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Donna artista: uccidi ciò che ti è più caro

Creato il 20 luglio 2014 da Femina_versi @MicaelaTweets

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Nella scrittura devi uccidere ciò che ti è più caro, scriveva Faulkner.
Vale anche per i parenti? Mi chiedo.

Una donna ha molti più darlings da eliminare, non solo interiori (stereotipie, luoghi comuni, convenzioni, passioni) che possono cronicizzare la scrittura su linee mono-tone. Una donna ha anche un mondo esterno di affetti-doveri che condizionano la sua creatività a tal punto da non lasciarle spazio, mentale e fisico.
Uccidi l’angelo del focolare se vuoi scrivere, ammoniva Virgina Woolf: ovvero colui o colei che interiormente ti redarguisce ogni qual volta “perdi tempo” per un processo creativo che richiede tempo, testa e solitudine.

La donna artista, la donna creatrice e creativa, non ha uno studio per sé e se ce l’ha è pur sempre condiviso. Sta scrivendo, suonando, dipingendo e qualcuno spunterà per chiedere dov’è la carta igienica, se è possibile guardare un film o dove sono finiti i calzini. Come se i darlings fossero stranieri nella loro stessa dimora, come se il ruolo di madre, compagna o moglie faccia parte della loro stessa coscienza e non presupponga una separazione.

Il processo creativo è eternamente spezzato, frantumato, ridotto in briciole da recuperare e incollare nuovamente in un’immagine coerente.
All’uomo è consentito isolarsi, distrarsi, divagare, essere d’umore mutevole (è un artista) alla donna meno. E questo non ci arriva solo dal mondo esterno che innocentemente perpetua dei luoghi comuni ma soprattutto dal mondo interno: dai nostri ammonitori dell’anima condizionati a dare di noi un’immagine che stia ferma tra le righe.

Kill your darlings, cara donna artista, senza troppa pietà o sensi di colpa. Autorizzati a creare anche fuori dal matrimonio, dall’unione, dalla famiglia.
Tradisci. Tradisci il sacro ruolo e sii solo te stessa.

Nessuna donna nata in questo mondo è immune ai piaceri della bontà. Si nasce alla bontà: è la nostra primogenitura.
Solo molta grinta e un’ostinazione incrollabile ci spingono a esigere il diritto alla cattiveria - perché sappiamo che solo in questo modo possiamo diventare persone – non figli o nipoti, ma individui, e possibili artiste. Erica Jong, “Paracadute e baci”

Micaela Balìce

immagine: la mia lavagna.



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