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Donne trattate come un peso

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

L’italia del 2013. L’italia delle violenze contro le donne scaturite dal possesso, dalla gelosia esasperata che viene da una cultura dove la libertà femminile viene ostacolata, come è successo a Fabiana, uccisa a soli 15 anni perché ha avuto il coraggio di dire basta ad una relazione a cui era costretta a vivere in catene nonostante fosse soltanto una bambina come lo era anche il suo aguzzino di soli 17 anni.

Dall’altra parte sempre più donne vengono uccise dai loro mariti che non riescono più mantenerle. Con la crisi ecco che riemerge una condizione che speravamo fosse superata da tempo: da una parte, le donne perdono il lavoro e sono costrette a dipendere finanziariamente dai mariti. L’idea sessista secondo la quale la virilità è parallelamente proporzionale al reddito di un uomo e al proprio lavoro retribuito, ma proprio in tempo di crisi riemerge così un’ Italia dove non poter mantenere la propria moglie è vissuto come un disonore.

C’è però anche un’altra Italia, quella degli uomini convinti che il ruolo delle donne è subordinato al loro e che per questo motivo si preoccupano di mantenerle anche quando hanno un lavoro.

E’ questa cultura, che pone la donna in un gradino inferiore, che ha quasi ucciso una donna e una bambina di undici anni lo scorso 19 maggio e ha armato la mano di un uomo, disoccupato, contro sua moglie che oltre ad essere disoccupata aveva anche problemi di salute.

Femminicidi che ricordano vagamente la pratica indiana del Sati secondo la quale, una volta morto un uomo, la famiglia spingeva la moglie al suicidio poiché nessuno avrebbe più potuto mantenerla. Questa pratica nasceva dall’idea della donna come proprietà del marito.

Fonte qui, qui 



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