Don Seppia condannato a nove anni e mezzo

Da Stenazzi

Don Riccardo Seppia è stato condannato a nove anni e mezzo di carcere. Quattro anni e due mesi per violenza sessuale e per tentata induzione alla prostituzione minorile; quattro anni e otto mesi per offerta plurima di droga; otto mesi per cessione di cocaina.  Prima della lettura della sentenza il parroco di Sestri Ponente ha letto un messaggio in aula: «Chiedo scusa per il mio comportamento morale perché ho commesso degli sbagli. Ho sbagliato a comportarmi in quel modo».

Questo l’articolo scritto da Alessandra Gavazzi per Gente che andò a Genova subito dopo l’arresto di don Seppia.

Ora che la porta della chiesetta di Santo Spirito è sbarrata, adesso che nessuno sale per la scala ripida della canonica e che la gente passa svelta facendo finta di non vedere le scritte di insulti che hanno imbrattato i muri, c’è da chiedersi se davvero a Sestri Ponente qualcuno sapesse chi era davvero don Riccardo Seppia. In molti l’hanno scoperto solo sabato 15 maggio. Quando lui, parroco da quindici anni, da molti descritto come severissimo e irreprensibile, è stato prelevato dal suo appartamento e arrestato dai militari del Nas di Milano. Perché proprio da lì è partita un’indagine lunga e complessa, che vede indagati in tutto almeno otto persone per un giro di droga, doping e anabolizzanti. Copertura per il traffico, palestre e saune della città. E qui entra in scena don Riccardo. Che, stando alle intercettazioni telefoniche e ai testi degli sms, era in perenne ricerca di ragazzi giovanissimi con cui avere rapporti sessuali in cambio di cocaina. Così si è arrivati all’arresto, disposto dalla procura di Genova con accuse choc: il sacerdote avrebbe ceduto la droga ad almeno quattro giovani in cambio di incontri consumati in canonica. Ma soprattutto per sei mesi avrebbe abusato di un chirichetto 15 enne, affetto da un lieve ritardo mentale e affidato con la più totale fiducia a don Seppia dai genitori, entrambi lavoratori. Con lui, sono al momento indagati a piede libero un ex seminarista genovese, un commerciante della zona e uno spacciatore marocchino, che il prete avrebbe utilizzato per agganciare alcuni ragazzini che si prostituivano nelle zone industriali vicino al porto. Con sms da brivido: «Non li voglio 16 enni, sono già vecchi. A 14 anni vanno bene. Meglio se hanno dei problemi in famiglia». Una condotta criminale, immediatamente condannata dal Vaticano: il giorno dopo, infatti, il cardinale Angelo Bagnasco si è precipitato a portare conforto ai fedeli e a un quartiere profondamente scossi. Anche perché, oltre al chirichetto molestato, anche altri bambini della zona sarebbero stati avvicinati dal prete. Come tramite, i messaggini sul cellulare. «È una cosa incredibile, a me sembrava un bravo sacerdote. Ora mi chiedo cosa sarebbe potuto succedere se mio figlio avesse dato seguito a quei contatti», ha confidato a Gente il padre di uno di loro. Fa il primo anno delle superiori e forse per vergogna non si è confidato con i genitori. «Io e mia moglie non ci siamo accorti di nulla finché i carabinieri non hanno bussato alla nostra porta, dopo l’arresto. Per fortuna però il nostro è un ragazzo sveglio e non ha mai risposto a quell’uomo, che insisteva perché andasse a confessarsi. Ha capito da solo che c’era qualcosa di strano». Anche perché adesso che il caso è su tutti i giornali, in tanti ammettono che don Seppia aveva due facce. «Che fosse gay, che amasse andare a ballare nei club per omosessuali a Sanpierdarena, che facesse tardi e rincasasse a volte accompagnato, si sapeva», conferma Alessandra, giovane parrucchiera. Il suo negozio è a cento metri dalla chiesa di Santo Spirito. «Però che avesse attenzioni morbose per i bambini, quello no. Mio figlio ha 6 anni, qualche pomeriggio l’ho mandato a giocare con i bambini della parrocchia. Pensarci adesso mi fa venire la pelle d’oca. Dovrebbero darlo in mano alle mamme, avrebbe quel che si merita». D’altra parte, però, in molti avevano ritirato i figli dall’oratorio. «Ma mica per il sospetto di abusi», continua Alessandra. «La verità è che era un gran rompiscatole, rigido e fiscale sulla frequenza delle messe. Era cupo, brusco, mai dolce, mai un sorriso. Evidentemente era uno cui non piaceva fare il prete». Lo sconcerto è ancora più forte in chi ha sempre frequentato la chiesa. «Io faccio la catechista e non mi sono accorta di nulla, pensi che amarezza mi porto dentro», racconta una signora di mezza età che preferisce rimanere anonima. «Mi sento presa in giro come persona e offesa come volontaria». Mai un sospetto? «Lui mi è sempre sembrato un educatore, punto. Poi cosa facesse le mattine che non c’era, come mai in chiesa comparisse solo al pomeriggio, ho sempre pensato fossero affari suoi», continua la catechista. «Mi sento usata da quell’uomo e credo che abbia gettato fango anche sul mio lavoro coi ragazzi. Ai loro, poi, non so come lo spiegheremo, ci vorrà tempo, magari l’aiuto di uno psicologo». E nell’aria aleggia la domanda di una nonna: «A mia nipote ha negato la cresima, diceva che non era ben preparata. Tutti sapevano che aveva qualcosa che non andava. E allora perché nessuno l’ha fermato?».


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