Chissà se nel 1931 don Giacomo Alberione si sarebbe immaginato che nel 2015 il direttore del suo settimanale Famiglia Cristiana avrebbe dovuto spiegare cosa è la famiglia. Eppure in una società che mette in discussione anche le cose più ovvie e dove la famiglia tradizionale è diventata una specie di tabù, anche don Antonio Sciortino deve scendere in campo per dire senza mezzi termini che se l'Italia vuole uscire dalla crisi deve investire seriamente sulla famiglia. Cosa che non è mai stata fatta, neppure quando al governo c'era un partito che si ispirava ai valori cristiani. Ma anche per esortare le famiglie italiane, che il 20 giugno manifesteranno a Roma, ad essere protagoniste e far valere anche alle urne la loro forza premiando le forze politiche che prevedono una seria politica familiare. " Non si può solo parlare sulla famiglia e della famiglia ma bisogna dare la parola alla famiglia", spiega il direttore di Famiglia Cristiana, che in questi giorni era a Cagliari per una conferenza sul tema "Comunicare la famiglia, ambiente privilegiato dell'incontro nella gratuità dell'amore", organizzata dall'Ucsi, dalle Suore Paoline e dall'Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali.
Don Sciortino, sulla famiglia si sta consumando un grande scontro ideologico. Qual è la sua posizione?
Se continuiamo a parlare in modo ideologico della famiglia non troveremo mai un accordo. Invece di parlare della famiglia astratta parliamo in concreto. La Costituzione Italiana, all'articolo 29, parla della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e con dei figli. Non possiamo considerare famiglia qualsiasi forma di unione: se tutto è famiglia nulla è famiglia. E' giusto che se ci sono unioni stabili un legislatore debba riconoscere dei diritti, ma la famiglia è un'altra cosa. Non possiamo chiamare con lo stesso nome cose ben diverse.
Come vede oggi le famiglie italiane?
Qualcuno oggi vorrebbe rottamarle quasi come fossero qualcosa che appartiene al passato. Invece non c'è nulla di più aperto al futuro: chi ha dei figli non può che pensare a programmare e quindi aprirsi al domani. Questo Paese parla tanto di famiglia ma poi concretamente fa poco a suo vantaggio. In Italia non c'è mai stata una politica familiare seria degna di questo nome. Alla famiglia sono sempre state date le briciole, dei bonus una tantum. Ma questa non è una politica familiare, questo vuol dire far l'elemosina: questa è un'offesa alla famiglia. Bisogna capire che la famiglia non è un problema, ma una risorsa. E' questa la grande rivoluzione culturale che dobbiamo portare avanti. Un paese che non ha nuove generazioni e non ha figli muore. L'Italia è uno dei paesi con il tasso di natalità più basso al mondo: fra qualche decennio avremo pochi giovani che non potranno sostenere il peso di 22-23 milioni di anziani e superanziani. Insieme ai giapponesi, gli italiani sono il popolo più longevo al mondo e voi in Sardegna avete una serie di ultracentenari che vi danno addirittura il primato in Italia. Questo è sicuramente un bene perché si è allungata la vita ed è migliorata la qualità della vita. Ma se mancano le nuove generazioni andiamo incontro a un suicidio demografico: che equilibrio ci sarà nei prossimi decenni quando circa 8 milioni di giovani dovranno sostenere 22-23 milioni di anziani?
Quali possibili soluzioni?
Un Paese serio che pensa al proprio futuro ha il dovere di investire sulla famiglia, deve investire sui giovani. Deve programmare una politica familiare duratura, strutturale come fanno altri Paesi. Pensi che l'Italia dedica alla politica familiare soltanto l'1,4% del Pil, mentre la media europea è del 2,4. Ci sono nazioni come i Paesi scandinavi e la Francia che hanno invertito il basso tasso di natalità perchè oggi dedicano alle politiche familiari più del 4% del Pil: chi investe sulla famiglia investe sul futuro, perché se cresce la famiglia cresce anche il Paese.
Eppure sembra che ci sia un disegno finalizzato a smantellare la famiglia...
E' folle un paese che vuole smantellare la famiglia perché è la cellula fondamentale della società. Crea coesione e crea benefici. I figli non sono una proprietà privata, sono la ricchezza di un Paese. Un Paese che non ha nuove generazioni è vecchio e fatto per vecchi: non ha futuro. Se non inverte questa tendenza l'Italia andrà verso il suicidio. Finora però tutti i governi hanno fallito. E questo è successo anche quando al governo c'era un partito che si ispirava ai valori cristiani. Una politica familiare seria non è mai stata fatta. Ad esempio in Italia non c'è un fisco equo perché lo Stato, a parità di reddito, considera nello stesso modo un single e una famiglia con tre o quattro figli. Lo Stato deve considerare la composizione della famiglia e non semplicemente il suo reddito: è una questione di giustizia. Se crede che i figli siano veramente una ricchezza deve investire con forza sul futuro. Invece oggi chi mette al mondo un figlio in questo paese è a rischio povertà: non ci sono reti di sostegno.
Quali?
Parlo di asili nido, di armonizzazione tra i tempi del lavoro e i tempi della famiglia. E anche di più sostanziosi assegni familiari. In Germania, dove si sta sta facendo una importante politica familiare, lo Stato eroga assegni familiari robusti per ogni figlio fino al compimento dei 25 anni se prosegue gli studi. Ciò vuol dire che lo Stato crede nelle famiglie. Invece in Italia le donne non sono sostenute sufficientemente: abbiamo un tasso di lavoro femminile molto basso e le donne sono spesso costrette a scegliere tra la maternità o la professione. Non c'è quel sostegno per cui una donna può realizzarsi nella maternità e nella famiglia e armonizzare questa sua vocazione con il lavoro.
Questa mancanza di sostegno è collegata all'aborto?
Se ci fossero maggiori aiuti forse calerebbe anche quello. Ovviamente non è l'unico motivo però un maggiore sostegno aiuterebbe tanto. Se una mamma viene abbandonata a se stessa, se non ha solidarietà attorno a lei le difficoltà possono davvero travolgerla. Oltretutto in questi momenti di crisi le famiglie sono il migliore ammortizzatore sociale perchè garantiscono assistenza alle persone bisognose di cure e agli anziani. Ma soprattutto ammortizzano il problema del lavoro dei giovani. Se a livello nazionale la disoccupazione giovanile è al 33-34%, in regioni come la Sardegna e le altre regioni del Sud siamo intorno al 50%. Questo vuol dire che un giovane su due non ha speranza e non ha futuro. Un paese serio parte da qui. Le principali preoccupazioni devono essere queste. Chi ha una responsabilità politica deve perdere il sonno per risolvere il problema delle nuove generazioni. Oltretutto quei pochi giovani che ce la fanno spesso vanno all'estero a cercare il futuro: noi li prepariamo ma altre nazioni godono i benefici della loro preparazione.
Parliamo di informazione: Secondo lei i mass media stanno trattando correttamente i temi della famiglia?
Una cattiva informazione che non rappresenta la famiglia reale ma modelli mediatici che riguardano frange parziali della popolazione non giova a nessuno. Anche perchè sembra che sulle famiglie ci sia una specie di congiura del silenzio. Faccio un esempio: qualche giorno fa il presidente Mattarella ha fatto un bellissimo discorso al forum delle famiglie dicendo che la famiglia è una risorsa, che bisogna investire sulle famiglie, bisogna metterla al centro dell'attenzione sociale e restituirle il ruolo pubblico che le spetta anche secondo la Costituzione italiana. Eppure questo discorso non è assolutamente passato sui media se non sui media di ispirazione cattolica. Lo ha raccontato Avvenire, l'abbiamo fatto noi sul nostro sito ma non gli altri media: sembra che parlare della cosiddetta famiglia tradizionale sia politicamente scorretto. Ci vogliono far credere che la famiglia sia un retaggio del passato, una cosa inadeguata alla modernità mentre tutte le ricerche sui giovani ci dicono che la loro aspirazione principale è la famiglia. I giovani vogliono fare famiglia. Purtroppo però questo desiderio si scontra con le difficoltà reali: la precarietà non ti permette di comprare casa e accendere il mutuo, non ti permette di mettere al mondo dei figli. Sei costretto a vivere con i genitori fino a oltre trent'anni. Una politica seria che pensa al futuro del Paese dovrebbe partire da questi problemi concreti. Il Papa proprio qui a Cagliari ha usato un'espressione fortissima: il lavoro non è solo portare il pane a casa ma è una questione di dignità. Un sindacalista non avrebbe avuto la forza di dire queste cose. Bisogna partire da qui.
Eppure sembra che l'informazione sia in mano a chi vuole tacitare certi argomenti.
Ci sono delle lobby anche a livello di informazione. Le famiglie devono rivendicare una maggiore visibilità rispetto a quella concessa alle frange estreme manovrate da lobby molto potenti. E' per questo che la questione del matrimonio omosessuale acquista sulla stampa tutta questa rilevanza.
Cosa possiamo fare noi giornalisti?
Dovremmo iniziare a raccontare la bellezza della famiglia e la bellezza del matrimonio. E' vero che nel giornalismo un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce, ma una foresta ha la sua bellezza. Noi dobbiamo riuscire a raccontare la bellezza, la varietà e le sorprese del bosco. La nostra deontologia professionale ci impone di raccontare il vero volto della famiglia. Invece in tv vediamo famiglie che non hanno alcun riscontro con la realtà. Le famiglie allargate con più genitori vengono presentate come una cosa piacevole ma non è così: la frattura che si crea in un bambino per la separazione è un segno che resta per tutta la vita. La televisione ci racconta una famiglia mediatica dove i bambini vengono tranquillamente spostati da un luogo all'altro come dei pacchi postali ma non racconta la famiglia vera. Questo crea degli stili di vita, dei modelli che noi assorbiamo: se non ci adeguiamo a quello che racconta la tv ci sentiamo quasi fuori posto.
Come uscire da questa situazione?
La famiglia deve prendere più coscienza, diventare più protagonista del suo ruolo sociale. Le famiglie dovrebbero ricordarsi che hanno diritto di voto e che che possono far pesare alle urne questa loro forza. Lo sta facendo il forum delle associazioni familiari, ma bisognerebbe che lo facessero tutte le famiglie che devono finalmente diventare protagoniste. Non si può parlare solo sulla famiglia e della famiglia ma bisogna dare la parola alla famiglia. L'Italia potrà uscire dalla crisi solo se saprà ripartire dalle famiglie. E bisogna chiarire un punto: non è una questione confessionale. La famiglia è un valore di tutti. E' un patrimonio dell'umanità che deve essere salvaguardato: se non ci fosse bisognerebbe inventarla.