo di un'Aida. Sarebbe pazzesco solo immaginarlo. Facciamo un Don Giovanni e basta. Abbiamo una bella regia, il cast è valido, l'orchestra non lo ha nelle corde perché non lo suona quasi mai. Ma per questo ci stiamo organizzando, senza snaturare la partitura, anche se l'organico areniano è davvero esagerato per fare quest'opera. Il compito è trovare quell'agilità propria dell'orchestra mozartiana. Chiaro che non è semplice metterla in moto. Dobbiamo fare capire al pubblico che si tratta anche di un livello di settaggio acustico opposto a quello delle solite opere che ascolta, dove i cantanti devono pensare di trovare un tipo di pronuncia, l'articolazione delle consonanti diverse da quelle usate in un teatro piccolo.Senza una adeguata veste drammaturgica, l'opera rischia di diventare sterile. Lei è d'accordo?Si, certamente. Come farei a dissentire? Come pensa allora di orientare la sua direzione per contribuire a che il don Giovanni esploda in tutta la sua vitalità?Intanto il punto a favore dell'opera è un susseguirsi di colpi di scena, anche sonori, di mille dinamiche, sfumature, cambi di tempi, intenzioni diverse. Senza tutto questo il Don Giovanni non può reggere. Viene piuttosto piatto, diventa persino noioso. Si dice che alcune partiture "suonano da sole". E' vero, ma bisogna metterne in evidenza le caratteristiche, senza mai usare il bianchetto, ma semmai un bel evidenziatore. La sua specializzazione nella musica barocca le impedisce di avvicinare altre opere scritte nell'Ottocento? Oppure no?No. Non è un problema mio, ma semmai delle direzioni artistiche. Amo molto il repertorio verdiano. Anzi faccio un appello pubblico, se volete un Falstaff: sono pronto.Ha abbandonato la pratica del suo amato violino per abbracciare definitivamente la bacchetta?Dipende dai momenti. Quest'anno suonerò abbastanza lo strumento. Mi sono ritagliato degli spazi riempiti da molti concertiChe ne pensa di un bel festival barocco nei nostri teatri Ristori?Penso che un bel festival barocco si potrebbe fare anche in Arena, con i Concerti grossi di Corelli suonati da 500 orchestrali o i Fuochi di artificio di Haendel con 1200 strumentisti, come si faceva nel Settecento. Solo barocco a Verona?I miei progetti vanno da Carmen all'Elettra di Strauss, si figuri. Carmen in Arena, la prossima estate? Mi appassionerebbe molto. Lanciamo l'idea.