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Donna Summer – C’era una volta la discomusic 17

Creato il 05 settembre 2011 da Marvigar4
Donna Summer – C’era una volta la discomusic 17 Donna Summer – C’era una volta la discomusic 17 Donna Summer – C’era una volta la discomusic 17 Donna Summer – C’era una volta la discomusic 17

   Tra le regine della discomusic, insieme a Gloria Gaynor, non si può non annoverare Donna Summer, al secolo LaDonna Andre Gaines, nata la notte di San Silvestro del 1948 a Dorchester, un quartiere di Boston, terza di sette figli. Donna iniziò prestissimo a cantare in chiesa ispirandosi alla voce di Mahalia Jackson, una delle più grandi interpreti gospel. In seguito, i riferimenti obbligati furono gli artisti della Motown, soprattutto i gruppi femminili quali The Supremes e Martha and the Vandellas. Verso la fine degli anni ’60, dopo esser stata la cantante della band di rock psichedelico The Crow, Donna partecipò nel 1968 al provino per il musical Hair che si teneva a Broadway, ma nel ruolo di Sheila fu scelta Melba Moore. In occasione dell’edizione europea di Hair ottenne la parte e si trasferì in Germania, dove rimase per parecchi anni e ebbe modo di conoscere il suo futuro marito Helmut Sommer, che conobbe nel 1972 a Monaco di Baviera e da cui ebbe anche una figlia, Mimi Sommer. Il nome d’arte derivò proprio dalla traduzione in inglese del cognome del marito. Il suo primo singolo, ancora con il nome Donna Gaines, fu una cover di Sally Go ’Round the Roses pubblicata nel 1971, che non ottenne un gran successo. Nel frattempo, tra musical e collaborazioni, ebbe modo di partecipare come corista alle registrazioni del gruppo Three Dog Night e fu quella occasione di incontrare Giorgio Moroder, il produttore di Ortisei che lavorava da tempo in Germania, dove aveva fondato l’etichetta Oasis Records. Nel 1974 Donna Summer, con la collaborazione di Giorgio Moroder, incise l’album Lady of the Night, da cui fu tratto il singolo The Hostage, numero uno nelle classifiche del Belgio e due in Olanda. Soltanto l’anno dopo con il secondo LP Love to Love You Baby, distribuito dalla Casablanca Records, avvenne il lancio nel mercato statunitense. La title track, della durata di diciassette minuti, fu una vera pietra miliare della discomusic e influenzò molti artisti del genere dance. Il singolo Love to Love You Baby, osteggiato da molte radio e tv per i contenuti smaccatamente erotici [1], sbancò in America (secondo nella U.S. Billboard Hot 100, primo nella U.S. Billboard Hot Dance Club Play, terzo nella U.S. Billboard R&B Songs), fu quarto nelle classifiche inglesi e si impose un po’ in tutta Europa. Era cominciata l’era di Donna Summer. Nel 1976 pubblicò il terzo album, A Love Trilogy, con i singoli di spicco Try Me, I Know We can Make It e Could It Be Magic (cover di un brano di Barry Manilow), senzo però confermare il grande successo di Love to Love You Baby. Stesso discorso per il successivo Four Seasons of Love, che ottenne però un buon riscontro in Europa. Nel 1977, con la pubblicazione di I Remember Yesterday e Once Upon a Time, Donna Summer si impose definitivamente in tutto il mondo. Dal primo album furono tratti i singoli I Remember Yesterday, Love’s Unkind, Back in Love Again, Can’t We Just Sit Down (And Talk It Over) e I Feel Love (grande successo e esempio di contaminazione elettronica del genere disco che fece epoca), dal secondo, un concept album ispirato alla favola di Cenerentola, solo l’omonimo Once Upon a Time si mise in luce. Il settimo album, un doppio pubblicato nel 1978, Live and More, fu tutto registrato dal vivo durante i concerti con l’eccezione del capolavoro MacArthur Park, diciassette minuti e trentatre secondi realizzati in studio divenuti subito primi nella USA Billboard Hot 100 chart. Dopo qualche problema personale, Donna Summer realizzò nel 1979 Bad Girls, un altro doppio album con due singoli numeri uno in America Hot Stuff e Bad Girls. Nel frattempo ebbe modo di duettare con Barbra Streisand in No More Tears (Enough is Enough), singolo che faceva parte del disco Wet della Streisand e che raggiunse il primo posto in America. In tredici mesi Donna Summer aveva piazzato quattro singoli al primo posto nella U.S. Billboard Hot 100 e con la pubblicazione di On The Radio: Greatest Hits Volumes 1 & 2 fu l’unica a raggiungere la vetta delle classifiche con tre album doppi. A partire dagli anni ’80 iniziò un lento declino, coinciso con il crepuscolo del genere discomusic e anche con il cambio di etichetta (la Geffen Records) e di produttore (a Moroder fu preferito Quincy Jones). The Wanderer (1980) arrivò terzo nelle classifiche americane, ma il singolo omonimo non fu un gran successo. L’intero album I’m a Rainbow fu registrato nel 1981 ma pubblicato soltanto nel 1996: David Geffen, il nuovo discografico di Donna Summer, non era per niente soddisfatto del lavoro e decise di interrompere la collaborazione con Giorgio Moroder. Donna Summer, decimo Long Playing della cantante di Boston, fu prodotto e arrangiato da Quincy Jones nel 1982, ma oltre al ventesimo posto nella U.S. Billboard Hot 100 e il decimo con il singolo Love Is in Control (Finger on the Trigger) non riuscì ad andare. Nel 1983 nuovo cambio di etichetta (Mercury del gruppo Polygram) e di produttore (Michael Omartian) con buoni risultati per l’undicesimo album She Works Hard for the Money: nona posizione nella U.S. Billboard Hot 100, numero uno l’omonima title track nella US Billboard R&B Chart e numero tre nella classifica americana dei singoli. Il resto della produzione di Donna Summer fu ormai lontano dagli splendori degli anni ’70, sebbene moltissimi artisti abbiano fatto riferimento a numerosi suoi brani, su tutti I Feel Love, divenuta anche un inno della comunità gay grazie alla cover dei Bronski Beat insieme a Marc Almond del 1985. Donna Summer ha venduto oltre cento milioni di copie in tutto il mondo e le è stata assegnata una stella alla Hollywood Walk of Fame nel 1994.

© Marco Vignolo Gargini


[1] La rivista americana Time riportò all’epoca una notizia, secondo cui per realizzare il brano furono simulati 22 orgasmi…



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